Marzio Breda, Corriere della Sera 03/02/2011; Giovanna Cavalli, ib., 3 febbraio 2011
2 articoli - NAPOLITANO, APPELLO ALLE ISTITUZIONI: «USCIRE DALLA SPIRALE DEGLI SCONTRI» — Nelle acque tempestose della politica in questi giorni, la metafora giusta da evocare è per Giorgio Napolitano quella del gorgo oscuro, del vortice che inghiotte tutto
2 articoli - NAPOLITANO, APPELLO ALLE ISTITUZIONI: «USCIRE DALLA SPIRALE DEGLI SCONTRI» — Nelle acque tempestose della politica in questi giorni, la metafora giusta da evocare è per Giorgio Napolitano quella del gorgo oscuro, del vortice che inghiotte tutto. L’immagine da proporre, insomma, è per lui quella della «spirale ormai insostenibile di contrapposizioni, arroccamenti e prove di forza da cui può soltanto uscire ostacolato qualsiasi processo di riforma» . Se vogliamo superare la nostra transizione infinita, avverte, bisogna «uscirne» . Il che, detto alla vigilia di un cruciale voto della Bicameralina sul federalismo, significa ripristinare «un clima di corretto e costruttivo confronto in sede istituzionale» . Altrimenti nulla si può davvero fare nell’interesse dell’Italia. Nulla, ad esempio, «per portare a concrete applicazioni» il nuovo Titolo V della Carta costituzionale, e che è il primo banco di prova di una sincera buona volontà. Cioè i capitoli municipali del federalismo fiscale, materia che è la ragion d’essere della Lega e sulla quale si registrano fratture nello stesso Pdl. Si tiene in linea con i suoi ripetuti richiami a una civilizzazione del confronto, il capo dello Stato. E, dato che il barometro della politica indica altre burrasche in arrivo e che alcuni hanno azzardato perfino ipotesi su suoi interventi risolutivi (come uno scioglimento autonomo delle Camere), si concede un doppio chiarimento: 1) non è suo compito «intervenire e interferire sulla dialettica tra le forze politiche e sociali» ; 2) suo «fondamentale dovere» è invece «rappresentare l’unità nazionale che si esprime nel complesso delle istituzioni» . Vale a dire che, se da un lato non eserciterà forzature improprie cui qualcuno pretenderebbe di spingerlo, dall’altro lato farà però tutto ciò che rientra nei suoi poteri per proteggere le istituzioni dal conflitto estremo così come si profila oggi. Meglio quindi che da ogni parte si depongano le armi, e subito: ecco il significato dell’appello/avviso. Che sembra un ultimo tentativo di scongiurare la fine anticipata della legislatura e che è maturato forse da qualche segnale di disponibilità al negoziato raccolto dal presidente. Fatto sta che Berlusconi, per uscire dall’angolo, dichiara di «condividere» il richiamo vestendo gli inediti panni dell’uomo dialogante. Lo fa sapere subito, con una nota ufficiale diramata da Palazzo Chigi. Giorgio Napolitano parla da Bergamo. E in questa che è una delle più fidelizzate province «padane» , ma anche la «città dei Mille» per il contributo di 180 camicie rosse che diede all’impresa di Garibaldi, ad accoglierlo trova piazze e strade impavesate di tricolori e grande calore di folla. Dal municipio al teatro Donizetti alla città alta, tutti, compresi i proconsoli della Lega, gli tributano stima e sostegno quasi imbarazzanti. Tanto da strappargli un commento stupito: «Come si fa a sostenere che il Risorgimento fu una vicenda da meridionali? Tutti si riconoscono nel Tricolore» . Si guarda intorno compiaciuto, il capo dello Stato, ed elogia le realtà politiche e istituzionali periferiche, dove si percepisce «un clima più sereno che a Roma» , ossia meno incline alla controversia permanente che avvelena la vita pubblica. Questione di impegno. «Dal mio punto di vista» , spiega, «è un bene perché così si affrontano i problemi senza sacrificare differenze e contrasti mentre si fa quello sforzo collettivo unitario che è indispensabile per il progresso del Paese» . È un’altra tappa del Giubileo della Nazione. Napolitano lo evoca precisando che le celebrazioni non hanno intenti retorici, che è giusto parlare anche dei «vizi d’origine» di quell’unificazione, tra i quali l’imprinting di «accentramento piemontese» corretto poi dalla Costituzione repubblicana. E ricorda, tra gli applausi, Carlo Cattaneo e la sua idea federalista, «contraria alla fusione e non all’unità» . Infine, tornando all’aria che tira in Italia, punge un po’ anche i mass media. «Ormai c’è uno spazio abnorme, nei telegiornali e nei notiziari, dedicato alla cronaca nera e giudiziaria. Queste notizie hanno preso il posto di notizie essenziali come, ad esempio, le informazioni internazionali, spesso sottaciute» . E ancora: «Molto spesso l’informazione è gridata e c’è una gara a chi grida di più. Occorre un’informazione più responsabile, più pacata», tale da consentire alla politica di indirizzarsi a «maggiore correttezza e sobrietà» . Marzio Breda E I DIRETTORI DEI TG: HA RAGIONE, NOI PERO’ NON C’ENTRIAMO — Sono tutti in sintonia con Napolitano i direttori dei telegiornali. Chiamati in causa dal monito del capo dello Stato sullo «spazio abnorme dedicato alla cronaca nera e giudiziaria» e sottratto invece alle news dal mondo. Ma ciascuno è convinto, evidentemente, di non essere il diretto interessato. «Non posso che concordare con il presidente» dice Augusto Minzolini dalla prima scrivania del Tg1. «Credo che il nostro sia il telegiornale che dà più spazio agli esteri, sono altri che dovrebbero riflettere sulle sue parole. Quando abbiamo aperto con le notizie provenienti dalla Tunisia, invece che sul caso Ruby, siamo stati ampiamente criticati. Avevamo invece capito l’importanza di quello che stava succedendo in una zona strategica per l’Italia» . Dà ragione a Napolitano anche sui toni. «Cerchiamo di mantenerli sempre equilibrati e pacati ed è proprio questo che ci viene rimproverato» . In parallelo dal Tg5 risponde Clemente Mimun: «È assolutamente vero che l’informazione in tv non dedichi tempo sufficiente alle questioni internazionali» ammette. Però spiega anche il perché di certe scalette. «Misteri, delitti e cronaca giudiziaria suscitano da sempre molto più interesse nei telespettatori italiani. Basti guardare i risultati degli speciali dedicati ad Avetrana, Cogne e via Poma rispetto a quelli sulle crisi in Tunisia ed Egitto» . E un direttore deve necessariamente guardare anche a questo. Quanto ai toni più sobri, invocati dal Quirinale, secondo Mimun «è la politica che deve abbassare i toni perché i giornali possano descrivere un confronto e non uno scontro» . Emilio Fede del Tg4 invoca per il presidente la protezione divina: «Napolitano è sempre stato un uomo di grande equilibrio, responsabilità a grandissime doti umane, che Dio ce lo conservi sempre» . E si dichiara da sempre un nemico dei toni concitati: «Il garantismo è un principio indispensabile in un Paese democratico e non lo dico solo oggi per le vicende che vivo sulla mia pelle» . Alla guida del Tg3, Bianca Berlinguer sottolinea la loro diversità. «Noi tradizionalmente diamo poco spazio alla cronaca nera. Secondo i dati dell’Osservatorio di Pavia negli ultimi quattro mesi del 2010 siamo all’ultimo posto per minuti dedicati. Della giudiziaria invece, in questo momento, è difficile non parlarne. Invece siamo stati i primi a mandare un inviato in Egitto. Comunque terremo nella dovuta considerazione le parole del presidente» . Su cui si allinea anche Enrico Mentana, direttore e conduttore del tg su La7, ma senza sentirsi chiamato in causa personalmente sulla poca sobrietà: «Il nostro notiziario si è sempre ispirato a principi di equilibrio e responsabilità» . Giovanna Cavalli