Alessandra Viola, L’espresso 17/2/2011, 17 febbraio 2011
RIFIUTI A TUTTO GAS
Vietato distribuire volantini pubblicitari. Vietato buttare i prodotti scaduti. Vietati i sacchetti di plastica, vietato comprare bicchieri monouso e così via. Il fine è sempre lo stesso: liberarci (possibilmente all’origine) di una parte di ciò che scartiamo, e che ormai non sappiamo più dove mettere.
Ma se invece i rifiuti non fossero solo una minaccia ecologica e rappresentassero una delle più interessanti fonti energetiche rinnovabili? Sono già in parecchi a pensarla così. Il valore economico dei rifiuti riciclabili che vengono riacquistati come materie prime e reimmessi nel ciclo produttivo, è già noto da tempo. Eppure anche privati di questi preziosi materiali, i rifiuti continuano a possedere un alto valore commerciale. In particolare ce l’ha la loro frazione organica, "l’umido", composto prevalentemente da carbonio (e da cui la ricerca è già riuscita a ricavare il prezioso biodiesel). Quel 30-40 per cento di residui di cucina, oli, bucce, foglie e avanzi vari che contengono il 70-80 per cento di acqua e quindi non vanno bene per l’inceneritore, ma neanche per la discarica tout court, perché decomponendosi producono biogas, una miscela di vari gas e sostanze tossiche e cancerogene. Per di più dall’elevatissimo effetto serra. "Il biogas è molto pericoloso per l’ambiente perché è composto in alta percentuale da metano, responsabile di un effetto serra ventuno volte maggiore della Co2", spiega Fabio Catanzaro, vicepresidente di Co2Balance. "Ancora più grave poi è il fatto che può causare seri problemi alla salute, perché ha un’interferenza significativa sulla flora e sulla fauna, e anche sull’uomo. Il biogas prodotto da una discarica non contiene solo metano, ma anche tracce di sostanze molto dannose, tra cui benzene, idrocarburi policiclici aromatici e diossine. Composti cancerogeni che ricadendo sui vegetali entrano nella catena alimentare. Se questo gas non viene trattato può diventare un pericolo per la popolazione". A partire da queste considerazioni Catanzaro, che con i suoi due fratelli gestisce in Sicilia la discarica di Siculiana (Agrigento), alcuni mesi fa ha cofondato Co2Balance, una società che gestisce il brevetto di una macchina mangia-biogas: il GeCo. Partner un altro imprenditore del settore, il piemontese Francesco Galanzino che è anche un maratoneta e nel 2007, correndo come testimonial di Greenpace contro il climate change, ha vinto il Campionato del mondo dei quattro deserti. Il GeCo visto da fuori è una specie di container, che riduce quasi a zero l’impatto ambientale del biogas e oltre tutto rende inodore la discarica.
Secondo l’Ispra, nel 2008 in Italia sono state prodotte 32 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui 16 milioni sono finiti in discarica (il 49 per cento). "Dalle discariche italiane si stima arrivi il 30 per cento delle emissioni di metano provenienti da attività produttive nel nostro Paese", spiega Galanzino, "ovvero 11 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, la stessa quantità che esce dai tubi di scarico di tutte le auto circolanti sulle strade del Lazio. Un impianto GeCo equivale a mille alberi, e non ha tempi di attecchimento. In termini energetici oltretutto i rifiuti valgono più di un impianto solare o eolico. Non sfruttare queste possibilità è insensato. Sarebbe un po’ come se l’Arabia Saudita decidesse di non sfruttare il petrolio che ha sotto terra. Oggi per esempio stiamo studiando con dei cementifici la possibilità di sostituire il carbone, che si usa attualmente per la generazione elettrica, con combustibile che si può trarre dai rifiuti. Del resto la sostanza organica, essiccata, non è altro che carbonio, quindi potenzialmente le discariche sono enormi giacimenti di risorse energetiche".
Nelle discariche gestite meglio, il biogas prodotto dai rifiuti (almeno quella porzione che contiene fino al 30-35 per cento di metano) viene già usato per alimentare un motore e produrre energia. A Siculiana, per esempio, la centrale da 1 MW produce l’equivalente dei consumi elettrici di 2.500 famiglie. Energia che viene ceduta alla rete, per di più a una tariffa incentivata (il biogas è catalogato come rinnovabile). Lo fanno anche a Maiolati Spontini (Ancona), in una delle discariche più virtuose d’Italia (secondo Legambiente), dove da dicembre col biogas captato dai rifiuti viene alimentata una centrale elettrica, realizzata dalla Marcopolo Energy & Ecology in collaborazione con la Sogenus spa, che gestisce il sito. L’impianto ha una potenza installata di oltre 4 MW, e venderà la sua intera produzione alla rete, evitando di immettere in atmosfera circa 8 milioni di metri cubi annui di metano, l’equivalente di circa 168 milioni di metri cubi di Co2. "Il recupero energetico oscilla tra i 100 e i 150 kW per tonnellata di rifiuti, quindi mediamente è pari a 1kW ogni dieci chili", spiega Duccio Bianchi, oggi ricercatore di Ambiente Italia di cui è stato anche direttore. "In combustione, il rendimento dei rifiuti è più alto. Ma la cosa interessante è che la digestione anaerobica (il processo che avviene nelle centrali a biogas), che realizza velocemente e in modo controllato quello che nelle discariche avviene lentamente e in modo incontrollato, agisce sulla frazione umida dei rifiuti solidi urbani, che in un inceneritore ha rese pessime. Invece, se viene raccolta separatamente, questa parte dei rifiuti può garantire un duplice risultato: in primo luogo il recupero di energia attraverso la produzione di biogas e la sua bruciatura. Poi il recupero delle sostanze nutritive a scopo agricolo, tramite il trattamento dei fanghi della digestione anaerobica con un processo di compostaggio. Questa combinazione è la più efficiente che esiste per smaltire la frazione organica: è l’optimum a livello ambientale e il sistema più competitivo a livello economico".
Oggi in Italia esistono 28 impianti di digestione anaerobica per la produzione di biogas, concentrati principalmente tra Trentino, Piemonte, Veneto e Lombardia. Alcuni sono molto piccoli, in grado di lavorare appena poche centinaia di tonnellate. Ma complessivamente sono autorizzati a trattare (anche se in effetti lavorano un po’ meno) circa 700 mila tonnellate di rifiuti organici l’anno. Per avere un ordine d’idee, secondo una ricerca condotta da Ernst & Young e commissionata dalla National Grid inglese, se i vari flussi dei rifiuti dell’intero Regno Unito fossero sfruttati per la produzione di biogas, la metà delle abitazioni dell’intera nazione potrebbe essere riscaldata in questo modo. Vengono in mente i sei milioni di ecoballe di Napoli, oltre sette milioni di tonnellate di rifiuti indifferenziati, pressati e accantonati nelle discariche. Facendo le debite proporzioni, il corrispondente 30 per cento di frazione umida che mediamente compone i rifiuti che produciamo è probabilmente finito in discarica. Fanno oltre 2 milioni di tonnellate che, producendo biogas, hanno contribuito all’effetto serra e avvelenato i campi. Avremmo potuto ricavarne tanta energia da spegnere qualche vecchia centrale, riducendo insieme le nostre emissioni di Co2 e le bollette energetiche.