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 2011  febbraio 03 Giovedì calendario

IL «LATO B» DEL MARKETING

C’è chi scrive libri che nessuno legge, e ri­mane giustamente anonimo. E c’è chi scrive libri che ugual­mente nessuno leg­ge, ma che diventa l’autore più famoso della Rete e della tv, quindi - per pro­prietà transitiva- del momento. Alla pri­ma categoria appartiene la totalità de­gli scrittori italiani, con l’eccezione for­se della Parodi, Camilleri, Saviano e Fa­­letti. Della seconda, invece, fa parte so­lo Alfonso Luigi Marra, scrittore cele­berrimo a dispetto del particolare, inin­fluente, che nessuno legge i suoi libri. E il fatto che nessuno ne riconosca il no­me, però capisce subito di chi si sta par­lando appena lo vede in faccia, è la pro­va della sua fama virtuale. Un volto, tan­ti soldi, nessuna parola.
Non ci sono parole, sebbene lui ne adoperi sempre più del necessario, per raccontare la vita pubblica e le opere pubblicate di Alfonso Luigi Marra, av­vocato­scrittore, calabrese, 64enne, con una specializzazione anti-accade­mica in ambito pissicologico , ormai af­fermatosi come firma di punta del mon­do letterario italiano ( e danaroso inser­zionista pubblicitario). Anni fa, su di lui scrisse un saggio fenomenologio, co­me esempio di Autore senza opera , la nostra critica più militante e intelligen­te, Carla Benedetti. «Marra - scriveva con grande lucidità alla fine degli anni ’90 - incarna la condizione di esistenza di un’incredibile quantità di autori del­la nostra epoca (anche di quelli che non hanno bisogno di pagarsi la pro­mozione), e che non è riservata ai soli scrittori, ma anche a saggisti, filosofi e artisti: esistono come autori in quanto se ne parla in quel salotto a distanza co­s­tituito dall’insieme dei luoghi deputa­ti, dai talkshow alle pagine culturali, piuttosto che come autori di opere let­te, concretamente fruite». E più di re­cente i libri di Marra, rigorosamente ignorati dalla critica ma oliati dalla pub­blicità, hanno ottenuto più recensioni, a esempio, di Antonio D’Orrico. Cari scrittori, prendete esempio. Per diven­tare famosi non serve scrivere buoni li­bri. Probabilmente non serve neppure scriverli.
Scrittore in primis , e poi avvocato cas­s­azionista con avviatissimo studio a Na­poli ( uno dei più grandi d’Italia per nu­mero di clienti, oltre40mila, come con­fessò un mese fa in un’intervista-cult a Malcom Pagani per il Fatto Quotidia­no ), Alfonso Luigi Marra è specializza­to, poundianamente, in cause contro le banche. Senza disdegnare la politi­ca: fondatore nel 1987 del Partito di Azione per lo Sviluppo, «né di destra né di sinistra né di centro», fu eletto depu­tato europeo nel 1994, nelle liste di For­za Italia, da cui si dimise già nel ’96. So­sti­ene di aver formulato il diritto di fami­glia australiano e steso la legge sulle eti­chettature dei prodotti ittici al detta­glio, a dimostrazione di un’intellettuali­tà eclettica e cosmop­olita che dev’esse­re d’esempio ai nostri provinciali intel­lettuali d’accatto. Quali libri abbia scritto Marra non è così importante, e neppure chi li pub­blica, anche perché si tratta di volumi autoprodotti, stampati da case editrici di amici suoi come AKIM e Omogenei­­tas, e che hanno unicamente opere di Marra in catalogo. Ma questi sono cavil­li. Gli argomenti spaziano da uno scibi­le all’altro, come i titoli. Una dozzina. Tra i quali: Cucciolino. Scritti per una ri­voluzione senza sangue, senza morti e senza conflitti (1987), La Storia di Aids
(1993), Il complesso di Santippe ( 1995),
La fase di Saul (1999) e soprattutto La storia di Giovanni e Margherita. La defi­nizione del concetto di tempo , pubblica­to la prima volta nel 1985, ristampato nel ’93, poi in una nuova edizione nel 2002, e infine riapparso (?) due anni fa con il nuovo titolo La storia di Giovanni e Margherita. Il modo di formazione del pensiero , un saggio divulgativo di psica­nalisi sul«modo in cuil’individuo, sot­to la spinta delle pulsioni fondamenta­li, elabora il suo sapere e giunge alla comprensione dei fenome­ni ». Anche se il vero fenome­no è Marra stesso. Il suo best seller, non nel senso del più venduto ma del più citato, è il nuovo e già citatissimo episto­lario d­’amore in sms Il labirin­to femminile , «un’opera per li­berare la coppia e la società dallo strategismo sentimenta­le che le tormenta». Sbertuc­ciato da tutti, è stato sdogana­to da Pietrangelo Buttafuoco su Panorama : «Altro che Ga­limberti. Marra è il più gran­de. E senza bisogno di copia­re nessuno». Una consacra­zione.
Per pubblicizzare il suo li­bro, l’avvocato-scrittore ha af­finato le sue già collaudate e costosissime tecniche di pro­mozione libraria. Una volta comprava paginate pubblici­tarie negli inserti culturali dei giornali, come l’inserto libri della Stampa o del manifesto . Poi sono venuti i booktrailer con testimonial della bellez­za di Aida Yespica e Sara Tom­masi.
E ora gli spot pubblicita­ri televisivi «d’autore». Quel­lo interpretato da Manuela Arcuri ha avuto il privilegio di essere considerato dal popo­lo della Rete il peggiore spot del 2010 e da Aldo Grasso «co­sì brutto da sfiorare il subli­me »,diventando-ovviamen­te- un cult. E a chi si è azzarda­to a far notare a Marra le mi­gliaia di insulti che sul Web hanno seppellito lo spot, con lo stile da principe del Foro che lo con­­traddistingue, ha precisato, in punta di diritto, che «se togli le parole culo e figa, non rimane niente, sono decerebrati in libera uscita».
Sorta di Verdiglione in sedicesimo, abituato a difendere la propria causa fi­no all’ultimo grado di giudizio, l’avvo­cato Marra ha prima sostituito la Arcuri con Lele Mora, forse meno credibile ma indubbiamente di questi tempi più famoso, e poi, pochi giorni fa, con il vol­to e il corpo più celebri d’Italia, e non solo: per il suo Labirinto femminile ha scelto come testimonial d’eccezione Ruby Rubacuori, la 18enne marocchi­na al centro del sexygate di Arcore. Lo spot, già in lavorazione, sarà doppiato in otto lingue, compreso arabo e cine­se. La notizia che la Rai, come già in pas­­sato gli altri spot di Marra, lo trasmette­rà immediatamente prima del Tg3 ha fatto arrabbiare la direttrice Bianca Ber­linguer, che al termine dell’edizione se­rale dell’altroieri ha commentato: «Chissà che importante contributo sa­rà alla cultura nazional-popolare? La domanda, ovviamente, è ironica». L’unico che se la ride è Marra. Mentre tutti i suoi colleghi scrittori pietiscono una recensioncina di taglio basso.