Varie, 3 febbraio 2011
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Friedlander Saul
• Praga (Repubblica Ceca) 11 ottobre 1932. Storico. Israeliano • «[...] ha insegnato a Ginevra, Tel Aviv, Los Angeles; della sua bibliografia fa parte il monumentale studio La Germania nazista e gli ebrei in due volumi, 1998-2006 (in Italia lo pubblica Garzanti [...]). Vive fra Los Angeles e Tel Aviv. [...] Degli incubi che si è portato dietro — figlio di due ebrei di Praga rifugiatisi in Francia nel ’39, Saul viene lasciato in un collegio cattolico e battezzato come Paul mentre i genitori tentano la fuga in Svizzera; respinti, saranno deportati ad Auschwitz dove muoiono nel 1942 — Friedländer ha parlato nel suo libro uscito in Francia, “Quand vient le souvenir...”. “L’attacco di panico a Bonn [...] mi costrinse ad andare da un medico. Mi chiese dei miei genitori. Sono morti, risposi. Di che cosa? A quel punto mi sono alzato e senza una spiegazione sono scappato”. A chi gli domanda come mai ha scelto di occuparsi della storia della persecuzione e dello sterminio degli ebrei, Friedländer dice: “È stato quel tema a scegliere me. Seguivo altri indirizzi di studi, a Parigi mi ero laureato in Scienze politiche. Poi, a Bonn, mi capitò in mano un documento sconvolgente: la segreteria di Pio XII invitava la Philarmonie di Berlino a tenere un concerto in Vaticano, in programma pagine del ‘Parsifal’ di Wagner. Era il dicembre 1941. Un momento strano per un concerto (che poi, comunque, non ci fu): a giugno i tedeschi avevano invaso l’Unione Sovietica sterminando centinaia di migliaia di ebrei, Hitler preparava la Soluzione finale”. Nacque così lo studio sui rapporti tra Vaticano e III Reich, uscito negli anni Sessanta. Una scrupolosa ricerca scientifica, che partiva anche da un’esperienza personale: dopo la guerra, obbedendo a una circolare vaticana, il collegio cattolico francese non voleva lasciarlo tornare all’ebraismo. “Liberato” da un comitato ebraico, il ragazzo decide di chiamarsi Saul e va in Israele. Dagli anni Sessanta tutta la sua attività di studioso è dedicata all’Olocausto. “Via via che la documentazione cresceva, cresceva in me però un’altra esigenza: quella di far sentire anche la voce delle vittime. Già nel 1961, Raul Hilberg aveva pubblicato La distruzione degli ebrei d’Europa, un lavoro eccezionale che ricostruiva il funzionamento della macchina burocratica incaricata della eliminazione degli ebrei. Ma loro, le vittime, non comparivano. Erano rimasti passivi, si diceva, e in parte lo erano stati, anche se non sempre; spesso non riuscivano nemmeno a immaginare il loro destino. Ho lavorato 16 anni a ricercare testimonianze, diari, lettere, ricordi per inserire le loro voci nella storia” [...]» (Ranieri Polese, “Corriere della Sera” 14/10/2007) • «Tra i maggiori specialisti mondiali del nazismo [...] “Dalla fine della guerra al 1964 sono stato occupato da altre cose. Nel 1948 sono andato in Israele, ho fatto prima il servizio militare e poi Scienze politiche. Sono diventato assistente di Nahum Goldmann, presidente del Congresso ebraico mondiale, prima che mi venisse l’idea di riprendere a studiare. [...]» (Alain Guillemoles, “Avvenire” 27/1/2009).