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 2011  febbraio 11 Venerdì calendario

Un’agenzia matrimoniale ha già riunito le due Coree - Divisa dalla politica, e da un armistizio firmato nel 1953 che non ha mai sancito la pace, la penisola coreana si riunisce, almeno matrimonialmente, grazie ai servizi di Choi Young-hee

Un’agenzia matrimoniale ha già riunito le due Coree - Divisa dalla politica, e da un armistizio firmato nel 1953 che non ha mai sancito la pace, la penisola coreana si riunisce, almeno matrimonialmente, grazie ai servizi di Choi Young-hee. Una energetica signora che si avvicina ai cinquant’anni e ha creato un’agenzia matrimoniale molto particolare con sede a Seul: si chiama «Consulenze matrimoniali Uomo della Corea del Sud-Donna della Corea del Nord» e finora ha già concluso 500 matrimoni fra rifugiate del Nord e uomini del Sud in cerca di donne coreane tradizionali (senza tutti i grilli per il capo che hanno le modernissime coreane del Sud). In cinque anni, solo tre di queste unioni sono finite con un divorzio. La chiave del successo di Choi, oltre a un’evidente capacità di indovinare i tratti della personalità e le compatibilità dei suoi clienti, va cercata proprio nel profondo disagio che a tutt’oggi investe tantissimi coreani rispetto alla divisione del loro Paese – una separazione arbitraria, voluta dall’imprevedibilità della storia, con famiglie separate a forza, il che ha creato un incolmabile senso di perdita in innumerevoli persone. Conta poi anche il potere dei proverbi: le coreane del Nord sono famose in tutto l’Estremo Oriente per la bellezza che, secondo i luoghi comuni almeno, è dolce e allo stesso tempo glaciale. Gli uomini della Corea del Sud, invece, sono considerati fra i più affascinanti, come testimoniano le miriadi di attori e cantanti coreani che fanno impazzire le ragazzine, dal Giappone a Singapore. Ad aiutare le unione ci sono anche cliché più concreti: per le giovani donne rifugiate, sbarcate in Corea del Sud dopo mille peripezie e pericoli, un uomo che possa dare loro sicurezza economica e guidarle nei misteri di una società libera e capitalista è un tesoro. Per un uomo del Sud, invece, forse stordito dalla rapidità con cui le donne sue compaesane sono passate dall’essere casalinghe intente a perfezionare l’arte di preparare cavolo sotto sale e peperoncino (per confezionare il kimchi, il piccante piatto nazionale) a donne moderne interessate anche a una carriera, una donna del Nord dalla proverbiale bellezza, bisognosa di protezione e ancora sorpresa dalla modernità è molto rassicurante. Negli uomini del Sud c’è poi un romanticismo e un’apertura alle tenerezze d’amore che sessant’anni di autarchia e di «idea di Juche» (la confusa ideologia alla base del regime della Corea del Nord) hanno spazzato via, secondo quanto dice Choi, dalle maniere dei maschi del Nord. Non solo: la maggior parte degli uomini che si recano all’agenzia matrimoniale di Choi sono discendenti di famiglie del Nord, dove hanno ancora parenti che non hanno mai conosciuto, il che contribuisce a rendere le donne scappate dal regime di Pyongyang come esotiche messaggere di affetti inavvicinabili e agognati. Per Choi, scappata anche lei, come le sue clienti, dal regime di Kim Jong Il, attraverso la Mongolia (dove venne brevemente imprigionata), insieme a sua figlia undicenne, l’arrivo in Corea del Sud è stato esilarante e sconvolgente – il Paese che doveva essere familiare per forza si rivelò invece libero, sì, ma di difficile comprensione, e il senso di solitudine, anziché deprimerla, l’ha ispirata a creare una piccola azienda per favorire l’amore fra altre rifugiate come lei e uomini in cerca di una moglie. In Corea del Sud si trovano circa duemila rifugiati del Nord, di cui poco più della metà sono donne. Arrivare a Seul e potersi affidare ai servizi di Choi offre loro la possibilità di crearsi una nuova vita, e integrarsi in Corea del Sud. Le loro consorelle che si sono ritrovate a terminare la fuga in Cina, spesso loro malgrado, hanno invece un destino ben diverso, e molto più tragico. Pechino infatti non riconosce ai fuoriusciti della Corea del Nord lo status di rifugiati, e li tratta come immigrati clandestini da rispedire indietro, malgrado le gravi conseguenze che aspettano in patria chi ha lasciato il Paese in modo illegale. Ma in una nazione come la Cina, dove la penuria di donne causata dalla preferenza per i figli maschi e dagli aborti selettivi rende difficile per molti uomini trovare moglie, le coreane del Nord rifugiate finiscono di frequente nelle mani dei trafficanti. Come testimoniano decine di rapporti compilati dalle varie Ong attive (spesso clandestinamente) lungo il confine fra la Cina e la Corea del Nord, molte donne coreane che si ritrovano a scappare sole nelle regioni di frontiera vengono rapite, vendute a contadini incapaci di trovare moglie, con la prospettiva di essere finalmente nutrite ma di vivere un’esistenza totalmente illegale, senza nemmeno la speranza di acquisire una cittadinanza riconosciuta e dei documenti di identità.