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 2011  gennaio 27 Giovedì calendario

MINATORI

Edison Peña, quello che scarpinava al buio nei cunicoli per sentirsi vivo, un mese dopo stava già correndo la maratona di New York (5 ore e 40 minuti, tempo decente), la notte di Natale era su Rai1 a cantare da Milly Carlucci e dieci giorni dopo a Memphis, a visitare i luoghi sacri del suo idolo Elvis Presley, prima di farsi intervistare da David Letterman. Tornato nel suo Cile, la settimana scorsa Peña ha scoperto che gli stanno togliendo l’indennità di malattia, concessa a tutti e 33 i celebri minatori di San José al posto dello stipendio. Ma a patto che si curassero il corpo e la mente, non per andare in giro come uomini sandwich della più spettacolare tragedia a lieto fine del 2010. Ed è così che allo psicologo Alberto Iturra, uno dei volti noti dei 70 giorni di reality dal deserto di Atacama, la battuta è venuta facile: «Dopo esser venuti fuori dal centro della Terra, ora è il caso che sulla Terra questi ragazzi ci atterrino...».
Come Peña, altri dieci minatori rischiano di perdere il sussidio. Hanno saltato troppi controlli medici e sedute dallo psicologo. Qualcuno per pigrizia e scarso interesse, altri per eccesso di impegni, soprattutto internazionali. Negli ultimi quattro mesi, “los 33” della famosa miniera sono stati invitati un po’ ovunque, tutto spesato. Alla Cnn di Atlanta, a Hollywood, a vedere una partita del Real Madrid e poi una della Lega inglese. A fine mese saranno a Disney World, Orlando, con familiari al seguito. Agli impegni collettivi si aggiungono quelli individuali, e qui lo spartiacque della fama sta già colpendo implacabile. Non tutti gli eroi di Atacama hanno lo stesso valore. Per un Peña che uscì dal cunicolo con la fama di rockettaro e maratoneta - da cui le esibizioni pubbliche - c’è il povero Carlos Mamani, il boliviano del gruppo, che è tornato nella sua baracchetta alla periferia di Copiapò, senza acqua e fognature. Quando è andato al municipio della città per farsi assegnare un terreno e mettere in piedi una casa decente gli hanno risposto picche. Oggi ammette di aver sbagliato tutto. «Sono timido e introverso. Quando sono tornato a casa volevo solo stare in pace con i miei. Ho chiuso la porta ai giornalisti e la sto pagando cara». Anche del famoso lavoro offertogli dal presidente Evo Morales non si è saputo più nulla. Tutto il contrario di “Super” Mario Sepulveda, il reporter del gruppo, quello dello show in mondovisione al momento del salvataggio: abbracciò tutti i presenti, fece il galante con la moglie del presidente, distribuì pietre ricordo dalla miniera. Una settimana dopo già correva nudo sulla spiaggia davanti alle telecamere della rete americana Abc. Sue le prime interviste con dettagli inediti sui 70 giorni nel sottosuolo. Memorabile la sua dichiarazione: «Mi devo trasferire da Copiapò a Santiago per stare più vicino alle tv». Oggi Sepulveda continua a fatturare, ma non più in dollari. Riceve inviti dalle università cilene per conferenze motivazionali. Insieme all’amico Omar Reygadas, un altro degli estroversi, racconta come si vincono le avversità, come ci si mantiene vivi in condizioni estreme e si gestiscono i rapporti con i compagni di sventura. Luis Urzua, il gran capo del gruppo, l’ultimo a uscire dalla miniera, ha chiuso un contratto analogo con una società che gli ha organizzato un tour Stati Uniti-Cina-Portogallo, sempre per conferenze e comparsate. In 54 anni Urzua non era mai andato oltre la sua città natale e i dintorni. Chi l’ha sentito parlare in pubblico dice che se la cava più che bene.


IL RITORNO ALLA REALTÀ
Meglio che lavorare in miniera - è il caso di dire - ma la fama è davvero un impiego duraturo? Alcuni dei 33 non lo pensano affatto e si stanno organizzando il futuro. Dario Segovia investirà il denaro ricavato in questi mesi per mettere in piedi una bancarella di frutta nei mercati. Uva e albicocche per cominciare. È un altro di quelli che stanno perdendo l’indennità. Altri torneranno in miniera. Dove, per inciso, gli stipendi non sono affatto male per gli standard locali.
«Chi nasce cicala, muore cantando», filosofeggia Juan Illanes, 51 anni. L’importante è trovare un impiego ben retribuito, in una impresa che garantisca condizioni di lavoro migliori di quella che quasi li inghiottì. Gli psicologi ammettono che parecchi dei rischi di un ritorno brusco alla realtà già si stanno manifestando. «Dopo l’euforia della salvezza e la fama, il rischio di depressione è molto forte», dice il dottor Adib Merlez, che segue alcuni dei sopravvissuti. «Alcuni di loro sono ancora ossessionati dai mass media, pensano di continuare a guadagnare denaro semplicemente aspettando che squilli il telefono».

TOH, RIECCO I PARENTI LONTANI
Qualcuno dorme male la notte e in molte famiglie sono successi episodi sgradevoli. Il fenomeno più comune è stato la ricomparsa di parenti lontani, illusi dalla futura ricchezza del congiunto famoso nel mondo. Claudio Yanez - quello della proposta di matrimonio alla fidanzata arrivata dal sottosuolo in un bigliettino - appena uscito in superficie ha lasciato la casa della madre per andare subito dalla promessa sposa. La famiglia non gliel’ha perdonato e nessuno di loro si è presentato al matrimonio. Yanez, ovviamente, si era tenuti tutti per sé i 10.000 dollari che il miliardario cileno Leonardo Farkas aveva regalato a ciascuno dei minatori. Gesto un po’ pacchiano, ma che ha illuso oltre il dovuto, si dice in Cile. Come se la cornucopia della celebrità dovesse continuare a sputare denaro.
Qualcos’altro, comunque, dovrebbe ancora arrivare nelle tasche dei minatori. Dopo molte notizie contraddittorie sui diritti di futuri libri e film sulla vicenda, nei giorni scorsi l’attendibile Hollywood Report ha scritto che i giochi sono ormai fatti. Uno studio legale di Santiago ha trattato a nome di una unica società, controllata dai minatori, che dovrebbe vendere a una major un pacchetto unico per la storia. Tutti i 33, quindi, ricaverebbero i benefici di libri, documentari o fiction sulla vicenda. La storia piace in particolare alla Plan B di Brad Pitt, che pensa a un lungometraggio. Dove invece l’effetto mineros si è decisamente attenuato è nella politica cilena. Dopo la sovraesposizione mediatica, 24 ore in piedi ad abbracciarli tutti, il presidente Sebastian Piñera aveva avuto un picco di popolarità che era arrivato al 63 per cento. Quattro mesi dopo è già tornato ai livelli precedenti e viaggia attorno al 47 per cento. Eccone un altro che dovrebbe stare attento alle ubriacature.