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 2011  febbraio 08 Martedì calendario

FIOM DI LOTTA E DI DEBITO, ALLA FINE SUSANNA PAGA IL CONTO

Susanna (Camusso) paga i conti di Maurizio (Landini). La Camusso ha più di un problema con la Fiom, che la fischia in piazza, si disinteressa dell’impostazione razional-riformista della Cgil e prova a giocare in proprio. Anche Fiom, però, ha due problemi. E belli grossi. La strategia giudiziaria contro le newco Fiat non convince tutti i suoi dirigenti. E ha molti debiti, che potrebbero crescere se passasse la linea dei ricorsi a pioggia. Venerdì è stato annunciato l’avvio delle procedure per le assunzioni in Fabbrica Italia Pomigliano. Lasci a casa un operaio che lavorava al Giambattista Vico con la vecchia società? E io - Fiom - ti denuncio. Fai la newco a Mirafiori? E io ti ridenuncio. E vado anche in tribunale per dimostrare l’illegalità del contratto nazionale di lavoro del 2009, quello che io non ho sottoscritto, a differenza di Fim e Uilm. Una tattica frontale che, nel caso dello scontro con Fiat, potrebbe fare incartare gli investimenti di Sergio Marchionne rendendo "inagibile" l’habitat giuridico italiano. Ma che, anche per il sindacato, presenterebbe più di un rischio.

Ad accorgersene, sono stati alcuni avvocati e professori universitari raccolti nelle due consulte giuridiche, una della Fiom e una della Cgil. Due organismi, in parte comuni, dove in queste settimane sono state espresse posizioni divergenti.

Diversi non sono convinti che si possa procedere in giudizio per ottenere l’invalidità del contratto nazionale firmato nel 2009 da Fim e Uilm.

Il punto è che, tecnicamente, il vecchio contratto firmato anche dalla Fiom è ancora in vita, perché valido fino al 31 dicembre di quest’anno. Dunque, un singolo giudice potrebbe decidere che non esiste alcun profilo di illegittimità in questa situazione. A questo punto, in caso di pronunciamento sfavorevole alla Fiom, il danno politico per i metalmeccanici della Cgil sarebbe significativo. Dubbi giuridici ci sarebbero anche sulla possibilità di inondare di ricorsi i magistrati del lavoro per i casi di Pomigliano d’Arco e di Mirafiori. La newco non applica il contratto nazionale? È vero, applica un contratto redatto al di fuori del perimetro della rappresentanza classica. Il che, per alcuni, non porrebbe una questione di illegittimità. C’è un passaggio da una società all’altra? Per il diritto italiano la nuova società deve garantire almeno gli stessi diritti di quella vecchia. Al di là del meccanismo di passaggio (non c’è cessione di ramo d’azienda, ma una newco, con una lettera di nuova assunzione), nei fatti sotto il profilo reddituale e delle garanzie non cambierebbe nulla.

Dunque, per una parte dei giuristi che forniscono quei pareri legali che oggi sono essenziali nell’elaborazione delle strategie del segretario generale Maurizio Landini, in tribunale la Fiom non vincerebbe a mani basse.

Anzi. Il rischio sarebbe quello di trasformare ogni causa in una battaglia politico-mediatica. Un confronto uno a uno con l’ufficio legale della Fiat da portare, si presume, ogni volta fino al terzo grado di giudizio. E vuoi mica lasciare da solo l’operaio di Pomigliano o di Mirafiori? No, la Fiom gli garantirebbe gli avvocati. Che, però, costano. E non è che le casse dei metalmeccanici siano così floride. Secondo fonti interne al sindacato, il debito della Fiom superebbe ormai i due milioni di euro. Il 10% verso banche e fornitori, normale fisiologia finanziaria di una struttura burocratica e radicata sul territorio, con circa 400 persone che svolgono un’attività sindacale professionale e dunque sono stipendiate. Il resto, più o meno 1,8 milioni di euro, la Fiom lo deve alla casamadre, la Cgil. Dunque, la Camusso ha una leva economica non da poco in mano. E Landini lo sa. La crisi finanziaria della Fiom ha una data precisa: il 2001. Dieci anni fa la Fim e la Uilm hanno firmato il primo accordo separato, senza la Fiom. I sindacati non incassano solo le tessere individuali o le trattenute in busta paga di chi è iscritto. Il loro vero tesoretto sono le cosiddette quote di servizio, che si ottengono da chi non è iscritto al sindacato ma decide comunque di sborsare a favore delle sigle una piccola cifra individuale. Non un obbligo, naturalmente, ma una facoltà. In Italia ci sono 1,3 milioni di lavoratori metalmeccanici non iscritti. Le sigle sindacali che firmano il contratto hanno diritto a chiedere a ciascuno di essi una cifra compresa fra i 15 e i 30 euro.

I soldi che eventualmente vengono dati finiscono su un conto corrente e, fra i sindacati che hanno detto sì all’accordo di categoria, scatta una spartizione che avviene in maniera proporzionale alla rappresentatività, calcolata però sull’universo di chi è iscritto a una sigla. Fino a che la Fiom ha firmato, in virtù di 350mila iscritti contro i 250mila di Fim e Uilm, ha fatto la parte del leone: facendo l’ipotesi di 30 euro a testa, qualora tutti i non iscritti avessero accettato di versare la quota, ecco che si arrivava a 39 milioni, un buon 23 milioni di cui alla Fiom.

Di solito, fra i non iscritti, dice sì uno su due: ogni volta potevano affluire nelle casse dei sindacati fino a un massimo di 20 milioni di euro, oltre dieci dei quali in quelle della Fiom. Soltanto che nel 2001 la Fiom non ha firmato l’accordo di categoria. Dunque non ha beneficiato di questa spartizione. Non l’ha fatto nemmeno nel 2003. Ha invece firmato nel 2006 e nel 2008. Nel 2009, dopo che era cambiato il modello contrattuale, di nuovo non ha firmato. Sono dieci anni che in Fiom il flusso di denaro arriva a singhiozzo. E Susanna piglia i fischi e paga.