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 2011  febbraio 09 Mercoledì calendario

ROBERTO, SE NON ORA QUANDO?

Caro Roberto, ho riascoltato su Internet il tuo intervento al Palasharp, dove hai scandito, fra le ovazioni, che “non ha senso avere le mani pulite, se si tengono in tasca”. Un invito a impegnarsi direttamente in politica, visto che hai concluso con un “è molto facile star lontani dall’agone e sentirsi puri”. Come darti torto? Viviamo in una democrazia parlamentare (anche se ridotta in macerie da un regime di “populismo proprietario”, che conosce solo la libertà mannara dei prepotenti e delle cricche), e dunque non c’è protesta, movimento di massa, iniziativa popolare, indignazione e rivolta morale, che possa porre fine al cupo “quasi ventennio” arcoriano se non si prolunga in un coerente esito elettorale.
Il Palasharp si chiamava nove anni fa Palavobis, e allora furono quindicimila cittadini dentro e trentamila fuori a manifestare la stessa indignazione e volontà di democrazia, rispondendo al “resistere, resistere, resistere!” di Francesco Saverio Borrelli. Molti di quei cittadini probabilmente erano ad applaudire il tuo “sogno di un altro paese”. E nei nove anni trascorsi, assieme a tante altre centinaia di migliaia di concittadini, hanno riempito piazza San Giovanni e il quartiere limitrofo almeno tre volte, e piazza Navona, e piazza del Popolo, per non parlare delle tante lotte contro le mafie, che spesso hanno visto protagonisti i più giovani. O le lotte sindacali e operaie, quelle dei precari, e infine il movimento degli studenti.
NESSUN PAESE occidentale vede da anni una tale imponente e inesausta mobilitazione di massa della società civile. Eppure il regime di Berlusconi ha potuto proseguire nella sua opera di demolizione della Costituzione repubblicana. Perché nei rapporti di forza politici, che hanno nel Parlamento il pallottoliere dove si tirano le somme, quella straordinaria mobilitazione non ha trovato rappresentanza, e neppure voce. A chi ti rivolgevi, perciò, col tuo accorato e inoppugnabile monito? Alle centinaia di migliaia di tuoi e miei concittadini che con la generosità della passione civile hanno continuato a scendere in piazza ma non hanno ancora trovato la pazienza e la forza di dar vita a liste elettorali che li rappresentassero? Immagino che intanto tu ti indirizzassi a chi, in tutti questi anni, troppe volte ha preferito restare a casa, a lucidare il suo “particulare” e infiocchettarlo con schifate esortazioni a non “fare il gioco di Berlusconi”, come se non fosse proprio il rifiuto ad accettare l’invito alla piazza che gli “estremisti” e “girotondini” e “viola” rivolgevano loro, a facilitare la putinizzazione dell’Italia. Le gerarchie del Pd, in primo luogo, se non vogliamo avvitarci in quelle ipocrisie che tu, citando Gobetti e Camus, evidentemente consideri nefaste. Ma anche taluni che hanno preso la parola al Palasharp – sempre se vogliamo prendere sul serio la lezione di Gobetti e Camus – e che per anni hanno rifiutato di contaminarsi, in nome dell’unità e del realismo, ça va sans dire, con quel giustizialismo cui di fatto devono oggi riconoscere la sola descrizione tempestiva e puntuale del potere berlusconiano.
Proprio perché, caro Roberto, “è venuto il tempo di pensare a ciò che siamo e ciò che vogliamo”, per ripetere la frase con cui hai chiuso il tuo intervento, e proprio perché avevi richiamato, pochi secondi prima, la “rivoluzione a cui Monicelli faceva riferimento” , bisognerà pur sostanziarla di proposte concrete quella “priorità dell’unità” che hai martellato come imprescindibile e che è sempre nei voti di tutti, ma poi si scontra con le tentazioni all’accomodamento col regime, deprimente spettacolo cui troppe volte i cittadini hanno dovuto assistere (di cui l’inciucio ha costituito solo il degradante diapason) e a cagione del quale in tre/quattro milioni circa, nel volgere di due o tre anni, sono passati dal voto per il Pd al ritiro in un personale e angosciato aventino del non voto.
Tu sai bene che sul recupero di questi non-voti si giocherà il risultato delle prossime imminenti elezioni. Se non ci sarà, Berlusconi grazie alla legge “Porcata” avrà una maggioranza in Parlamento con cui fare strame in sei mesi di ogni articolo della Costituzione, addomesticare con nuove nomine la suprema Corte, e dopo un paio d’anni salire trionfalmente al Quirinale.
POICHÉ immagino che il minimo di “quel che siamo e vogliamo” sia sventare questo incubo, non possiamo restare nel generico, caro Roberto. Concretamente: pensi che sia credibile recuperare una parte cospicua di quei milioni di giustificatissimi “disertori” del centrosinistra senza che nell’alleanza unitaria siano presenti una o più liste di società civile, formate da cittadini senza appartenenze di partito? Tutte le ricerche demoscopiche rispondono di no, ma è comunque necessario che tu prenda posizione, poiché svicolare da un tale decisivo interrogativo somiglierebbe troppo a quel “facile star lontani dall’agone e sentirsi puri” che hai giustamente stigmatizzato. La “Porcata” ha infatti un solo pregio: dentro un’alleanza nessun voto finisce disperso. Nel 2006 con Prodi si presentarono anche una lista di pensionati e una lista di consumatori, insieme presero meno dell’1%, che incrementò il peso delle altre liste della coalizione. Anzi, en passant: se per il Senato fossero state accettate le “liste civiche regionali” pronte per quasi tutte le regioni, accreditate nei sondaggi a seconda delle zone tra un 2% e un 12%, Prodi si sarebbe trovato in entrambe le Camere con una larga maggioranza e senza dover trattare con i Ma-stella e altri padri della patria di analoga risma. Ma D’Alema Veltroni e Rutelli dissero di no, Prodi, si piegò, il seguito lo sappiamo.
Sei pronto a usare tutta la tua influenza presso i partiti della sinistra, perché tanto scempio non si ripeta? Perché accettino con pari dignità nell’alleanza tutte le liste di società civile, comprese quelle che scioccamente vengono gratificate di “giustizialismo” e di “girotondismo”?
E CON QUALI punti qualificanti pensi si debba concretare nella comunicazione verso gli elettori quel positivo “cosa vogliamo” che giustamente consideri all’ordine del giorno? Ad esempio, l’abrogazione di tutte le leggi ad personam? La “implementazione” della già esistente (dal 1957!) legge sul conflitto di interessi, per la quale basterebbe una modifica minima ? L’introduzione della legislazione statunitense in tema di falsa testimonianza e ostruzione di giustizia, oltre che di falso in bilancio? La restituzione dell’etere al pluralismo, oggi negato dall’appropriazione indebita berlusconiana? Il ripristino e la radicalizzazione delle leggi di contrasto degli omicidi bianchi?
La lotta contro la piaga del precariato endemico, che già alcune leggi del centrosinistra avevano propiziato? Una legge sulla democrazia in fabbrica, per cui siano gli operai ad avere l’ultima parola sul contratto, che segnerà la vita loro, non quella di eventuali corrivi cacicchi sindacali? Sai bene, caro Roberto, che sarebbe facile continuare, secondo una logica assai semplice, che consiste nel prendere sul serio la nostra bellissima Costituzione e cercare di realizzarla nei suoi valori. Tra i quali, l’idea (art. 49) che i partiti sono uno strumento attraverso cui i cittadini si occupano della Cosa pubblica, non un viatico di affarismo e di privilegi. Saresti d’accordo con leggi che riportino a dimensioni tollerabili il potere della Casta (se distruggerlo sembra troppo “sanculotto”, mentre dovrebbe essere ovvio, perché privilegio e democrazia formano un ossimoro): non più di due mandati da parlamentare (c’è già nello statuto del Pd! Ma poi c’è il codicillo delle eccezioni...) dopodiché si torna al proprio lavoro nella società civile, ad esempio? Mi fermo qui.
TU SAI perfettamente che nei prossimi mesi, ma potrebbe essere anche nelle prossime settimane, si giocherà il futuro dell’Italia almeno per una generazione. Tra chi vuole realizzare la Costituzione democratica e chi la vuole distruggere, la partita è infatti a somma zero. Berlusconi, se vince, non farà prigionieri, e dell’edificio della democrazia nata dalla Resistenza non lascerà una sola pietra. Vogliamo agire di conseguenza?
Un abbraccio