(i. d´a.), la Repubblica 8/2/2011, 8 febbraio 2011
IL GIORNO CHE LA PENICILLINA SALVÒ LA PRIMA VITA A UN UOMO
La storia della scoperta del primo antibiotico passa attraverso tre date, 1895, 1928, 1941, così lontane tra loro. Infatti, anche se la storia ci consegna la penicillina legata al nome di Alexander Fleming, trent´anni prima del biologo inglese a capire e documentare il potere delle muffe fu Vincenzo Tiberio, giovane medico di origine molisana. Una storia di cui si torna a parlare in occasione del prossimo 12 febbraio, data in cui nel lontano 1941 si comprese la potenza terapeutica degli antibiotici: la penicillina salvò un uomo dalla setticemia, solitamente mortale.
«Vincenzo Tiberio - spiega Salvatore De Rosa dell´Istituto di chimica biomolecolare (Icb) del Cnr di Pozzuoli - è il vero papà della penicillina anche se tale merito non gli è stato ancora riconosciuto pubblicamente». Per questo motivo, la Imago Film ha realizzato un documentario che ripercorre vita e studi del medico molisano fino alla scoperta della penicillina. Tiberio notò che gli abitanti della casa dove era ospite, erano colti da infezioni intestinali ogni volta che il pozzo, che dava acqua per i fabbisogni quotidiani, era ripulito dalle muffe. Questi disturbi cessavano al riformarsi delle muffe sui bordi del pozzo. «Per il giovane non fu difficile - spiega De Rosa - stabilire una connessione tra i due eventi». Il primo documento firmato da Tiberio sul potere degli antibiotici porta la data del 1895 ed è tuttora conservato negli archivi dell´Università di Napoli.
L´altra data importante è quella del 1928 quando Fleming osservò l´impedimento della crescita di batteri da parte della muffa penicillum notatum. Ma anche questa volta la scoperta restò "in sospeso" e soltanto molti anni dopo, nel 1939, un gruppo di ricercatori dell´Università di Oxford, guidati da Howard Florey ed Ernst Boris Chain, sviluppò i metodi per l´analisi della penicillina e per la sua produzione su larga scala. Ma la prima applicazione medica risale al 1941. «Durante la Seconda guerra mondiale - spiega De Rosa - si notò che molti soldati, come in tutte le guerre, morivano non per la ferita in sé, ma per l´infezione. Si sperimentò l´uso della penicillina che portò alla guarigione di un ammalato di setticemia in sole ventiquattr´ore».