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 2011  febbraio 02 Mercoledì calendario

L´ABBRACCIO DELLA FOLLA AI MILITARI L´ESERCITO "GARANTE" DELLA PIAZZA - IL CAIRO

«Shukran», dice il giovane tenente a fianco del suo carro armato Abrams schierato di traverso sul lungo Nilo a qualche centinaio di metri da Piazza Tahrir, mentre allunga la mano su un vassoio di datteri freschi che Gamila e sua figlia Mona gli porgono con un sorriso, per nulla intimorite dalla mole del tank. «Sono i nostri ragazzi, non hanno niente a che fare con la mafia di Mubarak», dice con cortesia Gamila mentre si aggiusta la bandiera egiziana a mo´ di mantello sulle spalle, «stanno qui da stamane all´alba e un frutto dolce non può che far piacere».
Difficile ruolo, quello dell´esercito egiziano in questo momento. Anche ieri si è trovato in prima linea di fronte a una situazione esplosiva, in mezzo tra una folla di due milioni di persone su cui ha solennemente promesso di non intervenire e il presidente Hosni Mubarak, da cui ha preso le distanze ma senza ancora abbandonarlo definitivamente. Se lo facessero rischierebbero di mettere in pericolo un sistema di cui alla fine sono ormai gli ultimi garanti, con grandi svantaggi politici ed economici per tutto il Paese. Se si prestassero a una repressione violenta per difendere un regime che si sbriciola perderebbero quel rispetto e simpatia che hanno sempre avuto da parte della gente - al contrario invece dell´odiata polizia dalle divise blu - senza nessuna garanzia di poter mantenere l´ordine. Consapevole dell´abbraccio della folla, che ormai da otto giorni ha invaso le strade e le piazze del Cairo, il maresciallo Mohamed Hussein Tantaui deve aver dato degli ordini ben precisi ai suoi generali: nessun intervento se non ci sono atti violenti da parte dei manifestanti.
È l´esercito che in questo momento ha la responsabilità storica di assicurare al gigante del mondo arabo una transizione pacifica verso la democrazia. Quando un presidente decide di appellarsi ai militari, alla fine sono loro che decidono, e in Egitto hanno deciso di dire chiaramente che sono con le richieste di democrazia della gente, che le aspettative della piazza sono le loro aspettative. Gli elicotteri che ieri sorvolavano Piazza Tahrir hanno lanciato volantini sulla folla con un semplice messaggio: «Calma e ordine. L´esercito è dalla parte del popolo». Per uscire da questa impasse i militari potrebbero sostenere «una sorta di transizione in accordo con il vecchio regime, come chiedono gli americani, mantenendo la stabilità del paese e garantendo il cammino verso una vera democrazia», spiega Elijah Zarwan, analista per l´Egitto dell´International Crisis Group.
L´esercito, forte di 450 mila uomini, ha dato all´Egitto tutti i suoi presidenti dopo la caduta di re Faruk, nel 1952, per il colpo di mano degli "Ufficiali liberi" guidati da Gamal Abdel Nasser. È un´armata di coscritti, di giovani che devono prestare servizio per due anni, ed è difficile chiedere a ragazzi di vent´anni di aprire il fuoco sulla gente. «L´esercito è rispettato e non ha nessuna tradizione di repressione di movimenti popolari, un´incombenza che in questi anni è stata affidata alla polizia e ai reparti speciali anti-sommossa», spiega Amr al-Shobaki, del Centro di studi politici al-Ahram del Cairo. Lo dimostra anche la posizione dei Fratelli Musulmani - la potente organizzazione islamica conservatrice, principale forza d´opposizione - che si sono felicitati «della gloriosa posizione assunta dall´esercito, che ha scelto di stare dalla parte della gente e delle richieste di democrazia che vengono dal popolo».
Certo molti dei carri armati ora che stanno presidiando i siti strategici egiziani sono americani. È impressionante la mole di aiuti militari che gli Stati Uniti da decenni riservano all´Egitto di Mubarak, ritenuto fino ad oggi uno dei Paesi più affidabili dell´intera area mediorientale. Comprensibile quindi l´estrema prudenza e preoccupazione con la quale Washington sta osservando in queste ore l´evolversi della situazione. I dati del Dipartimento di Stato fissano a 1,3 miliardi di dollari l´anno i finanziamenti militari americani. Washington ha fornito in questi ultimi anni all´Egitto caccia, carri armati, elicotteri, batterie anti-missile, equipaggiamenti militari per fanteria. Armamenti che dimostrano il rating di alta affidabilità che gli Stati Uniti hanno assegnato all´Egitto sin dal lontano 1979, quando il Cairo firmò il trattato di pace con Israele. E a Washington non piacerebbe certo che adesso queste armi possano essere rivolte contro la gente nelle strade che si è unita in un solo slogan: «Vogliamo la democrazia».