Vittorio Zucconi, D - la Repubblica delle donne 5/2/2011, 5 febbraio 2011
YEAH, L’ULTIMO SMS PRIMA DI SCHIANTARSI DI MARIAH
Una parolina di quattro lettere: è la forma colloquiale e ormai universale di “Yes”, sì. Sei d’accordo con me? «Yeah». Ti piaccio? «Yeah, baby». Abbiamo vinto! «Yeah!». La usano tutti, nel mondo anglofono, ma non adoperatela se prendete lezioni, se scrivete un compito o una tesina in inglese, perché ve la segnerebbero in rosso. Magari rosso come il sangue che Mariah ha sparso sull’autostrada numero 44 del Missouri, dove è morta.
«Yeah» è l’ultima parola che questa ragazza di 17 anni ha composto sul proprio telefonino per rispondere a un sms della sorella. Impiegò pochi secondi, perché Mariah era un fulmine della tastierina, una che viaggiava a 7mila messaggini all’anno, che non sono neppure venti al giorno, niente di eccezionale. Purtroppo per lei, viaggiava anche a 93 chilometri all’ora, sull’autostrada fra St. Louis e Springfield, al di sotto del limite di velocità.
E quei due secondi, tre al massimo, necessari perché il T9 del suo cellulare componesse quello «yeah» sgrammaticato ma memorizzato furono sufficienti perché perdesse il controllo della macchina. La prima cosa che l’agente della stradale ricorda di avere notato furono la toga e il tocco bianchi che penzolavano fuori dalla macchina rovesciata sbattendo nel vento. Erano gli indumenti che Mariah avrebbe indossato il giorno dopo, per la cerimona del diploma di liceo, ancora avvolti nella plastichina della lavanderia e protetti così dal suo sangue.
Quel suo «yeah», che ancora è leggibile sullo schermo del telefonino uscito intatto dall’incidente e religiosamente preservato dalla sorella che non si dà pace e si considera un’assassina, è divenuto parte, insieme con altri, di una campagna pubblicitaria della più grande azienda di telefonia mobile negli Stati Uniti, la AT&T.
Un cinico potrebbe osservare che questa sembra la classica ipocrisia del produttore di birra che esalta la propria bevanda e poi invita a «bere responsabilmente», o delle multinazionali delle pillole che mettono in guardia contro i mille effetti secondari del loro farmaco, dopo averne decantato le miracolose virtù terapeutiche. Ma ormai il texting, la ricezione e trasmissioni di messaggini mentre si guida non è più un problema. È un’epidemia, una tragedia che sta facendo concorrenza alla guida in stato di ubriachezza.
Questa non è la solita immagine facile da giornalista. È il risultato di un esperimento condotto scientificamente, misurando tempi di reazione, livelli di distrazione e di coscienza fra un guidatore che aveva bevuto vodka e chi mandava un messaggino staccando necessariamente gli occhi dalla strada.
Risultato: meglio, nel senso del meno peggio, una vodka che tre parole composte sulla tastierina. Scrivere uno sms aggiunge 15 metri allo spazio di frenata. Una distanza che può uccidere.
È una campagna che non ha avuto bisogno di copywriters, di autori creativi. Si è limitata a raccogliere gli ultimi messaggi inviati da chi avrebbe lasciato la vita spiaccicandosi sotto un camion, sbattendo contro un pilastro di cemento, saltando, co-
me Mariah, la mezzeria dell’autostrada.
Sono le solite due o tre parole supercompresse che tutti usiamo o abbiamo usato. È uno spot difficile da guardare. «Lol», che sta per «lots of laughs», un sacco di risate. L’autore è finito contro un albero. «Where r u?», dove sei. Bang, schianto mortale contro un’auto che aveva frenato improvvisamente davanti. «Where u at?», dammi direzioni. È quello che scrisse una ragazza al suo boyfriend che stava per giocare una partita di baseball alla quale lei voleva assistere. «U r kidding», stai scherzando, fu quello che scrisse un ragazzo di 20 anni che non si fece neppure un graffio, ma colpì in pieno un ciclista, uccidendolo.
Mandare messaggi mentre si guida è illegale ormai in quasi tutti gli Stati americani. L’89% dei teenager, i principali (ma non gli unici) sms-dipendenti, è consapevole del fatto che indulgere alla fretta di rispondere all’amica, al ragazzo, alla sorella, scambiarsi battute mentre si guida è quanto di più pericoloso si possa fare in auto. Ma lo fanno, perché da ragazzi siamo tutti immortali e invulnerabili.