FRANCESCO GRIGNETTI, La Stampa 10/2/2011, pagina 88, 10 febbraio 2011
Perché tornano gli sbarchi? - Sono ripresi gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane. Come è successo? La destabilizzazione dei regimi in Tunisia e in Egitto ha causato, come primo contraccolpo, una parziale inefficienza delle polizie locali
Perché tornano gli sbarchi? - Sono ripresi gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane. Come è successo? La destabilizzazione dei regimi in Tunisia e in Egitto ha causato, come primo contraccolpo, una parziale inefficienza delle polizie locali. Quella egiziana, in particolare, particolarmente invisa, da settimane è chiusa nelle caserme. Ciò ha portato immediatamente al riorganizzarsi dei gruppi criminali che gestiscono il traffico di immigrati clandestini verso l’Europa. Come si stanno attrezzando i Paesi europei? Nei giorni scorsi, diverse nazioni hanno annunciato l’intenzione di rafforzare i controlli alle frontiere, temendo un’ondata immigratoria fuori controllo. Il governo greco, che ha già deliberato di costruire una barriera di filo spinato al confine con la Turchia, da dove entra un fiume di clandestini, ha dichiarato l’allerta il 30 gennaio. Il direttore dell’Ufficio francese per l’immigrazione e l’integrazione, Dominique Paillé, ha espresso i suoi timori già il 1 febbraio: «Ogni volta che crolla un regime, qualunque esso sia, in particolare se autoritario, ci sono flussi di migranti verso la Francia». Il ministro Roberto Maroni ne aveva parlato nei giorni scorsi: «Temo l’invasione, noi siamo la porta dell’Europa». E l’ha ripetuto anche ieri: «C’è una fortissima pressione sulle coste della Tunisia da parte di persone che vogliono scappare. Non è ancora una situazione da allarme rosso, ma potrebbe diventarlo se le cose non si sistemano rapidamente». Quando nasce il fenomeno degli sbarchi? Premesso che la stragrande maggioranza di clandestini entra da sempre in Italia con un visto turistico e non rispetta la prescrizione di tornare a casa propria alla scadenza (i cosiddetti «overstayer»), e che gli sbarchi dal mare sono una piccola frazione del flusso, il fenomeno divenne esplosivo con la caduta del comunismo in Albania. A migliaia gli albanesi fuggirono dal loro Paese sui gommoni degli scafisti. Di nuovo il flusso s’ingrossò dopo il 1997, quando la crisi delle cosiddette «finanziarie piramidali» portò alla bancarotta il nuovo corso albanese. Il flusso degli scafisti fu definitivamente chiuso soltanto con un’adeguata riorganizzazione delle forze di sicurezza in Albania, ma anche con l’accrescimento velocissimo del Pil albanese. Negli ultimi anni, il flusso di sbarchi è venuto piuttosto dall’Africa del Nord. Ne sono stati investiti Spagna, Francia e Italia. La Spagna è riuscita faticosamente a chiudere la rotta atlantica che portava dal Senegal alle Canarie. L’Italia ha dovuto fronteggiare imponenti numeri in Sicilia, Sardegna e Calabria. Lampedusa, come è noto, si è trasformata in una bollente prima linea. Quali sono gli accordi con i Paesi rivieraschi? Fino all’esplodere della crisi, con Tunisia ed Egitto funzionavano egregiamente gli accordi bilaterali di polizia. Non soltanto quei due Paesi si impegnavano a bloccare le organizzazioni criminali, ma accettavano di riaccogliere i loro cittadini trovati clandestinamente sul territorio italiano. Ultimamente, però, s’è notato che il Viminale non sta trasferendo a casa loro tunisini ed egiziani. Nel corso dell’ultima settimana, infatti, sono stati rimpatriati, con diversi voli aerei, 40 extracomunitari di nazionalità algerina, marocchina e senegalese. Com’è la situazione con la Libia? Con il regime di Gheddafi vige un accordo tutto particolare, sagomato su quello che fu stipulato con l’Albania. L’Italia, oltre ad impegnarsi a un oneroso risarcimento per i danni di guerra causati alla Libia nel periodo coloniale, ha fornito sei motovedette alla marina libica e prestato il proprio personale per pattugliamenti congiunti in acque territoriali libiche. L’accordo funziona e anche ieri è stato confermato dal nostro governo, ma è stato parzialmente sospeso alcune settimane fa, come spiegato in Parlamento dal comandante generale della Guardia di Finanza, Nino Di Paolo: «Non saliremo più a bordo dei mezzi nelle operazioni, anche d’addestramento; l’addestramento lo faremo a terra. I libici non erano in grado, tecnicamente, di trarre proficui risultati dai pattugliatori, che sono imbarcazioni abbastanza complesse e sofisticate». Forse c’entra lo scandalo del settembre scorso, quando un motopeschereccio siciliano era stato mitragliato da una motovedetta di quelle regalate a Tripoli e a bordo c’era personale della Finanza. Chi arriva sulle nostre coste? Giungono da tutto il mondo. A speculare sulla vita dei migranti non ci sono soltanto gli scafisti dei Paesi del Maghreb. E’ stato scoperto che in alcuni casi i disgraziati viaggiano su grandi navi e per lunghe distanze, e poi scendono a terra con piccole lance. Si pensa che sia accaduto con gli sbarchi di profughi afghani che nell’ultimo mese sono sbarcati a più riprese in Calabria. Altre volte le navi appoggio li hanno fatti sbarcare in Sardegna, dove ritenevano ci fossero controlli meno pressanti.