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 2011  febbraio 03 Giovedì calendario

CARAVAGGIO, LE CARTE SALVATE DAI GIOVANI

Comincia tutto con la storia di un «ferraiolo» nero, un mantello senza maniche di moda tra i gentiluomini alla fine del ’ 500. Seguendo questa storia, e scavando nei sessanta chilometri di scaffalature dell’Archivio di Stato di Roma, sette giovani ricercatori hanno ritrovato i documenti inediti che costringeranno gli studiosi a riscrivere la biografia di Caravaggio e a rivedere alcune datazioni dei suoi quadri. Esattamente un anno fa, mentre alle Scuderie del Quirinale si inaugurava la fortunata mostra su Michelangelo Merisi, a Eugenio Lo Sardo, direttore dell’Archivio, venne l’idea di dar vita a una nuova esposizione sull’artista, per far conoscere i ponderosi volumi finora consultati solo dagli esperti e contenenti gli atti processuali che raccontano le risse e le altre vicende giudiziarie dell’artista lombardo nella città dei papi. Ma quando Lo Sardo va ad aprire i fascicoli rilegati in pergamena, è preso dalla disperazione: le carte sono corrose dall’acidità dell’inchiostro e in alcuni casi si vanno sbriciolando, con il rischio di perderle per sempre. L’allarme è lanciato sul «Sole24Ore» : «Ci sono trenta libri da salvare e servono duemila euro a libro. Chi può mi aiuti» . Nei giorni successivi cominciano ad arrivare le offerte. Sia da importanti società come Arcus, la Federazione italiana tabaccai, la Land Rover Italia, la Eberhard, l’Istituto per il credito sportivo, la Fondazione credito bergamasco. Sia da privati cittadini, come Raffaele Schioppo, titolare di un’agenzia di assicurazioni a Frosinone, che ha contribuito al restauro delle carte giudiziarie contenenti le notizie dell’omicidio di Ranuccio Tomassoni da parte del Merisi nel 1606. O come Giovanni Pezzola, 86 anni, ex professore di latino e greco che ha salvato il registro in cui è annotata la leggendaria rissa scoppiata tra Caravaggio e il garzone di un’osteria vicino al Pantheon. O come Gianni Canuto, proprietario di un’impresa di autoservizi a Moncalieri, che è venuto di persona a Roma con la sua offerta e di fronte agli antichi documenti si è commosso. «Alla fine— dice Lo Sardo— abbiamo raccolto circa duecentomila euro, tre volte la cifra richiesta. Perciò abbiamo pensato di assumere sette ricercatori a contratto per rivedere tutto il corpus caravaggesco romano e farne una nuova trascrizione. Inoltre abbiamo potuto acquistare le bacheche da sistemare nella Sala Alessandrina, dove verrà allestita la mostra. E pagato un po’ di arretrati, come le bollette della luce» . Sono arrivati Federica Papi e Francesca Curti, Antonella Cesarini e Daniela Soggiu, Orsetta Baroncelli, Patrizio Scopino e Daniele Balduzzi. Sotto la guida di Orietta Verdi e Michele Di Sivo si sono messi a compulsare i manoscritti (molti dei quali saranno esposti nella mostra «Caravaggio a Roma: una vita dal vero» , dall’ 11 febbraio al 15 maggio a Sant’Ivo della Sapienza). Partendo da quelli già noti, come il documento che riporta la storia del «ferraiolo» . L’episodio risale alla sera di martedì 8 luglio 1597. Reso noto da Maurizio Marini e da monsignor Sandro Corradini una decina di anni fa, era stato interpretato in questo modo: un certo Pietropaolo, garzone di un barbiere con bottega a S. Agostino, era stato aggredito in via della Scrofa e poi incarcerato per reticenza sull’identità dell’aggressore. Sul luogo dell’assalto, Caravaggio aveva trovato un «ferraiolo» , perso durante la colluttazione e lo aveva restituito al garzone, il quale però nega di esserne il proprietario e viene incarcerato. Episodio abbastanza oscuro. Cesarini e Curti, guardando il documento, si accorgono che c’è un rimando alla carta 182 e lì trovano il bandolo. Ovvero l’origine della querela, che non era partita da Pietropaolo ma da un musico, Angelo Zanconi, vera vittima dell’assalto e proprietario del «ferraiolo» . L’interrogatorio del garzone si interrompe alla prima frase. Ma le ricercatrici indagano tra i libri degli interrogatori in carcere. E trovano il seguito. Pietropaolo Pellegrini, milanese di origine, racconta tutto. È vero che non sa trovare il pittore che gli ha riportato il «ferraiolo» , ma può dirne il nome: «Micchalangelo pittore» e lavora nella bottega di mastro Lorenzo, morto durante la Quaresima. Michelangelo parla «alla lombarda» , ha circa 28 anni, di giusta statura, robusto più che grasso, dal colorito olivastro, con la barba scura e rada, veste di nero, con delle «calzette negre un poco stracciate» , un cappello di feltro e l’abito «di mezza rascia negra» . Testimonianza importante, che permette di posticipare l’arrivo a Roma di Caravaggio all’età di oltre 25 anni e non di 19 o 22 come si pensava prima. Un’altra scoperta rivelata da questi documenti è la figura del pittore siciliano Lorenzo Carli, con il quale Caravaggio collaborò e la cui giovane moglie Faustina potrebbe aver fatto da modella per i quadri di Santa Caterina e di Giuditta e Oloferne. Un altro filone di ricerca, seguito da Daniela Soggiu, riguarda il celebre episodio della casa presa in affitto, nella quale Caravaggio avrebbe aperto una parte del tetto per far piovere luce dall’alto. Da lì si era sviluppata una serie di ipotesi sulla sua tecnica del chiaroscuro. Ora la scoperta del contratto notarile rimette tutto in gioco, perché già nel contratto il Merisi chiede di intervenire demolendo, non il tetto, ma una parte del soffitto, che separava la sala dove dipingeva da un locale soprastante. Quindi il lavoro fu fatto semplicemente per far entrare nella stanza, alta solo tre metri, le grandi tele che stava dipingendo in quel momento. Ma intorno a questi ritrovamenti principali se ne dipanano altri, «materiali su cui il ricercatore può costruire nuove ipotesi e nuove indagini» , confermano gli studiosi caravaggeschi Claudio Strinati e Alessandro Zuccari.
Lauretta Colonnelli