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 2011  febbraio 05 Sabato calendario

OLSCHKI, IL LIBRO COME TESTIMONE DI CIVILTA’

Si è spento ieri mattina a Firenze, all’età di 86 anni, Alessandro Olschki, editore appassionato e competente, degno continuatore della tradizione di bibliofilo e stampatore iniziata da suo nonno Leo Samuel, nato in Polonia nel 1861, arrivato in Italia quale semplice tipografo, nel 1883, e già capace nel 1886 di dare l’avvio al lancio di un’ambiziosa casa editrice, dedita esclusivamente alla pubblicazione di libri d’arte e di cultura. Figlio del più giovane discendente di Leo, Aldo, Alessandro ha dedicato tutta la vita alla preparazione, alla stampa e alla diffusione di pubblicazioni eccezionali, quali riviste e volumi di interesse specifico, raccolte e conservate dalle biblioteche, dagli archivi, dagli studiosi e anche dagli amatori dei testi pregevoli per bellezza di stampa, illustrazioni, legatura. Molto giovane, Alessandro si era trovato ad affrontare, con il padre e con il nonno, le offese e le persecuzioni del razzismo fascista, e insieme ai suoi aveva poi, dopo la guerra, coraggiosamente affrontato l’impresa di una rifondazione, di un rilancio della casa cui aveva ridato vita, in una Firenze che amava profondamente e che aveva difeso dallo sfacelo bellico. Accanto a sé, nel lavoro professionale, aveva la moglie Lydia e i figli Daniele e Costanza, assieme alla nipote Serena, e così, come originale e coraggioso era stato l’impegno dell’avo più di cento anni fa, del tutto alieno da ogni paragone, continua ancora oggi l’intarsio delle competenze familiari entro le mura di una casa editrice ben ritmata, aliena da speculazioni modernistiche, orgogliosa della tradizione. Alessandro Olschki era uomo di cultura, molto raffinato, molto attento alla tecnica dello stampatore di classe. Se suo nonno aveva iniziato il lancio della nuova attività dedicando specifica attenzione al momento che vedeva Firenze ascendere nel panorama delle sapienze specifiche della storia, dell’arte e della letteratura (il giovane tipografo polacco si era innamorato profondamente, tra l’altro, di Dante e della Commedia), Alessandro si immergeva senza remore negli argomenti e nei modi per i quali la Casa Olschki era stimata con specifica attenzione: storia, arte, politica. Mentre d’altronde dedicava grande attenzione ai problemi tecnici dell’editoria, affermando con forza, anche in occasione di un recente convegno alla Cattolica di Milano, il dovere di non cedere alle lusinghe della tecnologia e degli automatismi. «L’editore — disse allora Alessandro — è un industriale che deve far quadrare i propri conti, ma ha i compiti speciali di chi deve fare accettare regole dignitose tanto agli autori, quanto ai tecnici, salvando sempre il suo libero arbitrio per la scelta e la qualità dei testi» . L’editore scomparso faceva parte, dunque, di un’aristocrazia specifica di imprenditori della cultura, importante per un città come Firenze, che deve la sua fama e il suo nome allo studio e alla difesa di arte e scienza. Era anche, quando ne aveva il tempo, un amante delle esplorazioni scientifiche dei mari e della fauna marina, ma era sempre pronto a sacrificare ogni passione alla sua dignità di erede di una splendida tradizione editoriale.
Wanda Lattes