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 2011  febbraio 03 Giovedì calendario

IL MEDIOEVO NON PIACE AL POETA BONDI

L’allarme è stato lanciato dal presidente dell’Istituto storico per il Medioevo, lo studioso Massimo Miglio e da Franco Cardini, docente di Storia, corsaro della cultura italica ed esperto proprio di quel periodo dal quale si fanno discendere tanti degli accadimenti dell’Italia di oggi. Grazie al pasticcio della Finanziaria varata qualche settimana fa da un governo a sua volta pasticciato, questa istituzione culturale pubblica, 150 anni di vita, si è vista già decurtare il contributo pubblico da 190 a 157 mila euro. Con 157 mila euro, l’Istituto sarà costretto a decidere: sotto-pagare gli stipendi annui dei cinque dipendenti? Oppure pagare le bollette e l’affitto al Comune di Roma? Oppure, drasticamente, chiudere bottega e basta. Con il contributo finanziario falcidiato, non si arriva alla somma necessaria per i cinque stipendi nei dodici mesi. Ma solo ai denari per accendere la luce, avviare i computer, riscaldare (poco) la sede nel cuore storico di Roma, completare alcune pubblicazioni scientifiche ormai quasi in fase di stampa.
Risultato immediato: il taglio dei dipendenti dell’Istituto (presidente e membri del direttivo insegnano in vari atenei e nell’istituto lavorano a titolo completamente gratuito). Dipendenti per i quali i denari per gli stipendi non ci saranno più. Subito dopo, toccherà alla ricerca, alle pubblicazioni, alla scuola di formazione. E, infine, alla bellissima biblioteca che non si arricchirà nemmeno di una pagina. Non solo. Questi tagli rischiano di essere solo i primi di una lunga serie di colpi di accetta che sfoltiranno i fondi ancora di più. Nel giro di pochi mesi. Soprattutto, nel disinteresse più diffuso. Normale, anzi sacrosanto, che al secondo piano di piazza dell’Orologio , a Roma, si vivano momenti di apprensione. E di rabbia. Contenuta, dignitosa: comunque palpabilissima.
La stessa che manifesta lo stesso Cardini, disposto “a compiere anche un gesto clamoroso di protesta. Perché il licenziamento dei cinque funzionari dell’istituto vuol dire ovviamente metterli in mezzo a una strada e questo è inaccettabile. Poi, c’è il nostro lavoro di ricerca. Vogliamo dirlo? Preparare di fatto la chiusura dell’istituto per il Medioevo proprio nei mesi di ricorrenza dei 150 dell’Unità d’Italia, è uno schiaffo e un’umiliazione per tutti gli italiani”. Ma Cardini – che i tedeschi definirebbero “Querdenker”, ovvero pensatore trasversale, fuori dagli schemi – va oltre: “Ho anche pensato allo sciopero della fame, anche se da cattolico avrei dei limiti per farlo. E oltre tutto sarebbe una sorta di ricatto verso le istituzioni. Del resto non è possibile che il governo e il ministero dei Beni culturali confondano realtà dalle attività sconosciute con un Istituto come quello del Medioevo, che è statale, così come sono i cinque dipendenti che rischiano di andare a spasso...”.
Tutto, o quasi, aggiunge il medie-vista fiorentino, è nelle mani “di un certo dottor Fallace, direttore generale del Mibac. Giudico impensabile che questo signore non si assuma la responsabilità, molto relativa del resto, di quantificare i contributi per il nostro istituto e dunque salvarne la sopravvivenza. Se ci tagliano i fondi per la biblioteca, per la ricerca, i danni saranno enormi ma queste cose aberranti un governo le può anche decidere. Salvo assumersene, ovviamente, tutta la responsabilità. Ma licenziare cinque propri dipendenti, no, lo Stato proprio non deve poterselo permettere”.
Anche in questo periodo in cui si parla molto di presunte nipotine di leader politici egiziani, Franco Cardini ha l’ottica e l’approccio dello storico: “Eh già, guardiamo alle esasperazioni sociali e a quanto sta accadendo al Cairo, ma non solo. Siamo sicuri che, anche sul piano delle emergenze e dei tagli culturali, in Italia non si viva un disagio altrettanto pesante? E almeno in Egitto si muove il Paese reale, da noi si parla soprattutto di prostitute e di chi sborsa belle somme per averle, altrimenti...”. A proposito di denari, la cultura paga, in Italia, secondo Franco Cardini? “Guardi, da noi qualcuno ipotizza addirittura parchi a tema dedicati alla storia, Medioevo compreso. Non ne voglio neanche parlare: assurdità e stupidaggini vere e proprie. Qualcuno ha attribuito (magari lo ha detto davvero) al ministro Tremonti la frase secondo la quale con la cultura non si mangia...”. La cultura costa, ma l’incultura costa di più, sostiene l’ex assessore romano Umberto Croppi, citando un certo Pablo Neruda. E lei, Cardini? “Lo ha detto chiaramente, con un ragionamento come sempre impeccabile, Umberto Eco. Ed io aggiungo: turisti, viaggiatori, studenti, studiosi vengono in Italia per studiare la nostra storia e la nostra cultura. Non mangiano? Non dormono? Non acquistano libri, biglietti di ingresso ai musei? Non portano, dunque, denaro che spendono da noi? Per non parlare del confronto tra persone, giovani soprattutto, di lingue differenti. E dagli approcci culturali , politici, religiosi anche molto distanti l’uno dall’altro”. Torniamo al destino dell’Istituto storico per il Medioevo. “Naturalmente teniamo aperta una porta alla possibilità di un ripensamento ministeriale”, conclude il presidente Massimo Miglio, “perché non possiamo credere che un istituto storico pubblico (non una realtà privata più o meno seria, ndr) debba subìre un declino rapido e poi...”. In attesa di contatti con i parlamentari che di Cultura si occupano, l’Istituto continua a ricevere attestati di vicinanza. Dalle università tedesche (in primo piano la berlinese Humboldt), francesi e di altri Paesi. Si muovono anche gli istituti di cultura stranieri in Italia. Che si chiedono all’unisono: “Quando l’istituto storico per il Medioevo non ci sarà più, con chi altri potremo far dialogare i nostri Paesi e l’Italia?”.