ANDREA MALAGUTI, La Stampa 11/2/2011, pagina 25, 11 febbraio 2011
Christie’s da record con i nababbi cinesi e filippini - Gli uomini più ricchi della terra si sfidano nel loro eccitato carosello del lusso in un mercoledì sera londinese in cui cento milioni di euro di opere d’arte passano da una mano all’altra in meno di due ore
Christie’s da record con i nababbi cinesi e filippini - Gli uomini più ricchi della terra si sfidano nel loro eccitato carosello del lusso in un mercoledì sera londinese in cui cento milioni di euro di opere d’arte passano da una mano all’altra in meno di due ore. Picasso, Rodin, Goncharova, Magritte, Morandi. Tesori che potrebbero riempire dieci grandi musei e che invece scivolano da collezione privata a collezione privata, disperdendosi in venti Paesi diversi, dalla Cina agli Stati Uniti, dopo trattative che hanno l’intensità dei tempi supplementari di una finale mondiale, in cui solo un raffinato Gauguin fa la fine del rigore di Roberto Baggio a Pasadena rimanendo curiosamente invenduto in questo baccanale del terzo millennio. Christie’s, al numero otto di King Street, è questo il campo da gioco, duecentoquarantacinque anni di storia e il record assoluto di vendite fatto registrare nel 2010: 3,9 miliardi di euro incassati, un incremento del 53% rispetto ai dodici mesi precedenti. Solo la sede di Londra ha raccolto 850 milioni. Ma il risultato più interessante arriva dall’Asia. A Hong Kong il giro d’affari è stato di 550 milioni, con un aumento secco del 114%. La voracità cinese. Non cercano il mattone. Vogliono il bello assoluto. «Sono loro. Ma anche i filippini e gli indonesiani. L’arte impressionista è la più ricercata». Da sola rappresenta quasi un quarto del business. Monet da mostrare in esclusivi salotti di Canton e di Manila. L’appuntamento di inizio febbraio per Christie’s è il primo del calendario, arriva due giorni dopo quello di Sotheby’s, dove un Picasso è stato venduto per 26 milioni di euro. La sala al primo piano trabocca di donne incredibili e di uomini vestiti dai sarti di Savile Row. Circa trecento persone. Fruscii di vestiti di seta, collane di perle giapponesi, acconciature da 400 sterline, orologi d’oro, occhiali di Dolce e Gabbana. Nei bicchieri nessun liquore. Tamarindo e limonata. Sono le regole della Casa. Almeno prima dell’asta, quando le teste devono essere lucide. David Linley, presidente di Christie’s Regno Unito, figlio della Principessa Margaret contessa di Snowdon, intrattiene conversazioni impeccabili con milionari di South Kensington e con eleganti aristocratici di campagna con vaporosi capelli bianchi. Strette di mano vigorose, sorrisi di plastica, scollature vertiginose di platinate signore senza età, rampolli incravattati, tacchi a spillo. «Uno di questi giorni facciamo colazione assieme, caro?», dopodiché non ci si sente più. Alle sette in punto scatta la vendita. Un battitorefinlandese con una eccentrica cravatta blu e viola guida le danze, decine di intermediari si attaccano ai cellulari per prendere ordine da anonimi uomini d’affari di Shanghai, Mosca, Dubai e Parigi. Piccole luci gialle su pareti scure. La platea è ipnotizzata, i primi pezzi cominciano a scorrere su uno schermo da cinema, i prezzi, che aumentano a seconda delle chiamate, sono precisati in sterline, euro, dollari e rubli. Un contatore instancabile, incongruo telethon da upper class. Dopo un ping pong tra Parigi e Mosca la «Terrasse à Vernon» prende la strada della Russia per 8,5 milioni di euro, record assoluto per un quadro di Pierre Bonnard. Brusio compiaciuto, mentre adesso in vendita c’è una Natura morta di Giorgio Morandi. Un signore in sala offre ottocentomila euro. La moglie lo guarda ammirata. Comunque non basta. Comincia un serrato minuetto. L’uomo si ferma a un milione, dalla Cina offrono duecentomila euro di più. Lui si arrende. La moglie si allontana incupita. Frustrazioni da star system. Morandi finisce dall’altra parte del mondo. Alle nove di sera il 79% dei lotti è andato venduto. Piccoli applausi. Ci si vede la prossima volta. La sala si vuota, l’euforia da acquisto lascia il posto al torpore del cibo e di alcolici finalmente possibili, mentre fattorini delicati imballano quadri destinati a sparire in ville che guardano parchi secolari chissà dove.