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 2011  febbraio 02 Mercoledì calendario

HISTOIRE D’O(BAMA)

«Anche se aveva dato per scontato che ciò non sarebbe avvenuto, O aveva sperato di vedere il Barracuda (nomignolo di Sarah Palin da quando giocava a basket al liceo, per la sua aggressività NDR), come a lui piace chiamarla, tra i candidati nelle primarie del GOP. O sapeva che non poteva essere così fortunato, ma si era immaginato una corsa contro di lei. Se l’immaginava mentre parlava a un rally dei suoi fedeli. Lei era là, i capelli raccolti e pressati sulla testa, il mento all’infuori, l’ aria di sfida, madre e predatrice, attraente e pericolosa. Intrigato dalla prospettiva di incontri personali con lei, più intrigante ancora, per O, era l’idea di correre contro la perfetta personificazione dell’opposizione: quelli che lo vedono come un ultra-istruito e vezzeggiato snob». Sarah è nei sogni di Barack, ma chi pensa all’americano “O, un romanzo presidenziale” come a una intrigante riedizione della “Histoire d’O”, il celebre libro della letteratura pornografica francese degli Anni ’50, è completamente fuori strada.
L’unica cosa in comune è il lancio commerciale, in entrambi i casi basato sulla trovata di non dire subito il nome dell’autore, nella speranza (fondata) di avere un surplus di pubblicità. Infatti, da settimane, il giallo ha prodotto una serie di “candidati”. Nel romanzo su Barack, che nel testo è sempre chiamato O, non c’è nulla di più di ciò che si sa già, o non si sa, di lui, anche se la penna è di uno che, secondo la versione dell’editore Simon & Schuster, “è stato nella camera con il presidente”. Joe Klein, che negli Anni 90 pubblicò un libro su Bill Clinton senza firmarlo e riuscì a tenere il segreto per sei mesi, era il primo sospettato ma ha smentito dicendo che “l’autore anonimo è una cosa che si fa una volta nella vita”. Poi sono girati i nomi di Robert Gibbs, capo ufficio stampa uscente della Casa Bianca, e degli altri del giro degli intimi di Barack, David Axelrod, Rahm Emanuel, David Plouff e Anita Dunn, fino ad arrivare al giornalista conservatore del New York Times, molto moderato, David Brooks, e al sodale degli anni di Chicago, il terrorista del gruppo Underground Bill Ayers, oggi professore. Tutti costoro hanno negato, e il giornalista di Politico.com Ben Smith che glielo aveva chiesto è entrato anche lui tra i sospettati.
Ora pare proprio che la caccia sia chiusa. Non è stato uno della parte di Obama a comporre il ritratto futuribile di Obama alle prese con la rielezione l’anno venturo, ma un braccio destro di John McCain, Mark Salter, che con il candidato Repubblicano co-firmò nel 2008 la sua biografia “La fede dei miei Padri”, allo scopo di farlo eleggere. Secondo Mark Halperin, l’informato insider di Time Magazine, l’autore è proprio Salter. Avrà scritto O per fare un favore ai Repubblicani, visto come era andata l’altra volta?
Di sinistra o di destra che sia la mano che ha steso il testo, il risultato è un Obama in declino, egocentrico ma inaffidabile, e proiettato nel futuro delle presidenziali 2012. Devoto padre di famiglia, bravo a fare i discorsi e acuto stratega politico, che per la verità riecheggia più il Barack delle agiografie della prima ora che non il presidente reale del primo biennio: quello, per intendersi, che ha fatto appisolare tutti nel suo scialbo discorso sull’Unione, e che con la sua “regia” politica ha fatto perdere 63 deputati e la maggioranza alla Camera al suo stesso partito alle elezioni di novembre. Con qualche cenno di irriverenza nella descrizione di uno che fuma, fa roteare gli occhi in segno di superiorità e disprezzo ascoltando i commentatori delle tv via cavo ed è sbalordito per il modo in cui i suoi sforzi di salvare l’economia sono sabotati dagli avversari e non capiti dagli elettori. Invece, c’è benevolenza nella frase «Ecco qui, Mister President, una grande, grassa, catastrofica recessione globale, cortesia del tuo predecessore». Sembra tratta dai discorsi della sua campagna passata, e c’è tanta nostalgia.
Il profilo che esce dal libro è una summa di elementi anche banali: è nero, con due figlie e una bella moglie. Ma è esausto dopo la batosta del mid term e si rifugia nel golf : «I Ceo possono giocare a golf. I generali possono giocare a golf. I membri del Congresso possono giocare a golf ogni cavolo di weekend. Ma se il Presidente si fa una partita nel fine settimana, la stampa lo dipinge come un pazzo in un servizio trasmesso subito dopo uno sull’Afghanistan», si lamenta O.
Il romanzo spopola fra gli addetti ai lavori nelle vendite su Amazon è solo trecentesimo. Traducendo: gli americani non ne possono più di O, vero o finto.