Sarah El Sirghay, Corriere della Sera 03/02/2011, 3 febbraio 2011
DIARIO DAL CAIRO
Il pugno di un dittatore finito
Il discorso fatto martedì notte dal presidente ha creato una spaccatura. Era chiaro mercoledì mattina. Chi stava in piazza Tahrir diceva che non poteva andarsene per rispetto a chi aveva perso la vita. Mubarak aveva fatto delle promesse, non aveva preso decisioni. Ma per altri, fuori, Mubarak aveva fatto concessioni senza precedenti. La vita avrebbe dovuto tornare alla normalità. La mia apprensione per questa spaccatura è cessata a mezzogiorno. Nelle strade, piene per 8 giorni del furore dei manifestanti, con l’eccezione di chi tornava al lavoro per pranzo, all’improvviso c’era gente che gridava: «Lunga vita a Mubarak» . «Sì, vogliamo che le manifestazioni finiscano, ma non griderei mai a favore di Mubarak» , mi ha detto un uomo. Ho visto un camion che trasportava manifestanti pro-Mubarak in centro, una scena che ricordava le elezioni, quando le aziende statali mandavano i dipendenti a votare per il partito al potere. Pensavo fossero provocazioni, ma è stato un attacco organizzato di poliziotti in borghese contro i manifestanti. Brutale, più di venerdì e sabato. A Tahrir, la gente disarmata, colpita da pietre, alla fine ha reagito per difendersi. I pro-Mubarak, in groppa a cavalli e cammelli, hanno usato le molotov. La speranza è che questa strage sia l’ultimo spasmo di un dittatore in fuga.
Sarah El Sirghay