Guido Ceronetti, Corriere della Sera 10/02/2011, 10 febbraio 2011
QUANTE BELLE LETTERE ARRIVANO IL SABATO. LASCIATEMI LE POSTE - C’ è
un nuovo perfezionamento di vasocostrizione e abbandono nel servizio delle Poste Italiane. All’Ufficio mio locale, sabato mattina 5 febbraio 2011, sono stato gentilmente informato che la mia corrispondenza sarebbe stata inoltrata il lunedì, e che non avrei potuto ritirare nessun arrivo alla mia casella, per SOSPENSIONE DEL SERVIZIO IL GIORNO DI SABATO. E questo, nel soffio glaciale del Mai Più.
In Israele è certamente così. Ma in Italia non si festeggia lo Shabbàt per lavorare (e ricevere la posta, o inviarla) il giorno dopo... È vero che, di sabato, ci casca addosso la ghigliottina del Fine Settimana (in neoitaliano universale: week end) e al posto di lavoro non trovi che un po’ di giornalisti (medici nessuno!) e di benzinai di autostrada: ma la posta... la posta manuale... quella delle amate buste rettangolari con garrulo francobollo o mesto timbro d’Ufficio, che pareva intoccabile...
Per sostenerci, nella imminente goffaggine, noia funesta, liturgicamente morta giornata festiva integrale — la posta ricevuta il sabato mattina era mirabilmente tonificante, per chi avesse il privilegio di amici che mandano lettere veraci e non menzogne virtuali, carta e non simulazioni: mancando i medici, rarificate le farmacie e quasi tutto il resto da rinviare al celebre Arrivo dei Barbari di Kavafis («ci penseranno loro» ), l’arrivo della corrispondenza, del messaggio efficace, della parola graficamente scritta proprio per noi, aaaaaaaaaaahhhhhhhhh! che incomparabile sollievo, che momento di felicità...
Ma agli atomi ancora circolanti di felicità si dà la caccia dappertutto e guai se i predatori tecnologici li acciuffano, per seppellirli vivi. I sabati così ignobilmente, proditoriamente sottratti alla vita della corrispondenza manuale dalle stesse Poste che emettono i prodotti per l’affrancatura, contengono questo messaggio: affrettati a fornirti di un apparato di E-Mail, perché i giorni di trasmissione e ricevimento casalingo, via postina-postino, dei tuoi strazi, delle tue confidenze riservatissime, dei tuoi lamenti e insulti, delle tue trepidazioni — che un tempo, ricordi eh? erano sette su sette, e che adesso ti riduciamo a cinque— diventeranno quattro, poi tre, poi due, e non te ne resterà, che uno solo per far tutto, se continuerai a farci sghignazzare col tuo accanimento di corrispondente autentico, fedele, filatelico... Ti resterà un solo giorno per imbucare venti lettere accumulate sul tuo tavolo, per sbrigarti con tre o quattro telegrammi sicuramente invecchiati, per inviare libri e altri pacchi che non abbiano fretta di arrivare ai destinatari, per acquistare i soli reperibili brutti francobolli delle emissioni ordinarie, e per finire questo lavoro d’affanno nei limiti di una drastica riduzione d’orario. Ecco, avrai tempo un’ora, dalle 11 alle 12— dopo, sportello in faccia, sorriso di accettazione ineffabile dell’impiegata spento. E-Mail! E-Mail! E-Mail! gridano i gabbiani in volo. E-Mail o turpiloqui di abbreviature convenzionali infilati nei cellulari: altra scelta non avrai, arrenditi o sarai solo, sempre più solo...
Chi ha orecchie intenda. Questa brutale mutilazione di posta il sabato mira a tagliare altra lingua italiana, altra comunicazione diretta, viva, giovane, necessaria a essere liberi, a essere coscienti, a essere uomini. Chi dirà più qualcosa a qualcuno?
Guido Ceronetti