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 2011  febbraio 05 Sabato calendario

I due presidenti sempre più lontani - Puntiglioso. Fermissimo. Pignolo fino ai limiti della più assoluta intransigenza

I due presidenti sempre più lontani - Puntiglioso. Fermissimo. Pignolo fino ai limiti della più assoluta intransigenza. E con uno stato d’animo - raccontano - a metà tra l’irato e l’offeso. E’ così che Giorgio Napolitano è tornato ieri in campo contro Silvio Berlusconi, rigettando come «irricevibile» (e dunque non firmando) il contestato decreto legislativo sul federalismo municipale. «Un fatto procedurale», ha minimizzato a fine giornata il premier. E invece a dividere i due presidente è ormai qualcosa di molto diverso dal pur importante rispetto delle procedure. Qualcosa che sta trasformando una “storica” incomunicabilità in un sentimento che va somigliando sempre più ad una reciproca e schietta ostilità. La lettera fatta giungere a Palazzo Chigi a metà mattinata, la dice a sufficienza sullo stato d’animo dell’inquilino del Colle. Nella prima parte argomenta con ripetute citazioni di articoli e commi le ragioni che gli impediscono di firmare un decreto che avrebbe dovuto essere trasmesso al Quirinale dopo una diversa procedura; nella seconda, contesta esplicitamente a Berlusconi comportamenti che vanno ben oltre la scortesia. «Non giova ad un corretto svolgimento dei rapporti istituzionali - annota Napolitano - la convocazione straordinaria di una riunione del governo senza la fissazione dell’ordine del giorno e senza averne preventivamente informato il Presidente della Repubblica, tanto meno consultandolo sull’intendimento di procedere all’approvazione definita del decreto legislativo». Trasmessa al palazzo del governo prima ancora che il decreto giungesse al Quirinale («Mi è stato preannunciato l’invio...»), è deflagrata nei palazzi della politica come una vera e propria bomba: e non perché fosse del tutto inattesa, quanto per la ragione che azzerava l’affannoso tentativo del presidente del Consiglio di tener sereno Umberto Bossi dopo la bocciatura del decreto legislativo, avvenuta il giorno in prima in commissione Bicamerale. A metà mattinata Berlusconi era già a Bruxelles: e così, per capire che piega andava prendendo la faccenda, è stato lo stesso leader leghista ad alzare la cornetta e cercare il capo dello Stato. Fallito il primo tentativo (Napolitano era in udienza) alla fine Bossi è riuscito a parlare col Quirinale. E non è stato un colloquio particolarmente rassicurante... Al telefono, infatti, il leader leghista si è sentito fare un discorso che probabilmente condivide in pieno. E’ tutto molto singolare, gli ha infatti spiegato il presidente. Sono stato a Bergamo solo pochi giorni fa - gli ha ricordato Napolitano - e ho ripercorso le varie tappe di questo faticoso cammino verso il federalismo: ho detto che lo ha avviato il centrosinistra e che ora lo sta proseguendo il centrodestra, ma ho anche insistito sul fatto che solo in un clima di condivisione questo importante progetto potrà trovare un approdo. Passano due giorni e cosa succede? Succede che si torna al muro contro muro - ha annotato il capo dello Stato - per altro violando ogni procedura. Così il federalismo - ha concluso - rischia di arenarsi per sempre... Bossi ha condiviso l’analisi. Non solo. «Presidente, vorrei poterne parlare con lei. Quel che a me interessa, è realizzare il federalismo: posso venire a trovarla?». Napolitano e Bossi si incontreranno la prossima settimana, e si vedrà se la moral suasion risultata inutile con Berlusconi troverà più attenzione da parte del leader leghista. Il colloquio con Bossi non ha però attenuato l’irritazione e lo sconcerto del presidente di fronte alle mosse del premier. Si tratta di un dispetto che, in realtà, era montato il giorno precedente. Attraverso sequenze ritenute assai discutibili, Napolitano aveva prima assistito al deteriorarsi del clima nella Bicamerale, poi alle più strampalate interpretazioni intorno al significato da attribuire al “pareggio” in commissione e infine apprendeva dalle agenzie di stampa della convocazione di un Consiglio dei ministri straordinario e dell’”approvazione definitiva” del contestato decreto sul federalismo. “Definitiva”, prima che lui apponesse la necessaria firma... E’ immaginabile che sia capitato diverse volte al presidente della Repubblica di interrogarsi intorno al modo di fare del capo del governo: se cioè l’evidente discrasia tra impegni e fatti fosse il frutto di un calcolo offensivo oppure l’effetto di un modo incondivisibile, a giudizio del capo dello Stato, di intendere la politica. E’ certo che con lo sgarbo istituzionale di ieri la misura può considerarsi forse colma. Anche perché quest’ultimo incidente fa seguito ad un episodio recente e in fondo analogo... E’ storia di non molti giorni fa, nel fuoco dell’esplodere dello scandalo-Ruby. Dopo aver atteso e sperato che la vicenda giungesse a un qualche rassicurante chiarimento, Napolitano ritenne di dover intervenire chiedendo che si facesse luce sui fatti, anche in nome del crescente turbamento del Paese. Proprio così: il Paese è turbato, disse il presidente della Repubblica. Passarono due ore e Berlusconi fece sapere ai giornalisti: «Con questa storia mi sto divertendo...». Quasi uno sberleffo. Copione simile questa settimana. Napolitano va in visita a Milano e a Bergamo, e rivolge un appello affinché cessino i conflitti istituzionali e il clima politico venga raffreddato. Berlusconi rilascia una lunga dichiarazione per dire che è totalmente d’accordo con lui, e che è ora di cessare le ostilità. Passano due giorni ed ecco il patatrac del decreto sul federalismo approvato in consiglio dei ministri senza informare il Quirinale e nonostante il parere contrario della Bicamerale. «Uno schiaffo al Parlamento», hanno titolato molti giornali. Insomma, un nuovo conflitto tra istituzioni. Appena due giorni prima, appunto, Berlusconi aveva giurato: «Sono d’accordo col Presidente, basta conflitti...». Ci sarebbe da non crederci, se non fosse purtroppo vero.