ALESSANDRA IADICICCO, Tuttolibri-La Stampa 5/2/2011, pagina II, 5 febbraio 2011
Milosz: ecco la mia collezione di Ombre - Facendo dell’ordine alfabetico un principio guida, per raccontare la storia del Nobel polacco Czeslaw Milosz così com’egli stesso la compendiò nel suo Abbecedario - ultimato nel 1997 e ora in uscita da Adelphi - sarà bene cominciare non già dall’inizio, bensì dalla A: tra le voci elencate sotto la prima lettera ce n’è subito più d’una che fa alzare le sopracciglia con un moto di sorpresa («Ma guarda!») o di disappunto («Ma come?!»), per spianarle nel giro di poche righe in un complice sorrisetto d’intesa
Milosz: ecco la mia collezione di Ombre - Facendo dell’ordine alfabetico un principio guida, per raccontare la storia del Nobel polacco Czeslaw Milosz così com’egli stesso la compendiò nel suo Abbecedario - ultimato nel 1997 e ora in uscita da Adelphi - sarà bene cominciare non già dall’inizio, bensì dalla A: tra le voci elencate sotto la prima lettera ce n’è subito più d’una che fa alzare le sopracciglia con un moto di sorpresa («Ma guarda!») o di disappunto («Ma come?!»), per spianarle nel giro di poche righe in un complice sorrisetto d’intesa. Provare per credere. « Automobile : dev’essere stata inventata per ridicolizzare quei pessimisti secondo le cui profezie il numero dei cavalli sarebbe cresciuto a dismisura, e le città sarebbero state asfissiate dal lezzo dei loro escrementi». Non è la laudatio temporis acti di un nostalgico delle capitali senza traffico, né l’invettiva di un ambientalista contro gli scempi della motorizzazione. È la boutade di uno che di cavalli, nell’arco d’un secolo breve non fosse che per accelerazione, ne ha cavalcati in varietà tali da produrre - pensandoci con un’arguzia tutta slava - effetti comici. Nella Kiejdany lituana in cui era cresciuto fino alla Grande Guerra si viaggiava in carrozza: di auto ce n’era una sola, «quella del conte Zibiello». Nella California dove fu catapultato dopo il secondo conflitto mondiale, l’auto era «un po’ come l’elettricità o come la stanza da bagno». Impossibile farne a meno. Tanto più che grazie a essa il Milosz docente di letteratura polacca e lingue slave a Berkeley visitò «tutta la costa occidentale americana, dal confine messicano fino alle Montagne Rocciose del Canada». Con «il macchinone» di un amico tra l’altro, Mac Goodman, esponente della NonCommunist Left americana conosciuto all’ambasciata Usa di Parigi, lo scrittore che nel ’51 fu diplomatico in Francia aveva fatto gite anche dalle nostre parti. Lo ricorda alla voce Aosta , dove annota: «Siano benedetti i monarchi perché amavano la caccia!». E, a rassicurazione di animalisti eventualmente offesi, spiega: «Elessero il versante Sud delle Alpi a loro riserva, e vi proibirono il taglio dei boschi», dov’è ancora bello passeggiare. Ma non si illudano gli ecologisti, per il cui dispetto Milosz, sulla stessa pagina in cui ha appena lodato le bellezze del parco nazionale valdostano, ricorda il motto dei boscaioli di Arcata, costretti a campare tagliando sequoie in una zona tra le più cupe e nebbiose della costa del Pacifico. Ai sentimentali amanti delle foreste, con una celebre battuta di Ronald Reagan, solevano dire: «Vista una sequoia, viste tutte».