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 2011  febbraio 05 Sabato calendario

I ministri del raiss in piazza Tahrir “Parliamo di pace” - L’ esercito ha preso il controllo del campo di battaglia

I ministri del raiss in piazza Tahrir “Parliamo di pace” - L’ esercito ha preso il controllo del campo di battaglia. Si capisce subito, appena usciti dall’hotel, che giovedì era stato quasi assaltato dalle bande fedeli a Mubarak. Un ufficiale ci ferma lungo la Corniche, il viale che costeggia il Nilo, e chiede il passaporto. Mentre glielo mostriamo, quasi si scusa: «È per la sua sicurezza. Lei va a piazza Tahrir, no? Lungo la strada troverà diversi posti di blocco gestiti da noi militari: servono solo a riconoscervi ed evitare problemi». Venerdì scorso l’aggressività della polizia aveva trasformato la protesta, dopo la preghiera, in una giornata di guerriglia urbana. Stavolta l’esercito ha deciso che «il giorno dell’addio», come i manifestanti hanno battezzato la loro ultima sfida a Mubarak, non deve finire nella violenza. Fuori dal perimetro della piazza, soprattutto nei quartieri settentrionali, le bande armate ancora controllano le strade e aggrediscono i giornalisti. Il giorno dell’addio diventa festa Dentro, però, regna la calma. Fino a ieri erano i manifestanti che controllavano l’ingresso nei varchi tra le barricate: oggi i militari hanno steso il filo spinato davanti alle entrate, chiedono i documenti per tenere lontani gli infiltrati, e ispezionano le persone per evitare che portino dentro armi. Vogliono impedire ai sostenitori di Mubarak di tornare all’attacco. Di prima mattina il ministro della Difesa in persona, Mohammed Tantawi, si presenta a Tahrir: finora nessun membro del governo aveva osato tanto. L’obiettivo ufficiale è ispezionare le truppe, però poi cerca anche di parlare con i manifestanti. I ragazzi rifiutano il dialogo, ma lui li ammonisce: «Attenti, tutto questo fa male all’Egitto». Sta succedendo qualcosa di nuovo? I militari stanno mandando un segnale politico? Il New York Times ha scritto che i diplomatici americani hanno proposto a Mubarak questa via d’uscita: cedere il potere ad un triumvirato composto dalvice presidente Suleiman, dallo stesso Tantawi, e dal capo delle forze armate Sami Enan. In piazza si sparge la voce che uno dei pochi civili rispettati del governo appena dimissionato, l’ex ministro dell’Industria Rachid, è sotto inchiesta e i suoi conti bancari sono stati congelati. Ma questa mossa dei militari potrebbe garantire la stabilità e la continuità, dando alla protesta la soddisfazione dell’immediata uscita di scena di Mubarak. Nel frattempo il triumvirato dovrebbe avviare il dialogo con tutta l’opposizione, Fratelli Musulmani inclusi. Il presidente per ora resiste, e il suo vice Suleiman giura che non farà la fine di Ben Ali e resterà al suo posto fino alle elezioni di settembre. A Tahrir square, però, si discute anche di questo. Sono migliaia le persone radunate in piazza già dalla mattina, e gli organizzatori giurano che arrivano al milione verso mezzogiorno, quando i fedeli si prostrano sull’asfalto scalfito dalla battaglia di mercoledì per intonare la preghiera. La protesta è tornata ad assumere le sembianze di una festa, con i rivenditori di panini, acqua e semi che cercano persino di concludere affari. La società civile sta prendendo coraggio, e per inveire contro Mubarak salgono sul palco anche attori come Amr Waked, o musicisti famosi come Ammar El Sherai e Khaled Yousuf. I religiosi si smarcano dall’Iran Ci sono anche i politici, però, e gli applausi più forti esplodono quando dal palco improvvisato viene annunciata la presenza di Amre Moussa: è il segretario generale della Lega Araba, un grande segno di legittimazione per la piazza. Sotto al palco, intanto, la proposta americana fa discutere. Mahmoud El Khodery, un giudice che fa parte del comitato di saggi incaricato dall’opposizione di gestire la transizione, rivela: «Siamo tutti d’accordo sull’idea di negoziare con Suleiman, se Mubarak compirà un atto formale delegando a lui i poteri». Suona come una concessione, rispetto alla chiusura totale dei giorni scorsi, anche se Mohammed El Baradei risponde così al Presidente, che in un’intervista alla Abc aveva prospettato il caos se si dimettesse: «Prima va via, e meglio sarà per tutti». Ma persino Abul-Ez El Hariri, parlamentare del partito di sinistra Tagemoe e membro del comitato dei saggi, accetta l’ipotesi di negoziare con Suleiman: «Se Mubarak si fa da parte, possiamo parlare della transizione. Dobbiamo sciogliere le Camere, cambiare la costituzione e la legge elettorale per garantire l’equità del voto, e formare un governo d’unità nazionale. Il ministro della Difesa e quello degli Esteri possono restare ai loro posti, ma gli altri devono andare all’opposizione. Agli Interni ci vuole un civile». Le elezioni con il nuovo sistema, secondo i saggi, potrebbe tenersi entro un anno, e qui arriva la sorpresa dei Fratelli Musulmani. Stamattina il leader iraniano Khamenei ha detto che la rivolta egiziana testimonia un nuovo risveglio islamico. I Fratelli, che temono di essere usati da Mubarak come uno spauracchio per impedire il cambiamento, si sono affrettati a smentire: «La protesta - hanno detto - non è una rivoluzione islamica». Ora Mohammed El Beltagi, che li rappresenta nel comitato dei saggi, va anche oltre con la pretattica moderata e promette: «Non presenteremo un candidato alle prossime presidenziali». E pensare che proprio stamattina l’ufficio del sito Web dei Fratelli Musulmani è stato assaltato, come è accaduto alla sede di Al Jazeera. In serata, mentre la gente comincia a sfollare piazza Tahrir, il comitato dei saggi diffonde un comunicato con cui chiede ufficialmente il passaggio dei poteri a Suleiman, anche se molti ragazzi continuano ad essere contrari. Il premier Shafiq risponde che la via del compromesso è essenziale ed è un bene che l’opposizione la consideri, poi però la gela giudicando improbabile l’uscita di scena di Mubarak: «Ha promesso di lasciare a settembre e ormai mancano pochi mesi». Proprio mentre Shafiq dice queste cose in diretta televisiva, il rumore degli spari torna a rompere la quiete del coprifuoco e gli scontri tra le fazioni riprendono, anche se sporadici. Quasi un ammonimento, alla fine di questa giornata trascorsa sopra un filo sottile, a cavallo tra il compromesso e la guerra civile.