Alessandra Arachi, Corriere della Sera 10/02/2011, 10 febbraio 2011
IL PAESE IN OSTAGGIO DI MILLE RANDAGI. CON SASSI E BASTONI CONTRO IL BRANCO —
Hanno paura, a Gravina in Puglia. Giuliana Leone, pensionata, non esce più da sola dalla sua casa in Corso Giuseppe Di Vittorio. Antonia Lorusso, la mattina, arriva con la macchina fin sotto la scuola elementare Epitaffio: prima di far scendere suo figlio guarda avanti e indietro, molte volte. Giovanni Laddaga quando rientra nel suo appartamento, a ridosso della pineta, si arma di sassi e, spesso, anche di un bastone. I bambini del Tuppetto girano in bicicletta scortati dai genitori. Ma non basta. Al pronto soccorso di Gravina in Puglia la processione è comunque ininterrotta. I cani randagi, oramai, tengono in ostaggio la città. E Giampaolo Rosati, medico di guardia, spiega: «Arrivano di continuo a farsi medicare i morsi. Cittadini di ogni età. Spesso le ferite non sono gravi, fortunatamente. Ma il problema è che per ognuno di quei morsi è necessario seguire una profilassi. E i morsi sono tanti» . In questa cittadina nel cuore dell’altopiano delle Murge, cinquanta chilometri da Bari, la vita quotidiana è ormai scandita dalle abitudini dei cani. Dei branchi, per essere precisi. Perché le bestie si muovono praticamente sempre in gruppo, come natura comanda. E quando cala il buio si muovono fameliche, come natura impone. «Prendono d’assalto i cassonetti. Rovistano e rovesciano l’immondizia per la strada» , garantisce Raffaele Tragni, uno sguardo implorante alla statua di Padre Pio nella piazzetta dietro casa sua. Non è l’unico a sperare in un miracolo. Gianni Matera combatte. Sono cinque anni che a Gravina in Puglia ha messo su il suoMovimento civico. «Siamo davvero disperati: ultimamente in giro per la città si sono visti anche rottweiler e pitbull randagi» , dice, prima di tirar fuori una cartella piena di volantini, opuscoli, lettere di proteste. E poi quelle foto: carcasse di cani sbranati. Spiega Gianni Matera: «Le abbiamo trovate alle soglie del bosco. Stiamo cercando di capire: potrebbero essere bestie sbranate dai cinghiali. Oppure l’orrendo risultato di combattimenti clandestini fra cani: c’è chi specula su questa piaga» . Una piaga, il randagismo, che non è una novità per Gravina, dove non esiste alcun canile. Non è una novità per la Puglia, in generale. «Solamente che negli ultimi anni qui da noi il problema dei randagi è esploso, letteralmente: sono cinque anni che la Asl ha smesso di sterilizzare i cani» . Rosa Vacca fa parte del direttivo della Lega del cane di Gravina, due stanze non lontane dall’ospedale dove si arrangiano come possono per tentare di fronteggiare il problema. La sensazione è di chi cerca di svuotare il mare con un bicchiere. Quante sono le bestie: cento? Duecento? Cinquecento? Rosa Vacca scuote la testa: «Difficile essere precisi. Ma stimiamo che, calcolando anche le zone limitrofe a Gravina, i cani randagi siano diventati un migliaio ormai» . I cristiani che abitano la città sono poco più di quarantamila. Ma perché la Asl provinciale ha smesso di sterilizzare le bestie a Gravina in Puglia? Nicola Pansini, direttore generale, sintetizza: «Spetta alla Asl sterilizzare, ma al comune mettere a disposizione le strutture. Se non c’è il canile il meccanismo si blocca» . Ma perché il meccanismo si è bloccato proprio cinque anni fa? Domenico Lagravinese, direttore del dipartimento prevenzione della Asl provinciale, spiega: «Nel 2006 è stata varata una legge regionale, la numero 26, che ha reso obbligatorio fare la sterilizzazione in strutture sanitarie. È stato l’allora assessore alla Sanità Alberto Tedesco a volerlo: diceva che era una tutela per i cani, voluta dall’associazioni ambientaliste. Ma a Gravina non ci sono strutture sanitarie e dunque non si sono più potute sterilizzare le bestie» . Al Comune di Gravina un canile sanitario dovrebbe aprire presto. Ma non avrà che venti posti. E alla Lega del cane scuotono la testa quando sentono parlare di obblighi in strutture sanitarie: loro in questi anni hanno continuato a sterilizzarli i cani randagi, senza alcun rischio.
Alessandra Arachi