ROBERTO GIOVANNINI, La Stampa 4/2/2011, pagina 80, 4 febbraio 2011
Perché il prezzo del cibo aumenta? - La Fao lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari hanno raggiunto il massimo storico
Perché il prezzo del cibo aumenta? - La Fao lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari hanno raggiunto il massimo storico. Da cosa dipende l’aumento? Fondamentalmente, dicono gli esperti Fao e gli economisti, la colpa di questo fenomeno è il cattivo andamento del raccolto del 2010. Ci si aspettava un’annata positiva, come nel 2009, e invece le cose sono andate male. Raccolti cattivi, dunque. Ma per quale ragione? Nel mirino ci sono fenomeni atmosferici e climatici, che hanno colpito importanti regioni produttrici ed esportatrici. Ad esempio, ha pesato molto la siccità estiva che ha colpito la Russia e gli altri paesi dell’Asia centrale ex-sovietica. Al contrario, in Australia ci sono state inondazioni ed allagamenti. Forti piogge primaverili hanno penalizzato la produzione in Europa centrale e negli Stati Uniti, mentre per l’Argentina la coltivazione di soia è stata compromessa dalla scarsezza di precipitazioni. In altri paesi, specie in Asia, per fortuna le cose invece sono andate in modo soddisfacente. Si può dare la colpa a fattori come il cambiamento climatico globale? Difficile dirlo, gli scienziati non sono in grado di stabilirlo. Sicuramente alcune fenomeni meteo abnormi (tipo l’ondata di calore che ha imperversato in estate in Russia) sono particolarmente consistenti con scenari di cambiamento climatico. La verità è che per adesso nessuno lo sa. Ma non esistono scorte di prodotti agricoli, conservate proprio per fronteggiare fasi di penuria e calmierare i prezzi? Certo che ci sono. Infatti sono state adoperate in questi mesi per limitare l’impennata dei prezzi degli alimenti. Esistono altri fattori negativi che influiscono sul costo degli alimenti? Sì. Tra i più importanti - a parte l’andamento della domanda, ovvero la richiesta di alimenti da parte della popolazione terrestre, che aumenta e accresce i suoi consumi - c’è il prezzo delle materie prime essenziali per l’agricoltura: il costo del petrolio, che fa camminare la macchina produttiva, e quello dei fertilizzanti. In tutti e due i casi negli ultimi mesi si è registrato un forte aumento, che si scarica presto sui prezzi dei prodotti. Qualcuno accusa anche le colture industriali per produrre biocarburanti... Non ha torto, perché spesso si sottraggono terreni alla produzione di alimenti. Nel 2007 però fu peggio. Pesano anche le monocolture da esportazioni, che monopolizzano i terreni a discapito del cibo: tè e fiori in Africa orientale, cacao e caffè in Africa Occidentale, bestiame in Centro e Sudamerica. E la speculazione? Esiste? Esiste sì, e non agisce soltanto con veri e propri accaparramenti di reali stock di alimenti. Oggi essa opera anche con sofisticati meccanismi usati in campo finanziario, come i futures . Si fanno profitti enormi, e spesso si finisce per affamare (letteralmente) le persone. Quali sono le conseguenze per le popolazioni dei Paesi poveri? Sono molto gravi. In primo luogo per gli affamati, che sono ben 925 milioni di persone, e rischiano di risuperare quota un miliardo. Ma pagano un prezzo pesante anche i miliardi di cittadini dei paesi in via di sviluppo: molti di loro, in maggioranza poveri, per l’alimentazione debbono spendere addirittura l’80% dei loro redditi. E per noi, che viviamo in Paesi ricchi? Dipende dal livello di dipendenza dalle importazioni. Francia e Germania, ad esempio, sono pressoché autosufficienti. L’Italia importa il 40% del fabbisogno di grano duro, il 60% del grano tenero, il 15% del mais, il 90% della soia, il 50% delle carni. Considerando poi la scarsa trasparenza ed efficienza della filiera agro-alimentare, il rischio obiettivo di aumenti dei prezzi per i consumatori italiani c’è. Cosa si può fare per migliorare la situazione? A breve, sperare in un buona semina «globale» che apra la strada a un buon raccolto nel corso del 2011, e dare una mano alle popolazioni più colpite con aiuti alimentari ed economici. Occorre introdurre prima possibile meccanismi che frenino la volatilità dei prezzi alimentari e la speculazione, e limitare la sottrazione di terreni agricoli destinati a produzione industriali o a «biocarburanti». Nel lungo periodo, è necessario rendersi conto che dar da mangiare tra pochi anni a otto miliardi di persone non è uno scherzo. Quando si parla di politiche di sviluppo, non è possibile dimenticare l’agricoltura e i miliardi di contadini e di consumatori poveri che nei Paesi in via di sviluppo sono alla mercè di questi fenomeni globali, su cui non hanno nessun controllo».La Fao lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari hanno raggiunto il massimo storico. Da cosa dipende l’aumento? Fondamentalmente, dicono gli esperti Fao e gli economisti, la colpa di questo fenomeno è il cattivo andamento del raccolto del 2010. Ci si aspettava un’annata positiva, come nel 2009, e invece le cose sono andate male. Raccolti cattivi, dunque. Ma per quale ragione? Nel mirino ci sono fenomeni atmosferici e climatici, che hanno colpito importanti regioni produttrici ed esportatrici. Ad esempio, ha pesato molto la siccità estiva che ha colpito la Russia e gli altri paesi dell’Asia centrale ex-sovietica. Al contrario, in Australia ci sono state inondazioni ed allagamenti. Forti piogge primaverili hanno penalizzato la produzione in Europa centrale e negli Stati Uniti, mentre per l’Argentina la coltivazione di soia è stata compromessa dalla scarsezza di precipitazioni. In altri paesi, specie in Asia, per fortuna le cose invece sono andate in modo soddisfacente. Si può dare la colpa a fattori come il cambiamento climatico globale? Difficile dirlo, gli scienziati non sono in grado di stabilirlo. Sicuramente alcune fenomeni meteo abnormi (tipo l’ondata di calore che ha imperversato in estate in Russia) sono particolarmente consistenti con scenari di cambiamento climatico. La verità è che per adesso nessuno lo sa. Ma non esistono scorte di prodotti agricoli, conservate proprio per fronteggiare fasi di penuria e calmierare i prezzi? Certo che ci sono. Infatti sono state adoperate in questi mesi per limitare l’impennata dei prezzi degli alimenti. Esistono altri fattori negativi che influiscono sul costo degli alimenti? Sì. Tra i più importanti - a parte l’andamento della domanda, ovvero la richiesta di alimenti da parte della popolazione terrestre, che aumenta e accresce i suoi consumi - c’è il prezzo delle materie prime essenziali per l’agricoltura: il costo del petrolio, che fa camminare la macchina produttiva, e quello dei fertilizzanti. In tutti e due i casi negli ultimi mesi si è registrato un forte aumento, che si scarica presto sui prezzi dei prodotti. Qualcuno accusa anche le colture industriali per produrre biocarburanti... Non ha torto, perché spesso si sottraggono terreni alla produzione di alimenti. Nel 2007 però fu peggio. Pesano anche le monocolture da esportazioni, che monopolizzano i terreni a discapito del cibo: tè e fiori in Africa orientale, cacao e caffè in Africa Occidentale, bestiame in Centro e Sudamerica. E la speculazione? Esiste? Esiste sì, e non agisce soltanto con veri e propri accaparramenti di reali stock di alimenti. Oggi essa opera anche con sofisticati meccanismi usati in campo finanziario, come i futures . Si fanno profitti enormi, e spesso si finisce per affamare (letteralmente) le persone. Quali sono le conseguenze per le popolazioni dei Paesi poveri? Sono molto gravi. In primo luogo per gli affamati, che sono ben 925 milioni di persone, e rischiano di risuperare quota un miliardo. Ma pagano un prezzo pesante anche i miliardi di cittadini dei paesi in via di sviluppo: molti di loro, in maggioranza poveri, per l’alimentazione debbono spendere addirittura l’80% dei loro redditi. E per noi, che viviamo in Paesi ricchi? Dipende dal livello di dipendenza dalle importazioni. Francia e Germania, ad esempio, sono pressoché autosufficienti. L’Italia importa il 40% del fabbisogno di grano duro, il 60% del grano tenero, il 15% del mais, il 90% della soia, il 50% delle carni. Considerando poi la scarsa trasparenza ed efficienza della filiera agro-alimentare, il rischio obiettivo di aumenti dei prezzi per i consumatori italiani c’è. Cosa si può fare per migliorare la situazione? A breve, sperare in un buona semina «globale» che apra la strada a un buon raccolto nel corso del 2011, e dare una mano alle popolazioni più colpite con aiuti alimentari ed economici. Occorre introdurre prima possibile meccanismi che frenino la volatilità dei prezzi alimentari e la speculazione, e limitare la sottrazione di terreni agricoli destinati a produzione industriali o a «biocarburanti». Nel lungo periodo, è necessario rendersi conto che dar da mangiare tra pochi anni a otto miliardi di persone non è uno scherzo. Quando si parla di politiche di sviluppo, non è possibile dimenticare l’agricoltura e i miliardi di contadini e di consumatori poveri che nei Paesi in via di sviluppo sono alla mercè di questi fenomeni globali, su cui non hanno nessun controllo».