Giorgio Montefoschi, Corriere della Sera 05/02/2011, 5 febbraio 2011
QUEI TOPI SULLE VIE DELLA DOLCE VITA
Roma, a quanto pare, sta diventando una specie di Paradiso Terrestre degli animali. Ma le notizie non sono sempre eccentriche, o divertenti, come quella della volpe che una decina di giorni fa s’era introdotta di primo mattino — proveniente chissà da dove — nei Mercati Traianei (con fuga di gatti e intervento della intera municipalità, oltre che del ministero dei Beni culturali). Stavolta, a essere protagonisti nelle strade del centro, anzi nella strada più celebre della Capitale, la mitica Via Veneto, sono i topi. Topi a drappelli, perlomeno a dar credito alla denuncia del vicepresidente della commissione Ambiente Athos De Luca, il quale, avendo di codesto fatto disdicevole prova, controprova e certezza, ha dichiarato: «La presenza di topi che passeggiano tranquillamente in Via Veneto, la strada di Roma più famosa al mondo, è un fenomeno inaccettabile, di cui il Comune deve spiegare le cause e le iniziative che intende assumere per dare decoro e sicurezza sanitaria alla città» . De Luca, ovviamente, ha anche presentato un’interrogazione urgente al sindaco Alemanno e all’assessore all’Ambiente Marco Visconti per sapere quali provvedimenti adotteranno, e vedremo, fra assicurazioni e controassicurazioni, che cosa capiterà. Certo è che la misura è colma. Ripetiamo: drappelli di topi che passeggiano indisturbati sui marciapiedi della Dolce Vita e, nelle strade adiacenti, danno l’assalto ai cassonetti dell’immondizia. Qualcuno potrebbe mai immaginare di assistere a scene simili, uscendo nella londinese Bond Street dopo gli acquisti nel negozio di Cartier o a Parigi, in Boulevard Saint Germain, in uscita da Lipp dopo una robusta choucrute accompagnata da un bicchiere di ottimo Borgogna? No, non lo potrebbe immaginare nessuno. Del resto, è anche vero che— a dispetto, o forse a causa, dei continui tentativi di rigenerarla, di restituirla ai passati splendori— Via Veneto non è più la stessa. E lasciamo perdere, per una volta, e per favore, il melenso ritornello della Dolce Vita: episodio che nella storia di questa strada ha un limitato (per fortuna) spazio di tempo. No, Via Veneto non è più la stessa perché sono scomparsi i suoi negozi storici, sostituiti da irritanti vetrine-acquario per turisti giapponesi; perché sono scomparsi i suoi caffè all’aperto, sostituiti dagli orrendi ristoranti-gazebo che paiono altrettanti acquari (e evidentemente accumulano eccessi di rifiuti); perché le famose carrozzelle non si vedono più. Una volta, a Via Veneto, senza bisogno di arrivare a notte per fare due chiacchiere con Cardarelli ai tavolini del Café de Paris, si mangiava un delizioso croissant caldo dal non ancora trasformato Forno Palombi; si passava davanti alla incantevole vetrina della più piccola e prestigiosa libreria di Roma, Rossetti, dove era facile vedere Ennio Flaiano seduto sulla bella poltrona di cuoio rosso a chiacchierare col proprietario; c’era un tabaccaio fornito; e cravatte meravigliose, napoletane, si compravano al Magazzino Morziello (che non c’è più). E certo, poi veniva la sera: il crepuscolo grigio azzurro, dolcissimo, sopra le mura di Porta Pinciana non ostruite dai gazebo; in cielo volavano le rondini; e, magari, dall’Excelsior capitava di veder uscire il commendator Angelo Rizzoli a braccetto di Fellini. Oggi, tutto questo è finito. Così— topi permettendo— chi vuole ancora respirare quell’aria, deve trasferirsi nella parte bassa di Via Veneto, quella con meno luci e «non per i turisti» . Dove, sotto gli alberi che grazie a Dio resistono, Marcello Ciccaglioni ha aperto una libreria Arion non immensa, umana, e bellissima, e un bravissimo cuoco siciliano, La Mantia, al primo piano dell’Hotel Majestic, cucina una squisita pasta «alla Norma» .
Giorgio Montefoschi