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 2011  febbraio 08 Martedì calendario

LOTTERIA DELLE RIFORME: ESCE IL 41

Ci risiamo: il governo tenta di uscire dall’impasse delle polemiche sul presidente del Consiglio e di rilanciare indirizzi di politica economica, e che cosa propone? Non già concreti provvedimenti concernenti questo o quel settore o aspetto dell’economia del paese, ma una modifica della Costituzione. Precisamente un’integrazione dell’articolo 41 della Carta. Atteggiamento non nuovo da noi, quello di colmare l’assenza di misure innovative reali con "norme-manifesto".

L’articolo 41 afferma - con il linguaggio chiaro e netto proprio del miglior testo legislativo di cui il nostro farraginoso ordinamento disponga ancor oggi - al primo comma che «l’iniziativa economica privata è libera»; al secondo comma che essa «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Il terzo comma aggiunge che «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».

Dunque: libertà; limiti (inerenti a ogni libertà) derivanti dall’esigenza di tutelare i diritti fondamentali della persona e di garantire i fondamentali interessi della comunità; riserva alla legge e alle attività pubbliche basate sulla legge del compito d’«indirizzare e coordinare» l’economia nazionale.

Principi che - fuori da ogni ideologia iperliberista che consideri lo stato come nemico, e da ogni ideologia collettivista che tutto voglia affidare allo stato - esprimono perfettamente la "filosofia" dello stato democratico e sociale o, come altri si esprimono, dell’«economia sociale di mercato».

Che cosa si vorrebbe introdurre in questo testo così "pulito"? Un nuovo comma dovrebbe stabilire che «la Repubblica promuove il valore della responsabilità personale in materia di attività economica non finanziaria».

Che vuol dire «responsabilità personale»? Responsabile di fronte a chi, di che cosa, in quale modo? L’articolo 27 della Costituzione afferma che «la responsabilità penale è personale», e questo vuol dire che nessuno può essere imputato di fatti altrui o che non siano a lui riconducibili in termini di coscienza e volontà. Ma che cosa sarebbe di diverso la «responsabilità personale in materia di attività economica»? E poi: perché solo in materia di attività economica «non finanziaria»? L’attività finanziaria è esente da responsabilità?

In realtà la vaghissima affermazione di questo comma sembra solo voler introdurre l’altra aggiunta proposta: «Gli interventi regolatori dello stato, delle regioni e degli enti locali che riguardano le attività economiche e sociali si informano al controllo ex post».

A parte l’orribile linguaggio, sembra si voglia "costituzionalizzare" il criterio per cui i controlli delle pubbliche amministrazioni sulle attività dei privati («economiche e sociali», dunque con la massima estensione), destinati a garantirne la legalità e a salvaguardare gli interessi che potrebbero esserne pregiudicati, non si dovrebbero mai svolgere in forma preventiva (mediante autorizzazioni, licenze, permessi, la cui emanazione condizioni l’inizio dell’attività), ma solo in forma successiva (ex post) e quindi con effetti repressivi o inibitori solo per il futuro (secondo il modello già noto e adottato della «dichiarazione di inizio attività» o della più recente «segnalazione di inizio attività»).

Nulla vieta, già oggi, di adottare con larghezza questo tipo di strumenti. Ma ha senso stabilire in via generale che non si debba mai ricorrere ad altri strumenti, anche preventivi, ad esempio quando si tratti di attività assai complesse e ad alto tasso di pericolosità (per la pubblica incolumità, per l’ambiente, eccetera)? Evidentemente no.

La verità è che la Costituzione non richiede affatto di essere integrata né modificata in questa materia. Ciò che servirebbe è semmai una revisione attenta della molteplicità di previsioni legislative e di procedure, con obiettivi di razionalizzazione, di semplificazione, di aumento del livello di efficienza degli interventi amministrativi e di effettività dei controlli, che debbono mirare non solo ad assicurare la regolarità formale delle "carte", ma a verificare sul campo ciò che nella realtà avviene.

Per non intralciare indebitamente, s’intende, l’esplicarsi della libera iniziativa, ma anche per consentire che l’intervento della pubblica amministrazione serva davvero, nei fatti, a garantire l’utilità sociale, non ad alimentare elefantiasi burocratica e tanto meno favoritismi, arbitrio o corruzione.

Per questo non giova il tentativo ideologico d’incidere sulla Costituzione, ma servono volontà politica e capacità organizzativa e di realizzazione, orientate a garantire insieme legalità ed effettivo conseguimento dei risultati sostanziali attesi.