Maurizio Ricci, la Repubblica 4/2/2011, 4 febbraio 2011
Prezzi alle stelle colpa del clima e di chi specula - Possiamo chiamarla la dieta dell´effetto serra
Prezzi alle stelle colpa del clima e di chi specula - Possiamo chiamarla la dieta dell´effetto serra. È un menu da antica campagna, più che da gourmet: patate, fagioli, lenticchie. Proteine e carboidrati dovremo cercarli lì. Perché, nel futuro, ci sono meno pasta, meno pane, meno carne, meno uova, latte, formaggio. Ma non ci costerà di meno, anzi, più di oggi. C´è una crisi del cibo, infatti, che sta per scatenarsi, quest´anno, in forma e misura non diversa dall´ultima crisi, quella del 2008. In buona parte, è il risultato di una serie di eventi climatici estremi, che si sono abbattuti sulla produzione agricola mondiale. Nessun esperto è pronto a giurare che sia un effetto diretto del riscaldamento globale del pianeta, ma quasi tutti scommettono che questi eventi si ripeteranno sempre più spesso in futuro. In ogni caso, dunque - sia o non sia l´effetto serra il responsabile - la crisi si proietterà al di là del 2011. Anche perché due altri potenti fattori influenzeranno sempre più quello che ci troveremo di fronte a tavola: l´aumento del reddito e della popolazione nei paesi emergenti, che, forse, dovremmo cominciare a definire neo-ricchi. L´elenco degli eventi climatici eccezionali degli ultimi dodici mesi è impressionante. Siccità e incendi in Russia. Alluvioni in Bangladesh, in Pakistan, in Australia. Siccità nelle grandi pianure dell´ovest degli Stati Uniti, in Brasile, in Argentina, in Cina. Troppa pioggia in Indonesia. Troppa poca neve a ovest del Mississippi. In un mercato del cibo sempre più globalizzato (le importazioni di derrate alimentari hanno superato, l´anno scorso, i mille miliardi di dollari), non sono paesi qualsiasi. Come spesso capita con le materie prime, la produzione agricola mondiale destinata ai mercati esteri è concentrata in pochi paesi. Il 60% del granturco e il 30% della soia sui mercati mondiali vengono dagli Stati Uniti. Il 60% dello zucchero viene dal Brasile. Quando il clima avverso colpisce uno di questi paesi, le ripercussioni si avvertono in tutto il mondo. Riprendete la lista di prima: sono tutti grandi produttori di una o più derrate cruciali. Russia, Usa, Australia, Argentina: frumento. Usa, Brasile, Argentina: soia. Usa, Argentina: granturco. Brasile, Australia: zucchero. Indonesia: riso. A queste crisi mondiali, si aggiungono crisi locali: le cipolle in India, l´olio per friggere in Indonesia. Il risultato è che, nel giro di un anno, i prezzi delle materie prime alimentari sono, in media, più che raddoppiati. Solo fra giugno e dicembre, registra la Deutsche Bank, i prezzi dei cereali sono cresciuti del 57%, del 56% per oli e grassi, del 77% per lo zucchero. L´impennata improvvisa non si ferma. Ieri, la Fao ha comunicato che il suo indice dei prezzi alimentari ha superato, a gennaio, il record storico segnato a dicembre. L´aumento, solo su dicembre è del 3,4%. Ma il frumento, ad esempio, dall´inizio di dicembre è rincarato del 13. «Questo livello dei prezzi non scenderà nei prossimi mesi», prevede uno degli economisti della Fao, Abdolreza Abbassian. In realtà, molti esperti pensano che sia destinato, piuttosto, a salire ancora, perché le tensioni fra domanda e offerta non si sono ancora trasferite pienamente sui prezzi, né per il frumento (pane, pasta), né per carne e latte (granturco e soia, largamente utilizzati come mangimi animali). La differenza con il 2008 è stata, finora, che dopo due anni di buoni raccolti i magazzini mondiali erano relativamente pieni. Ma è sempre meno vero: il ministero dell´Agricoltura americano calcola che, ad agosto, le riserve di granturco nei silos saranno pari solo al 5,5% della domanda, il livello più basso degli ultimi 15 anni. Di solito, nei cicli economici, l´aumento dei prezzi delle materie prime arriva relativamente tardi, quando la ripresa è al culmine. Questa volta è arrivata molto presto, anche per via degli eventi climatici, quando la ripresa è ancora incerta. Il risultato è che i venti di inflazione (con gli effetti che hanno sul costo dei debiti pubblici) già soffiano, ad esempio in Europa, dove l´economia stenta a decollare. Ma l´esperienza delle rivolte per il cibo del 2008 mostra che, quando c´è di mezzo il mangiare, l´impatto sociale può essere devastante. E, a oscurare lo scenario dei prossimi mesi, la speculazione è già al lavoro. Come, in giro per il mondo, le industrie stanno riempiendo i loro magazzini di acciaio, gomma, cotone per difendersi da un futuro aumento dei prezzi, così stanno facendo i protagonisti del mercato alimentare. È probabile che lo facciano anche i grandi trader di Ginevra, manovrando i tempi di consegna, ma lo fanno soprattutto gli Stati, ansiosi di evitare che le piazze delle loro città si riempiano di gente in rivolta per il prezzo del pane o del riso. E non è un caso, di fronte a quello che è avvenuto in queste settimane in Tunisia e in Egitto che, a fare incetta di grano, siano i governi del Nord Africa e del Medio Oriente. Nel solo mese di gennaio, l´Algeria ha importato un terzo del frumento che, abitualmente, compra ogni anno. L´Arabia saudita intende raddoppiare le sue riserve di grano. Il Bangladesh ha raddoppiato la sua previsione di importazione di riso. Queste derrate, sottratte al mercato mondiale e stivate nei magazzini statali, incideranno ulteriormente sulla disponibilità dei prodotti e sui loro prezzi. Ma non c´è solo questo. Il problema, quando a comprare sono i governi, è che i tradizionali meccanismi di mercato, per cui la domanda scende quando il prezzo è troppo alto, non funzionano più. Per evitare la rivolta nelle piazze, le capitali arabe, africane, asiatiche sono disposte a comprare a qualsiasi prezzo. Per la speculazione finanziaria, è un´autostrada senza ostacoli. Anche se uno o due buoni raccolti potranno placare la tempesta, nota Gerald Nelson, un esperto dell´International Food Policy Research Institute, le tensioni sui mercati alimentari sono destinate a durare a lungo per la crescente domanda che viene dai paesi emergenti, dalla povertà e dalla fame: «È qui che nei prossimi anni si concentreranno gli aumenti di popolazione e di reddito previsti a livello mondiale. E sono anche i paesi che più subiranno l´impatto dei cambiamenti climatici».