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 2011  febbraio 03 Giovedì calendario

ABBANDONATI I TESORI MAFIOSI


La burocrazia rischia di vanificare i risultati della lotta al crimine organizzato. Solo pochi giorni fa il ministro dell’Interno Roberto Maroni sottolineava con orgoglio come i beni sequestrati alle mafie fossero aumentati del 300% rispetto al 2009, ribadendo l’impegno dello Stato nel contrastare le attività criminali.

A leggere l’ultima relazione del ministero della Giustizia sulla consistenza, destinazione e utilizzo degli stessi beni emerge però un quadro tutt’altro che entusiasmante. Ad oggi, infatti, giacciono nei depositi giudiziari beni per oltre 147 milioni di euro, più di 7 mila cespiti sequestrati e già confiscati definitivamente che attendono solo di essere destinati. Una situazione che è peggiorata sempre di più negli ultimi anni. Dal 2006 al 2008, infatti, la consistenza e il valore dei beni assegnati definitivamente era aumentato con ritmi consistenti: 171 proprietà per 31 milioni nel 2006; 517 per 96,5 milioni nel 2007; 802 per 163 milioni nel 2008. Da allora il trend si è modificato drasticamente: i beni confiscati con destinazione si sono ridotti a 586 per un valore di 106,6 milioni nel 2009 e solo 230 pari a 27 milioni lo scorso anno. Complessivamente, su 69 mila proprietà sequestrate dalle forze dell’ordine nel corso degli anni, solo il 34% (23mila beni) sono stati confiscati, e di questi solo due/terzi hanno avuto una destinazione definitiva. Senza contare che spesso le banche dati non sono assolutamente aggiornate e, come si legge ancora nella relazione del ministro Angelino Alfano, non è stato neanche possibile capire a quanto ammontasse il valore dei beni sottratti a mafia, camorra e ’ndrangheta. Come detto le cause vanno cercate nella burocrazia e nel rimpallo di responsabilità tra gli apparati dello Stato. Gli uffici di Via Arenula parlano di «grave inconveniente verificatosi di recente, con il passaggio delle competenze a emanare i decreti di destinazione dalle Agenzie del demanio alle Prefetture (agosto 2009) e poi all’Agenzia nazionale per i beni confiscati (marzo 2010)». Il risultato? Al ministero di Giustizia non sono più arrivati i dati sui valori dei beni sottratti al crimine. Ma non è tutto, visto che per la direzione generale degli affari penali del dicastero di Alfano è un’impresa persino sapere a quali proprietà criminali lo Stato abbia messo i sigilli. Anche in questo caso Demanio, Prefetture e Agenzia nazionale per i beni confiscati «non alimentano direttamente la banca dati» ministeriale, compromettendone così l’efficacia.

Una situazione ormai insostenibile, soprattutto per gli addetti ai lavori. Come ricostruito nei mesi scorsi da MF-Milano Finanza (vedi articolo del 20 agosto 2010) ben due commissari incaricati di liquidare alcuni beni confiscati alla criminalità avevano gettato la spugna esasperati dai continui rimpalli di competenza tra un ufficio e l’altro. Così dopo due anni di tentativi vani, impossibilitati a portare a termine il loro lavoro, Andrea Ferrari e il professore Emanuele D’Innella si erano dimessi rinunciando agli incarichi.

Tornando ai dati statistici, emerge un incremento delle attività sequestrate nelle città di Roma, Milano e Torino, segnale ulteriore di come ormai il malaffare si stia spostando sempre più dal Mezzogiorno verso le piazze più ricche del Paese. Per rendersene conto basta confrontare i dati del 2006 con quelli del 2010. Cinque anni fa i beni sequestrati nel Centro-Nord erano stati solamente 122, un decimo di quanto bloccato solo quattro anni dopo: nel 2010 le forze dell’ordine hanno posto i sigilli a oltre 1.100 proprietà criminali. Nel dettaglio, il mattone resta l’investimento preferito per boss e picciotti. Più della metà (52%) dei 70 mila beni sequestrati sono di fatto immobili, un trend costante nel corso degli anni. Aumentano, invece, le attività imprenditoriali e finanziarie sottratte alla malavita, che rappresentano ormai il 17% dei beni complessivi. Tra società per azioni, cooperative, obbligazioni e pacchetti azionari sono più di 11 mila i cespiti finiti sotto sequestro.