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 2011  febbraio 09 Mercoledì calendario

“ANCHE IN COREA DEL NORD SUONATE MUSICA CLASSICA?”


Penso che questa sia stata una delle domande che mi sono state poste più spesso, dopo il mio arrivo in Corea del Sud. Ormai ci ho fatto l’abitudine, ma all’inizio mi sembrava assurdo che mi si domandasse qualcosa di così banale e, per dirla tutta, mi infastidiva questo vago atteggiamento di superiorità che i coreani del Sud hanno quando si parla di questo argomento.
Ovvio che si suoni anche in Corea del Nord! Non solo, ma i coreani del Nord sono anche molto bravi e, vi assicuro, non lo dico solo perché ho studiato con loro: sono gli altri i primi ad ammetterlo. Tempo fa mi è capitato di recarmi a New York per un concerto e in quell’occasione ho partecipato a una cena alla presenza del grande maestro Lorìn Maazel, direttore dell’orchestra filarmonica di New York, nonché maestro di Chang Hanna (giovane e celebre violoncellista sudcoreana, n.d.t.). Quando ha saputo che ho studiato presso l’Università di musica di P’yongyang, mi ha rivelato la sua stima nei confronti della musica nordcoreana e mi ha raccontato che, in passato, aveva tenuto delle lezioni pubbliche a P’yongyang e che il livello degli studenti non aveva nulla da invidiare a quello dei suoi allievi a New York.
La ragione di questo fenomeno sta nel profondo rigore del sistema d’istruzione nordcoreano, i cui conservatori offrono un’istruzione musicale che va dalle scuole elementari/medie e superiori fino all’università. Inoltre, ogni studente ha fino a quattro insegnanti che lo seguono: un investimento sproporzionato per una logica capitalista! Dunque, gli studenti seguono un percorso di formazione di prim’ordine, la cui qualità non può che portare a risultati eccellenti.
Va aggiunto però che lo studio della musica classica non è aperto a tutti; al contrario, gli studenti seguono una rigorosa selezione basata sulla loro estrazione sociale e sulla loro famiglia di provenienza. Si può dire, in cambio, che ai fortunati che si occupano di musica è concessa una certa libertà (si fa per dire), mentre gli altri si devono accontentare di ascoltare musica di propaganda. Questa libertà è appannaggio esclusivo dei membri dell’élite, che non rischiano di sovvertire il sistema.
In Corea del Nord la musica è generalmente intesa come uno strumento propagandistico, che inneggia alla grandezza del Leader, alla legittimità delle politiche del partito e alla superiorità del sistema socialista. Ecco perché si vuole che i figli delle famiglie chiave del sistema, spesso inviati all’estero a studiare, siano i primi a guidare questa propaganda, proprio per garantire la continuità del sistema.
Le opere musicali sono quasi tutte di stile socialista e costruite sul sentimento nazionale: si tratta in massima parte di sinfonie "alla nordcoreana», che interpretano in chiave moderna ritmi e melodie della tradizione classica nazionale. Tra gli esempi più rappresentativi mi vengono in mente Una buona annata nei campi di Ch’òngsan e La fanciulla sull’altalena. In queste opere gli strumenti tradizionali si fondono armoniosamente con quelli occidentali, ma lasciano intatto il ritmo della musica e la sensibilità coreani. Questo connubio tra antico e moderno, tra Oriente e Occidente produce suoni e colori altrimenti introvabili.
Se i coreani del Sud potessero ascoltare la musica del Nord ne riconoscerebbero senz’altro il valore, anche se di fatto le culture dei due paesi, divisi ormai da sessant’anni, sono sempre più diverse e lontane tra loro.
Tuttavia, è proprio il "classico" che potrebbe riunirle, nella misura in cui il linguaggio della musica classica non appartiene solo alle due Coree, ma a tutto il mondo. Credo che l’iniziativa della filarmonica di New York a P’yòngyang sia stata guidata proprio da questo spirito: uno spirito che noi dovremmo coltivare sempre di più. In un certo senso mi sento come un missionario, se così si può dire, un araldo della musica coreana all’estero e, al contempo, il promotore della musica di una Corea unificata. Spero tanto che un giorno, di ritorno a P’yòngyang, si possa insieme assistere a un concerto fra le due Coree.
(traduzione di Andrea De Benedittis)