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 2011  febbraio 03 Giovedì calendario

CHI SCEGLIE IL PREMIER IL QUIRINALE O GLI ELETTORI

Nella risposta «Palazzo Chigi e Montecitorio anatomia di due cariche» , con riferimento al premier, lei afferma prima che è «eletto con schede elettorali in cui era espressamente indicato il suo nome» e poi che «il solo modo per verificare e correggere il risultato delle precedenti elezioni è quello di tornare alle urne» . Come può essere compatibile la sua replica con i contenuti della sentenza della Corte Costituzionale pubblicata il 25 gennaio la quale, dichiarando parzialmente incostituzionale la legge sul legittimo impedimento, interviene con decisione anche sulle pretese modifiche della Costituzione materiale sottese alla sua risposta? La Corte, infatti, specifica che la disciplina elettorale in base alla quale i cittadini indicano il «capo della forza politica» o il «capo della coalizione» , non modifica l’attribuzione al presidente della Repubblica del potere di nomina del presidente del Consiglio, né la posizione costituzionale di quest’ultimo. In particolare, quindi, non sarebbe necessario tornare alle urne se quella stessa coalizione che ha vinto le elezioni del 2008 esprimesse un capo diverso da Berlusconi. Il presidente della Repubblica non potrebbe che prendere atto e, in presenza di una accertata fiducia da parte dei componenti delle due Camere nei confronti del nuovo premier, nominarlo presidente del Consiglio dei ministri.
Giuseppe Barbanti, Mestre
Caro Barbanti, anch’io credo che tra la designazione del leader sulla scheda elettorale e l’art. 92 della Costituzione vi sia una potenziale contraddizione. La designazione ha permesso a Berlusconi di affermare, nel 2001, che egli avrebbe ricevuto l’incarico del presidente della Repubblica «conformemente» alla volontà popolare. L’art. 92 dice invece: «Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri» . Anche se l’articolo non parla del modo in cui il capo dello Stato debba procedere per identificare e scegliere la persona a cui spetterà il compito di presiedere l’esecutivo, la formula scelta dai costituenti sembra piuttosto chiara. Chi ha il diritto di «nominare » non può essere il semplice veicolo di una decisione presa da altri e deve godere, sia pure d’intesa con il Parlamento, di una certa libertà. La prassi del 2001 e la legge elettorale del 2005 hanno introdotto la designazione del leader, ma la costituzione non è stata esplicitamente modificata. Era naturale quindi che la Corte costituzionale, rispondendo ad argomenti emersi nel corso dibattimento, ribadisse la validità dell’art. 92. Ma nessuno, sinora, ha potuto ottenere che la designazione del Premier venisse formalmente proclamata «incostituzionale» . Il problema, a questo punto, non è giuridico, ma politico. Chi esercita responsabilità costituzionali dovrà cercare di evitare che la nomina di un diverso presidente del Consiglio possa venire definita un «ribaltone» . Questa contraddizione è soltanto una delle molte ambiguità che si sono accumulate col tempo sulla Costituzione italiana. In un libro di cui ho parlato qualche giorno fa su questa pagina («L’Assedio» , ed. Longanesi), Michele Ainis elenca «sedici prassi incostituzionali che hanno reso sterili altrettante norme della Costituzione» , e aggiunge che «per oltre un decimo la legge fondamentale è stata spogliata di efficacia, o ha spiegato un’efficacia opposta rispetto al suo tenore letterale e all’intenzione che a suo tempo vi depositarono i padri fondatori» . Qualcuno pensa che occorra «tornare allo Statuto» , come scrisse Sidney Sonnino in un articolo apparso sulla Nuova Antologia nel 1897. Altri pensano che occorra riscrivere una buona parte della Costituzione. Io sono fra questi.
Sergio Romano