Carmine Fotina, Il Sole 24 Ore 5/2/2011, 5 febbraio 2011
«IL 17 MARZO SI FESTEGGI, MA LAVORANDO»
Festeggiare l’anniversario dell’Unità d’Italia senza perdere ore di lavoro e senza gravare sul sistema economico. Confindustria interviene sulla celebrazione del prossimo 17 marzo come festa nazionale in occasione dei 150 anni con una proposta che va controcorrente rispetto a quanto deciso dal consiglio dei ministri appena una settimana fa.
Decisione che, osserva la presidente degli industriali Emma Marcegaglia, viene rispettata e condivisa ma al tempo stesso si chiede che «la giornata del 17 marzo venga celebrata senza che ciò comporti la perdita di preziose ore di lavoro o un aggravio di costi per le imprese». Troppo alto il rischio che la ricorrenza, che cade di giovedì, faciliti un lungo ponte con conseguenti «perdite elevate in termini di minore produzione e maggiori costi per le imprese». Di qui l’idea di una partecipazione, da parte delle imprese, che si traduca nell’organizzazione di «momenti di ricordo e di aggregazione attorno alla bandiera nazionale nei luoghi di lavoro».
Arriva a breve distanza il no della Cgil. «Con tutte le ore di cassa integrazione fatte in questi due anni, e che si continuano a fare, poter festeggiare l’Unità d’Italia non è assolutamente un dramma» commenta il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere. Sulla stessa linea della Confindustria si posiziona invece la Uil, che osserva come semmai, in via eccezionale per quest’anno, sarebbe stato utile accorpare la festività a quella della Repubblica. «Bisogna festeggiare i 150 anni dell’Unità: è un evento storico di grande importanza per il paese – sottolinea in una nota la Uil –. Tuttavia, eccezionalmente, quest’anno, si sarebbero potute anticipare le celebrazioni del 2 giugno al 17 marzo, unendo due festività differenti ma ugualmente importanti per l’Italia, ed evitando così di perdere 5-6 miliardi di euro con cui si potrebbero fare molte altre cose utili per i cittadini».
L’ufficializzazione del 17 marzo come giorno di festa nazionale, limitatamente al 2011, è avvenuta nel consiglio dei ministri del 28 gennaio. Il governo, in particolare, ha esteso al 17 marzo «le regole in materia di orario festivo, limitazioni su determinati atti giuridici, disciplina che regola l’imbandieramento degli edifici, il trattamento economico da corrispondere ai lavoratori dipendenti e le sanzioni amministrative pecuniarie in caso di inosservanza». Già nei giorni immediatamente successivi alla decisione del consiglio dei ministri, da alcune associazioni territoriali degli industriali si erano levate perplessità. Secondo una stima di Unindustria Treviso, ad esempio, tenere imprese e fabbriche chiuse costerebbe 190 milioni per l’intero Veneto e quasi 2 miliardi in tutta Italia.
Secondo Marcegaglia, il lungo ponte di inattività che si prospetta «darebbe un segnale fortemente dissonante rispetto alle azioni che, faticosamente, le parti sociali stanno mettendo in atto per recuperare ogni possibile margine di produttività, per poter fare nuovi investimenti e salvare posti di lavoro in Italia».