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 2011  febbraio 08 Martedì calendario

LA MORTE DI PAUL GETTY III IL SUO ORECCHIO MUTILATO NEL ´73 COMMOSSE L´ITALIA


Di lui, gli italiani di una certa età ricordano i suoi riccioli che nascondevano una cavità proprio all´attaccatura del collo. Non aveva più l´orecchio destro, gliel´avevano mozzato. Mutilato dai suoi sequestratori, dei calabresi. Ogni sera al tg in bianco e nero appariva quella faccia di ragazzino ricco e disperato, era il nipote dell´uomo che al mondo aveva più soldi, il petroliere Paul Getty. Anche lui si chiamava Paul come il nonno, Paul Getty III, erede di un´immensa fortuna che però non gli ha mai regalato una vita bella. Dopo quasi tre decenni di paralisi e cecità per una miscela di alcol e droga, il discendente di quello che era considerato allora il più grande impero economico del pianeta se n´è andato nella sua dimora del Buckinghamshire, nel sud dell´Inghilterra. Paul aveva cinquantaquattro anni, da quasi quaranta era un sopravvissuto. All´eroina. Alla ‘Ndrangheta. Ai suoi tormenti.
«Ho 14 nipoti, se cacciassi fuori un centesimo avrei 14 nipoti rapiti», è la prima dichiarazione ufficiale del famosissimo nonno quando Paul, la notte del 10 luglio 1973, non rientra nella sua casa di Roma. Sua madre Gail pensa subito al rapimento. Ma qualcuno dice che è uno scherzo di Paul, qualcun altro sospetta che Paul voglia spillare un po´ di denaro al nonno, noto per la sua avarizia nonostante un patrimonio personale di mille miliardi di lire più le sue compagnie valutate almeno altri tre mila miliardi. Lui è un ribelle, veste come un hippy e vende collanine tra Piazza Navona e Trastevere, le fa con le sue mani, tutti lo conoscono fra quei vicoli, i capelli lunghi, le fughe a Marrakesh, le espulsioni dalle scuole più esclusive d´Europa. Un´esistenza al limite, sopra il limite.
Ha appena compiuto 16 anni e la notizia del suo rapimento finisce in cronaca su due colonne. L´Italia ha altro a cui pensare. Sta precipitando nella sua stagione più buia. Il colera di Napoli, la crisi petrolifera e le domeniche a piedi, le bombe nere e i tentati golpe, l´inflazione che sfonda il 20%. Passano settimane di silenzio prima che il «caso Getty» conquisti le prime pagine e cominci ad appassionare e a impressionare milioni di italiani. Paul è stato preso da alcuni mafiosi calabresi - sarà uno dei primi sequestri di persona della ‘Ndrangheta, si fermeranno a quota 147 nel 1991 - che alla fine di luglio fanno sapere quanto chiedono per liberarlo: 2 miliardi. I miliardi poi diventano 10, dall´America arrivano detective privati ingaggiati dalla famiglia, la polizia mette sotto controllo i telefoni della madre Gail nella sua boutique ai Parioli e scopre così che è in contatto con i rapitori. Il vecchio, nonno Paul, non vuole scucire neanche un dollaro e in Italia c´è chi lancia una «sottoscrizione popolare» per pagare il riscatto. È una guerra di nervi. Dura mesi.
La svolta c´è il 14 novembre del 1973, quando alla redazione de Il Messagero viene recapitato un plico con un ciuffo di capelli e un orecchio. Otto giorni dopo una telefonata avverte il centralinista de Il Tempo: «Ci sono alcune fotografie di Paul sull´autostrada Roma-Napoli, vicino a Valmontone... «. Cinque polaroid dentro un barattolo. Le foto del ragazzo con l´orecchio mozzato. C´è anche un messaggio: «La famiglia più ricca del mondo dimostra di essere anche la più Caina». E i rapitori minacciano altre mutilazioni. Dalla sua reggia il nonno finalmente cede. La madre tratta con i sequestratori, il 12 dicembre un emissario dei Getty consegna il denaro: un miliardo e 700 milioni di lire. Settantadue ore dopo, il ragazzo - nel giorno dell´ottantunesimo compleanno di Paul I - viene rilasciato fra la Basilicata e la Calabria, vicino a Lauria. Cinque mesi di prigionia, 158 giorni.
«Sei Paul Getty?», gli chiede il capitano dei carabinieri che lo ritrova quasi assiderato. Risponde: «Paul Getty III... dopo Daddy, mio padre che è il secondo e dopo Paul, mio nonno che è il primo».
Le indagini portano a tutto e a niente: alla ‘ndrangheta. I Piromalli. I Mammoliti. I Nirta. Il processo finisce con due condanne per i favoreggiatori e all´assoluzione per i boss. Le banconote servite per pagare il riscatto spariscono, probabilmente destinate all´acquisto di coca colombiana. Dopo il sequestro Paul lascia l´Italia per gli Usa. Il nonno vuole indietro da lui i soldi del riscatto più il 4 per cento di interessi annui. Nel 1981 è inchiodato su una sedia a rotelle per una «bomba» di stupefacenti che gli provoca un ictus. Fa causa al padre che non paga 25 mila dollari di spese mediche mensili e poi la lunghissima agonia. Il suo nome è finito l´ultima volta sui giornali italiani qualche mese fa, quando uno stilista - per la sua collezione primavera-estate 2011 - si è ispirato proprio a lui. Al povero Paul, un «gipsy deluxe», uno zingaro chic.