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 2011  febbraio 03 Giovedì calendario

DA ADEN AL CANALE DI SUEZ UNA CRISI DA 5 MILIARDI DI DOLLARI - MILANO

Il petrolio oltre la soglia psicologica dei 100 dollari. I costi dei noli marittimi schizzati all´insù, come quelli per riassicurare le navi ai Lloyd´s di Londra. Sarà vero che il Canale di Suez - come assicura Ahmed Al-Manakhi, membro del cda della società di gestione - «funziona regolarmente con 40-50 passaggi al giorni, la media stagionale». Ma il timore che la crisi egiziana porti alla chiusura del cordone ombelicale che collega aree strategiche come Mar Rosso e Golfo di Aden al Mediterraneo (193 chilometri d´acqua su cui transita l´8% dei trasporti marittimi mondiali) ha già mandato in tilt i mercati finanziari. «Al momento la situazione pare abbastanza tranquilla - dice Cesare D´Amico, amministratore delegato dell´omonima compagnia di navigazione - C´è qualche problema per la chiusura delle banche e per i disagi legati al coprifuoco. Ma la nostra ultima nave è passata da Suez pochi giorni fa senza problemi».
Una calma (apparente) più che comprensibile dato che nessuno in Egitto - né i fedelissimi di Mubarak né l´opposizione - ha interesse a bloccare un business che porta ogni anno 5 miliardi di dollari nelle casse del paese. Di certo però Dp World e Maersk, due dei principali operatori del traffico container sul canale, hanno sospeso l´attività per motivi di sicurezza negli uffici locali. E tutti, memori degli otto anni di stop al traffico seguiti alla guerra in Medio Oriente del 1967, hanno già iniziato a prepararsi al peggio.
«Cosa succederà in caso di chiusura di Suez? Semplice - dice D´Amico - per portare le merci (petrolio compreso) da Asia e Medio Oriente a Europa e America sarà necessario circumnavigare l´Africa doppiando Capo di Buona Speranza». Seimila miglia e dodici giorni di viaggio in più (Suez riduce del 57% la navigazione dal Golfo Persico all´Italia) con un rialzo secco dei costi di trasporto. Un po´ per il balzo dei prezzi del carburante, come già sta accadendo, ma soprattutto per l´impennata dei costi d´affitto di petroliere e cargo. Un fenomeno fotografato con chiarezza in queste ore dalla corsa di un sensore sensibile come il future sui noli.
La posto in gioco è altissima. Il canale tra Oriente e Mediterraneo è da quasi un secolo e mezzo una delle rotte più delicate e strategiche dei commerci mondiali: nel 2009 ha visto transitare 34.456 navi di cui 2.699 petroliere. Ogni giorno viaggiano tra Suez e Port Said (e viceversa) 1,8 milioni di barili di greggio - possono arrivare a 2,5 nei periodi di punta - e 2,5 milioni di prodotti raffinati. Non solo. In parallelo al traffico marittimo corre un oleodotto, il Sumed, che in queste ore pompa 1,1 milioni di barili al dì ma in grado, in caso di boom della domanda, di salire a 2,3 milioni. Un fiume d´oro nero pari al 7,5% del trasporto navale di petrolio - dicono i super esperti della "Staffetta Quotidiana" - e al 4,5% della sua produzione mondiale. Il 10-15% del fabbisogno italiano di greggio, in pratica quello che arriva da Arabia Saudita e Iran, passa oggi dall´imbuto di Suez, calcolano in Unione petrolifera.
Le grandi banche d´affari internazionali hanno finora fatto professione di ottimismo. Sia Barclays che Socgen, dopo aver acceso un faro sul canale, sono arrivate alla stessa conclusione: non ci sono pericoli di attacchi armati alle infrastrutture ed è improbabile che qualcuno in Egitto sia così masochista da chiudere il rubinetto che fa affluire una valanga di valuta pregiata nei forzieri del Cairo. Le contromisure però sono già pronte: l´Opec ha detto di essere in grado di rialzare la produzione dei suoi pozzi nel caso la crisi precipitasse. In Medio Oriente - spiegano gli analisti - c´è ancora una capacità non sfruttata di almeno 4,9 milioni di barili al giorno e le riserve strategiche stoccate dai paesi più ricchi (1,56 miliardi di barili) bastano per garantire un flusso di 2 milioni al giorno di barili per due anni. Di più: dopo due giorni di black-out, il sito Internet della Suez Authority è tornato a funzionare. Tanti piccoli segnali positivi che non sono però ancora bastati a esorcizzare sui mercati lo spettro della serrata del canale: ieri sera le drammatiche immagini in arrivo dalle piazze del Cairo avevano spedito le quotazioni del greggio a un soffio dai 102 dollari.