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 2011  febbraio 02 Mercoledì calendario

Se la Scienza vuole ridurre il genio a una malattia - Ormai non passa giorno senza che salti fuori qual­che ricerca «scientifica» che meriterebbe al più di essere pubblicata a fumetti

Se la Scienza vuole ridurre il genio a una malattia - Ormai non passa giorno senza che salti fuori qual­che ricerca «scientifica» che meriterebbe al più di essere pubblicata a fumetti. Ora si fa avanti il progettista del «coscienziometro», pur confes­sand­o di non sapere cosa sia la co­scienza e come si possa misurare. Poi c’è la ricerca che determina il modo in cui la fede e l’ateismo in­flu­enzano la percezione delle im­magini. Altri annunciano che il perfezionamento degli occhiali 3D permetterà di trasferire la no­stra vita nel mondo virtuale. Un’altra ricerca però avverte che il 40% di coloro che usano quegli occhiali escono dal cinema col mal di testa. Ci si chiede: che sen­so ha procurarsi un mal di testa nel mondo virtuale invece di to­glierselo con una passeggiata al sole e al vento del mondo 3D rea­le? Domande da retrogradi. C’è poi il mondo di chi spiega che i na­ti in dicembre avranno una vita di insuccessi o studia come la nasci­ta in luna piena influenzi la vita professionale: un vasto campo di ricerche di cui varrà la pena parla­r­e per le sue implicazioni nella sfe­ra dell’istruzione. L’ultima segnalazione riguar­da una ricerca di un gruppo di scienziati spagnoli, Manuel Vazquez Caruncho e Francisco Branas Fernandez del «Com­plexo Hospitalario Xeral-Calde» di Lugo. In un articolo pubblicato sulla rivista Medical Humanities spiegano di aver fatto una «sco­perta », attraverso l’analisi di do­cumenti d’epoca. È noto che il grande musicista Fryderyk Cho­pin aveva la tendenza a sognare a occhi aperti mentre suonava il pianoforte. La sua amante Geor­ge Sand definiva questi stati co­me «la manifestazione di un ge­nio pieno di sentimenti e di espressione». Niente affatto. Era­no soltanto gli accessi di una for­ma di epilessia del lobo tempora­le. Ed ecco liquidate centinaia di pagine sullo stile di Chopin, sulla sua estetica musicale romantica: era mera patologia cerebrale. Questo genere di riduzionismo non è nuovo. Anni fa si era detto che la scienza era in procinto di spiegare che il sentimento di tra­scendenza e la religiosità mistica sono forme epilettiche. Insom­ma, Galileo, Newton, Keplero, e tanti altri erano grandi scienziati che però avevano un difetto cere­brale. Ora la nuova disciplina del­la «neuroteologia»avrebbe indivi­duato le conformazioni neurona­li responsabili del senso di tra­scendenza. La discussione verte sulla questione se si tratti di qual­cosa destinato a sparire da sé nel processo evolutivo o se il progres­so delle neuroscienze permette­rà di eliminarlo con un intervento esterno. Emerge un programma interes­s­ante per la sociologia della scien­za: indagare le cause per cui tanti ricercatori, invece di occuparsi di questioni scientifiche serie, impe­gnano tempo, energie e fondi pubblici e privati per«studiare»si­mili bestialità. Ma è evidente la motivazione ossessiva di tutte queste «ricerche»: tentare di di­mostrare in qualsiasi modo che non esistono processi mentali, che non esistono pensieri o senti­menti, anzi, che non esiste cultu­ra di alcun tipo, bensì soltanto processi cerebrali, e che molte delle costruzioni culturali che consideriamo reali da secoli - let­teratura, musica, arti figurative, fi­losofia e, in particolare, la religio­ne - sono soltanto frutto di confi­gurazioni neuronali, in molti casi patologiche. Il romanticismo mu­sicale, la filosofia di Platone, la reli­giosità di Galileo, sono soltanto malattie. Del resto, il discorso non è nuo­vo e con la scienza non ha niente a che fare, è pura e semplice ideo­­logia: si vanta come un grande progresso il fatto che la tecno­scienza abbia rivolto la sua atten­zione all’uomo, non consideran­dolo come qualcosa di particola­re e specifico, ma come un ogget­to da studiare con i metodi delle scienze naturali, come se fosse una pietra o una pianta. La «natu­ralizzazione » dell’uomo fa spari­re tutta la sua cultura e con essa anche la morale, l’etica, produce un totale svuotamento di senso. Non soltanto la religione, ma an­che il «mondo morale dentro di noi» di cui parlava Kant sono spaz­zati via. Non esistono «principi» o comandamenti morali, ma sol­tanto credenze passeggere che non sono neppure costrutti cultu­rali, ma mere conformazioni cere­brali contingenti. È evidente che questo scienti­smo d’accatto­perché i suoi pro­dotti sono di una miseria tale da offendere la sola menzione della scienza- porta acqua al mulino di quelle ideologie che vogliono fa­re a pezzi l’odiato «essenziali­smo » della cultura occidentale, la sua pretesa di aver stabilito, sia pure attraverso grandi difficoltà, contraddizioni e anche tragedie, i capisaldi morali di società basate sul rispetto della persona. Naturalmente si dirà che non è così, che chi cerca di ricondurre a una spiegazione «razionale» e «scientifica» i processi mentali e culturali e i fondamenti della mo­rale o del senso di trascendenza, ingaggia una nobile lotta contro i miti e le credenze irrazionali e of­fre a tutta l’umanità una via per li­berarsi da questi fantasmi. Già. Peccato che più s’insiste in que­sta direzione e più cresce la quota dell’umanità che non ne vuol sa­pere e che guarda alla tecnica in modo meramente strumentale senza per questo rinunciare alle proprie credenze, ai propri miti e alla propria religione. Raramente si è visto un periodo nella storia dell’umanità di tanto ampia diffu­sione delle religioni e del mistici­smo, in particolare nelle forme fondamentaliste più estreme (in­clusa quella del fondamentali­smo scientista...). Siamo di fronte a un’epidemia di forme epiletti­che? O forse il farmaco non fun­ziona? Un divulgatore scientifico molto popolare nel popolo viola ha dichiarato di recente che «per capire il mondo e per cambiarlo si potrebbe fare a meno della lette­ratura, non della matematica. Nell’antichitàc’èstata molta ma­tematica prima ancora dei grandi poemi: la letteratura è una rifles­sione, quindi è posteriore».A par­te la sciocchezza - matematica e scrittura sono nate insieme e i mi­ti poetici certamente prima, nelle forme orali- ha senso privarsi del­la dimensione razionale che offre la letteratura e, aggiungo, la rifles­sione filosofica, la sensibilità arti­stica, la religione? Non sarà che il fondamentalismo dilaga proprio perché la dimensione della razio­nalità scientista da sola è impo­tente a fronteggiare questo feno­meno, se addirittura non lo ali­menta? Dicevamo che sembra che il far­maco non funzioni. Ma sembra invece che funzioni proprio qui in occidente, con la conseguenza di fare a pezzi l’idea che possano esistere solidi principi morali su cui basare la convivenza. Le tradi­zioni ebraica e cristiana hanno combattuto per affermare l’idea che alcuni principi, come «Non uccidere» o «Ama il tuo prossimo come te stesso», sono basilari, non negoziabili e debbono costi­tuire il fondamento della società. E,malgrado tutto,qualche risulta­to l’hanno ottenuto, visto che i pa­esi occidentali sono quelli in cui tanta gente preme per venire a vi­vere. Ma ora non è più soltanto un fondamentalismo relativista a predicare che quei principi sono opzioni che valgono quanto la po­ligamia o il taglio della mano: se ne offre la«dimostrazione»(fasul­la) riducendoli a processi neuro­nali, per giunta patologici, in quanto frutto del trascendentali­smo religioso. Si dice da più parti che il multi­culturalismo è un fallimento. Bi­sognerebbe aggiungere che an­che lo scientismo d’accatto di cui abbiamo parlato è un fallimento. Eppure entrambi continuano a imperversare come espressione di quel male che lo storico Franço­is Furet ha definito l’«odio di sé» dell’Occidente.