Francesco Persili, Il Riformista 9/2/2011, 9 febbraio 2011
VISSANI IN CUCINA «FLI È UN SOUFFLÉ DI MOZZARELLA»
Metti una sera lo chef di D’Alema con Fini. Perché sarà Gianfranco Vissani, il cuoco di riferimento dell’ex presidente del Consiglio, a curare lo show gastronomico, non già il catering, «che è parola volgare», all’assemblea costituente di Fli. Avanguardia culinaria di quel dialogo che si sposta dalle fondazioni ai fornelli, dalle elaborazioni culturali alle creazioni gastronomiche, il cuoco di Baschi è l’esempio fumigante di primo chef post-ideologico. «E che ce devo fà? Per me destra e sinistra sono uguali». Sintesi di grano duro che restituisce il sapore morbido del potere romano: «La cucina non ha colore. Le divisioni tra destra e sinistra a tavola non si vedono. Quello che conta è solo il piacere di stare insieme».
Al tempo di Marinetti il menù prevedeva antipasto intuitivo e carneplastico. Oggi cosa prepara ai futuristi?
Pane di Altamura, vini, tortellini, altre sorprese. Proporrò piatti semplici, cercherò qualcosa che possa andare bene a tutti per favorire quello spirito di convivialità che serve molto, di questi tempi, anche alla politica.
È D’Alema che ha consigliato a Fini di ingaggiarla?
Massimo è il mio più grande amico. Ho passato spesso il Natale con Francesco Cossiga e cucinerei anche per Berlusconi, se non ci fosse già Michele, che è un ottimo cuoco.
Quando ha iniziato?
A 12 anni spalavo carbone a Villa Madama, tornavo a casa sporco di fuliggine e mi chiedevo: «Ma sono malato?». Sono un uomo della strada, che ha scelto la cucina. Dietro i fornelli ho faticato, ho sofferto. Anni e anni di gavetta, come si fa in politica, come hanno fatto Fini e D’Alema.
Cosa ha imparato?
Meglio dieci anni sul campo che cinquanta di studio.
Quindici anni di lavoro al buio, poi l’alta cucina con D’Alema.
Si passava dal cucinare il risotto in tv da Vespa alle continue improvvisate che gli facevo a Palazzo Chigi. Arrivavo, preparavo gli spaghetti, D’Alema li riconosceva dall’odore. Per lui ho cucinato spesso pesce, anche quella volta con Prodi, mentre si discuteva del ruolo di Rifondazione e dell’Udr.
A Firenze, quando si discusse di “Ulivo mondiale”, cosa successe a tavola?
Ricordo Clinton e Blair scatenati. Il presidente americano fu una macchietta. Scherzammo sui broccoli, purtroppo, loro ne conoscono solo un tipo: quello siciliano. Mentre Blair a un certo punto fermò Solana e Schroeder: «Noi stiamo parlando ma non ci rendiamo conto della meravigliosa cena che ci aspetta».
Chi è tra i politici un gourmet?
Fini, che è magro, ma ama la buona cucina, Dell’Utri, De Michelis, Sgarbi e Bocchino, con cui ho passato questa estate le vacanze in barca.
Chi cucina meglio tra lui e D’Alema?
Due stili diversi, due culture diverse. A Massimo piace più il prodotto saporito mentre Bocchino preferisce una cucina più innovativa.
L’alleanza tra il Pd e Fli?
Non penso che ci sarà.
Se fosse un piatto sarebbe, dunque, un pasticcio?
No, Fli lo vedo come un soufflé di mozzarella al profumo di fava di tonka, dall’aroma speziato. Mentre il Pd è una pancia di vitello con mela, zenzero e soia. Tanti ingredienti dentro e una marinatura che ne esalta i sapori.
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Alessandro Celluzzi
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Inviato: mercoledì 9 febbraio 2011 12.45
A: Alessandro Celluzzi; Emiliano Carli
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