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 2011  febbraio 08 Martedì calendario

Pronta la stangata in 2.600 comuni - C’è un fantasma che si aggira per l’Italia: è l’addizionale Irpef che potrebbe abbattersi sulla testa di milioni di residenti se il decreto sul federalismo municipale sarà varato con tutti i crismi parlamentari come richiesto venerdì scorso dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

Pronta la stangata in 2.600 comuni - C’è un fantasma che si aggira per l’Italia: è l’addizionale Irpef che potrebbe abbattersi sulla testa di milioni di residenti se il decreto sul federalismo municipale sarà varato con tutti i crismi parlamentari come richiesto venerdì scorso dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. E un altro spettro potrebbe agitare invece i sonni di Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione, se la commissione Bicamerale per le riforme fiscali non modificherà opinione e quindi con un pareggio tra maggioranza e opposizione. La piccola bomba fiscale nascosta nell’ultimo testo esaminato dalla Bicamerale per l’attuazione del federalismo prima dello strappo tra Palazzo Chigi e il Quirinale, rappresenta di fatto una compensazione per i comuni, messi in difficoltà dalla cancellazione dell’Ici e dai tagli del ministro Giulio Tremonti. L’articolo 2-ter della bozza che ha ricevuto un sostanziale via libera dall’Anci guidata da Sergio Chiamparino, è molto chiaro in proposito e prevede lo sblocco delle addizionali Irpef ferme dal 2008. La norma prevede la possibile strizzata fiscale solo per i comuni che «non hanno istituito l’addizionale ovvero che l’hanno istituita in ragione di un’aliquota inferiore allo 0,4%». Domanda: quanti sono i comuni interessati? La bellezza di 2.600 su oltre 8 mila. Si tratta di centri medi e piccoli, in quanto tutte le grandi città, ad eccezione di Milano che non l’ha mai prevista (e che proprio per questo potrebbe istituirla) e di Firenze, la cui addizionale Irpef è ferma allo 0,3%, hanno già in vigore aliquote superiori allo 0,4%: si pensi a Roma (0,5%), Napoli (0,5%), Bologna (0,7%) e Palermo (0,4%). Resta il fatto che oltre un quarto dei centri italiani potranno decidere di aumentare la pressione fiscale sui propri cittadini in ragione dello 0,2% massimo per anno. Ecco perché l’approvazione definitiva dell’ormai famoso decreto sulle tasse comunali è tanto attesa dai comuni italiani, che dovrebbero in teoria aspettare ancora una decina di giorni prima che l’esecutivo Berlusconi riscriva il testo di legge e lo restituisca al Parlamento per una votazione finale. Un percorso complicato ma che, assicurano i tecnici, non dovrebbe prevedere colpi di scena. Molto più irto di difficoltà è invece il cammino dell’altro decreto legislativo cruciale per la Lega Nord e per le sorti stesse del governo. Si tratta del pacchetto di norme sul federalismo regionale e sui costi standard, vero crocevia di questa legislatura. Per domani è convocata la Bicamerale che dovrebbe cominciare ad affrontare l’esame del testo, ma sui lavori pende la spada di Damocle della richiesta sempre più pressante della maggioranza di riequilibrare la composizione della commissione dove vige ormai un sostanziale pareggio, che di fatto inficia il cammino del federalismo, come si è visto per il decreto relativo ai comuni. E su questo punto sarebbe pronto un vero smacco per il governo. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, gli uffici tecnici della Camera avrebbero già ricomputato la composizione dei trenta parlamentari, alla luce della nascita di Fli e del suo passaggio nel campo avverso al Pdl, e sarebbe emerso un risultato clamoroso: i numeri resteranno quelli di oggi, 15 a 15, con due piccole varianti. La sostituzione del finiano Mario Baldassarri, senatore, con un deputato sempre di Fli, in quanto così si riequilibrerebbe la divisione tra componenti di Camera e Senato; e la sostituzione di un senatore dell’Udc con un collega del Mpa di Raffaele Lombardo, anch’esso all’opposizione. Un esito che tutto il Carroccio interpreterebbe come un segnale di rompete le righe.