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 2011  febbraio 03 Giovedì calendario

TANZI EVITA L’ARRESTO. DOMICILIARI IN VILLA —

Niente carcere. Resta ai domiciliari in villa, con piscina. Calisto Tanzi, nonostante le pesanti condanne accumulate per il rovinoso crac Parmalat (10 anni per aggiotaggio in Appello, 18 in primo grado per bancarotta fraudolenta) non cambia orizzonti, almeno per ora. Dalla finestra della sua elegante dimora, ad Alberi Vigatto, alle porte di Parma, potrà continuare ad ammirare il verde del parco, i campi da tennis, la piscina e l’area giochi dei nipotini. La quinta sezione della Cassazione ha ieri infatti ribaltato la sentenza del Tribunale del riesame che aveva stabilito, come avanzato dalla Procura di Milano, la custodia in carcere per l’ex patron di Collecchio, richiesta ribadita ieri in udienza a porte chiuse anche dal sostituto procuratore generale, Vito Monetti. E’ una sentenza con rinvio, non una decisione definitiva. I giudici, pur non ritenendo sufficienti le motivazioni a favore della detenzione, non l’hanno comunque del tutto esclusa, rimandando la pratica al tribunale del Riesame. Erano le 7 di sera quando Tanzi, 73 anni, l’uomo del grande crac Parmalat del 2003 (buco da 14 miliardi di euro, debiti per 13 miliardi di dollari, 2500 creditori, 35 mila obbligazionisti, molti dei quali ridotti in rovina) ha ricevuto la notizia dall’avvocato Fabio Belloni. «Lui e la moglie erano in villa, in trepidante attesa da ore — ha affermato il legale —. Hanno accolto con enorme sollievo e qualche lacrima la decisione della Cassazione. Il mio cliente, causa anche le sue precarie condizioni di salute, vive come un incubo la prospettiva del carcere...» . Un incubo che si allontana, almeno per ora. La richiesta di arresto della Procura di Milano (in un primo tempo respinta dalla Corte d’appello, ma poi accolta dal Tribunale del riesame lombardo) era fondata sul timore di una possibile fuga dell’ex patron di Collecchio: un’ipotesi ritenuta «altamente probabile» dai magistrati, considerando le notevoli disponibilità economiche di cui tuttora può vantare Tanzi, tali da potergli eventualmente consentire una lunga latitanza. A complicare le cose, amplificando l’allarme della Procura, ha poi contribuito anche il ritrovamento nel 2009 del cosiddetto «tesoretto» , che, ripetutamente e pubblicamente smentito dall’ex manager, è stato invece scoperto dalla Finanza negli scantinati e nelle soffitte di amici non si sa quanto consapevoli: mobili, oggetti di pregio, ma soprattutto tele (tra cui Van Gogh e Picasso) per un valore di decine di milioni. Ormai in caduta libera, all’ex patron, che un tempo trattava alla pari con i grandi della Prima Repubblica, sono stati di recente revocati dal Quirinale, «per indegnità» , le onorificenze di Cavaliere del lavoro e Croce al merito. Logico quindi il sospirone di sollievo con il quale i legali hanno accolto la pronuncia della Cassazione. «I giudici hanno ritenuto che la valutazione dei pericoli di fuga deve basarsi su elementi concreti — ha detto Giampiero Biancolella, anche lui del collegio difensivo — e probabilmente non hanno considerato un indizio di fuga il viaggio in Ecuador fatto da Tanzi nel 2003, dato che poi il mio cliente rientrò in Italia, pur sapendo di rischiare l’arresto» . Si resta in villa, quindi. Anche se non c’è molto da festeggiare. Tra udienze, ricorsi e risarcimenti, il futuro del signore di Collecchio è tutt’altro che invidiabile. I 10 anni ai quali l’ha condannato nel maggio scorso la Corte d’appello di Milano per aggiotaggio saranno presto all’esame della Cassazione, mentre occorrerà un po’ di pazienza per sapere se sarà confermata la sentenza di primo grado con la quale nel dicembre scorso il Tribunale di Parma l’ha condannato a 18 anni per bancarotta fraudolenta.
Francesco Alberti