JERRY COYNE, La Stampa 9/2/2011, pagina 29, 9 febbraio 2011
“Caro Darwin, avevi ragione Ti presento il Tiktaalik” - Carissimo Mr. Darwin, buon compleanno! Spero che lei stia bene, almeno quanto ci si può aspettare da uno che è morto 129 anni fa
“Caro Darwin, avevi ragione Ti presento il Tiktaalik” - Carissimo Mr. Darwin, buon compleanno! Spero che lei stia bene, almeno quanto ci si può aspettare da uno che è morto 129 anni fa. Suppongo che il suo ultimo libro, quello sui lombrichi, abbia un significato speciale per lei in questi giorni. I vermi di Westminster Abbey sono superiori a quelli che ha studiato con tanta cura nei terreni della sua casa a Downe, nel Kent? Hanno certamente trasformato in concime diverse persone illustri nel corso degli anni! Ma basta con le domande personali: permetta che mi presenti. Sono uno delle migliaia - forse decine di migliaia - di biologi che lavorano a tempo pieno alla sua eredità scientifica. Sarà lieto di sapere che la Gran Bretagna rimane un caposaldo di quella che oggi chiamiamo biologia evolutiva e che le sue idee ora hanno corso nell’intero pianeta. Io lavoro a Chicago, negli Usa. Il suo libro, «L’Origine delle Specie», ha compiuto 152 anni, l’ho appena riletto in suo onore e devo dire che, anche se non sempre ha il dono di azzeccare la frase giusta, è un’opera meravigliosamente esaustiva e profonda. Le scoperte della biologia moderna, molte per lei inconcepibili ai tempi della sue ricerche nello studio di Downe House, hanno fornito prove sempre più chiare a sostegno delle sue idee, e nulla che le contraddica. Abbiamo imparato un sacco di cose negli ultimi 152 anni, ma quasi tutte si inquadrano ancora comodamente nel contesto da lei delineato ne «L’Origine». Prendiamo il DNA, ad esempio. Lei non ne sapeva nulla - ricorda come avrebbe voluto capire di più su come funziona l’ereditarietà? Ora, invece, abbiamo le sequenze complete del genoma di decine di specie. Cosa si scopre quando si confrontano queste sequenze, diciamo di un topo e di un umano? Vediamo l’equivalente nel DNA delle affinità anatomiche - in quanto mammiferi - che, come lei notò, i topi e gli esseri umani condividono, perché discendono da un antenato comune, un antico mammifero. Le stringhe di A, G, C, e T raccontano la stessa storia evolutiva di caratteristiche come l’allattamento e la temperatura corporea. E’ meraviglioso che la sua intuizione sull’origine comune dovesse rivelarsi così rilevante per le scoperte più recenti nel nuovo campo che chiamiamo la biologia molecolare. Ne «L’Origine» lei fornisce pochi elementi di prova per l’evoluzione dai reperti fossili, tormentandosi per l’incompletezza delle testimonianze geologiche. Ma da allora le ricerche hanno fornito ogni possibile evidenza del cambiamento evolutivo e molte stupefacenti forme «di transizione» che collegano i principali gruppi di animali, dimostrando la sua idea di una comune discendenza. Lei previde che, se queste forme esistevano, sarebbero state trovate. Ci sono e includono fossili che mostrano la transizione tra mammiferi e rettili, pesci e anfibi, e persino dinosauri con le piume, gli antenati degli uccelli! In questi ultimi anni i paleontologi hanno portato alla luce un fossile sorprendente, chiamato Tiktaalik, intermedio tra pesci e anfibi. Ha la testa piatta e il collo di un anfibio, ma il corpo e la coda di pesce, mentre le pinne sono robuste, in grado, con una leggera modifica, di diventare zampe, una volta lasciata l’acqua. I fossili ci hanno dato un assaggio diretto di un evento chiave nella storia del pianeta: la colonizzazione della Terra da parte dei vertebrati. E abbiamo prove altrettanto convincenti per la ricolonizzazione del mare da parte dei mammiferi: il gruppo che ha dato origine alle balene. Ne «L’Origine» lei ha avuto ragione nel suggerire che le balene derivino da animali terrestri, ma ha sbagliato su un punto. Lei pensava che potessero essersi evolute da carnivori come gli orsi, ma ora sappiamo che non è vero. La balena ancestrale, invece, derivava da un ungulato simile a un cervo. E negli ultimi 30 anni abbiamo scoperto una serie di fossili intermedi che colmano il divario da quegli antichi cervi alle balene moderne, mostrando come hanno perso le zampe posteriori e sviluppando le pinne e, inoltre, spostando la cavità respiratoria alla sommità della testa. Sia il Tiktaalik sia queste balene ancestrali rispondono all’obiezione, da lei stesso affrontata, che non potesse esistere nessuna forma di transizione tra terra e acqua. Forse il più notevole ritrovamento di fossili intermedi, tuttavia, nasce da un passaggio evolutivo piuttosto vicino a noi. Nel 1871 lei previde che, poiché che gli esseri umani sembrano molto legati alle grandi scimmie africane, gorilla e scimpanzé, avremmo trovato fossili umani in quel continente. E ora ne abbiamo e in abbondanza! Si è scoperto che la nostra discendenza si divise da quella degli scimpanzé, i nostri parenti più stretti, quasi 7 milioni di anni fa, e abbiamo una splendida serie di fossili che documentano la transizione dalle prime creature scimmiesche alle più moderne forme umane. La nostra specie è diventata un modello dell’evoluzione. E sappiamo anche di più: il DNA ereditario ci dimostra che gli umani moderni derivano da un evento migratorio relativamente recente, circa 100 mila anni fa - quando i nostri antenati lasciarono l’Africa. L’idea di cui era più fiero è la selezione naturale. Anche questa ha i suoi 152 anni e regge altrettanto bene del tema principale dell’evoluzione ed è l’unica causa nota di adattamento. Forse l’esempio moderno più plateale riguarda i batteri, che sono ormai noti per provocare molte malattie, tra cui la scarlattina, che fu una piaga per la sua famiglia. I chimici hanno messo a punto farmaci per curare malattie come questa, ma ora, come si poteva prevedere, i microbi stanno diventando resistenti a questi farmaci - secondo i principi della selezione naturale - perché i microbi più forti sono quelli che sopravvivono per riprodursi. E ci sono centinaia di altri casi. Tutto sommato, però, la resistenza delle sue idee è notevole. Ma questo non vuol dire che avesse ragione su tutto. «L’Origine» - ammettiamolo - è un termine improprio. Ha descritto correttamente come cambia una specie nel tempo, ma non è riuscito a spiegare come una specie si divida in due. La speciazione è un problema significativo, perché da questa dipende il processo di ramificazione che ha generato l’albero della vita - quella straordinaria visione del mondo naturale come una grande genealogia che ci ha lasciato in eredità. La speciazione è la chiave per capire come l’evoluzione abbia portato ai 50 milioni di specie che si pensa abitino oggi il nostro pianeta. Una volta ha definito la speciazione il «mistero dei misteri», ma oggi è molto meno misteriosa. Le specie sono separate le une dalle altre da barriere alla riproduzione: riconosciamo specie diverse, come gli esseri umani e gli scimpanzé, perché non possono incrociarsi con successo. Per i moderni biologi evoluzionisti studiare «l’origine delle specie» significa studiare come nascono queste barriere alla riproduzione. E ora che abbiamo un fenomeno concreto da indagare stiamo facendo notevoli progressi nel comprendere le informazioni genetiche su come una specie si divida. Questo è infatti il problema a cui ho dedicato la mia carriera. Vorrei concludere questa lettera dicendo che la sua teoria è stata universalmente accettata, anche se, come lei ben sapeva, l’evoluzione si è rivelata un boccone amaro per le persone religiose. Lei ha scritto che «nessuno può essere più sensibile di me alla necessità di pubblicare nel dettaglio tutti i fatti, con i relativi riferimenti, su cui sono basate le mie conclusioni e io spero di farlo nella mia prossima opera». Evidentemente, distratto da altri progetti, non l’ha mai fatto, ma il mio sforzo in questa direzione è rappresentato da un libro intitolato «Perché l’evoluzione è vera». Si inoltra nel descrivere le prove a suo sostegno, ben oltre questa lettera, ma è solo un libro in un momento nella storia della biologia. Quando io stesso sarò scomparso, qualcun altro dovrà scrivere un aggiornamento, perché i fatti a sostegno delle sue teorie continuano a svilupparsi e scommetto che continueranno a farlo. E quindi riposi in pace, Mr. Darwin, nella speranza che i prossimi 100 anni vedano la costante evoluzione della razionalità in un mondo travagliato. Il suo umile servitore.