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 2011  febbraio 02 Mercoledì calendario

Esatti e leggeri come i numeri - Ho riletto le «Lezioni americane» di Italo Calvino in occasione di un’iniziativa lodevole del «Cemea» Piemonte dedicata all’attualità didattica di Calvino («Lezioni invisibili», Circolo dei lettori, marzo 2010), per la quale mi è stato proposto di commentare la lezione «Esattezza»

Esatti e leggeri come i numeri - Ho riletto le «Lezioni americane» di Italo Calvino in occasione di un’iniziativa lodevole del «Cemea» Piemonte dedicata all’attualità didattica di Calvino («Lezioni invisibili», Circolo dei lettori, marzo 2010), per la quale mi è stato proposto di commentare la lezione «Esattezza». Le ho rilette con la consapevolezza di essere stato invitato nella mia qualità di matematico. Ma l’esattezza di cui parla Calvino non è la precisione dei calcoli falsamente creduta l’essenza della disciplina; Calvino parla di linguaggi, i più precisi possibili, «come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione»; di «evocazione d’immagini visuali nitide, incisive, memorabili», della lacunosità di ogni linguaggio nel rendere conto della densità del mondo e del rumore che disturba la qualità dell’informazione, dell’espressione del pensiero «bene definita e ben calcolata». Prosa elegante La prima volta, da lettore semplicemente ammirato della prosa elegante di Calvino, non avevo fatto attenzione alla molteplicità degli echi che dalle sue osservazioni si riverberano sull’esperienza del lavoro matematico. Le «Lezioni americane» sono l’ultima fatica di Calvino, del 1985, e sono dedicate a cinque temi: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità (e un sesto, non sviluppato, sulla coerenza), che Calvino considera caratteristiche della letteratura, valori da preservare e coltivare. Mentre si leggono le «Lezioni», vengono di continuo alla mente conferme ed esempi di carattere matematico che si affiancano a quelli letterari forniti dall’autore, come ho cercato di far vedere con abbondanza di esempi nel libro «Discorso sulla Matematica». Calvino parla per esempio della sottrazione di peso che ha cercato di compiere sulle persone, sul linguaggio, sulla struttura del racconto e, quando ci dice che «oggi ogni ramo della scienza sembra ci voglia dimostrare che il mondo si regge su entità sottilissime», e che il De rerum natura di Lucrezio è la prima grande opera di poesia e scienza in cui la conoscenza del mondo diventa dissoluzione della sua compattezza, viene da riflettere su come la costruzione dei modelli e dei linguaggi matematici sia una sottrazione di peso alla materia: le corde dei misuratori di terra egizi diventano sottili fino a essere, in Euclide, una lunghezza senza larghezza; le orbite ellittiche si sostituiscono alle sfere cristalline. Calvino propone Cavalcanti e la sua poesia abitata da «sospiri, parole leggerissime, e pure vettori d’informazione» (va tu, leggera e piana /dritt’a la donna mia), e il matematico pensa a tutte le innumerevoli formule che rappresentano immagini di leggerezza in quanto gli evitano faticoso lavoro materiale, una per tutte: n(n+1)/2 per la somma dei numeri da 1 fino a n. Calvino ama le storie come le fiabe e i racconti popolari, che sono uno «scarno riassunto, dove tutto è lasciato all’immaginazione e la rapidità della successione dei fatti dà un senso d’ineluttabile». Il senso dell’ ineluttabile è nelle dimostrazioni, soprattutto quelle formali. Ma oltre che l’andar dritti allo scopo, la rapidità dello stile e del pensiero significa mobilità, disinvoltura, non correre ma trovare strade più brevi; tutto il lavorio di rifacimento di dimostrazioni con diversi strumenti, astratti, leggeri, è rivolto a renderle più contenute e perspicue. Calvino ricorda come il «Sagredo» di Galileo sia caratterizzato «dal suo ’velocissimo discorso’, da uno spirito più portato all’immaginazione, a trarre conseguenze non dimostrate e a spingere ogni idea alle estreme conseguenze». Da Gadda a Musil Calvino vede molte manifestazioni della molteplicità nella letteratura: l’opera che nell’ansia di tutto contenere resta incompiuta, da Carlo Emilio Gadda a Robert Musil, e il matematico pensa agli «Eléments» di Bourbaki, oppure all’incompletezza intrinseca delle teorie che vogliono contenere tutta l’aritmetica; e ancora l’opera interpretabile a vari livelli (Calvino cita «L’amour absolu» di Alfred Jarry) richiama la caratteristica essenziale delle teorie matematiche assiomatizzate di avere diverse interpretazioni. L’attività di modellizzazione matematica deve essere stata ben presente a Calvino, sicché forse applicare le sue riflessioni alla matematica significa compiere il percorso inverso a quello che si è svolto nel suo pensiero. Lo si riconosce nel diverso modo di lavorare che attribuisce all’ abate Faria e al conte di Montecristo nell’omonimo racconto (in «Ti con zero»). Il conte di Montecristo osserva gli sforzi dell’abate Faria, che continua a scavare cunicoli senza riuscire ad arrivare all’aperto, e riflette invece sui metodi per trovare una via di fuga dalla fortezza. Il suo metodo è del tutto speculativo, volto a costruire nel pensiero la fortezza perfetta, per individuare lo scarto da essa di quella reale, e quindi i punti deboli di questa. Anche Nicola Cabibbo, in una sua conferenza ai Lincei («raccontata su «La StampaTuttoscienze» del 27 gennaio 2010) ha riconosciuto che «la scienza è ben presente nelle “Lezioni americane”. Le sei “proposte” di Italo Calvino si applicano alla scienza tanto quanto alla letteratura». Calvino ha spesso dichiarato di aver sempre «cercato nella scienza alimento per le mie visioni». Reciprocamente, noi troviamo una descrizione del lavoro dello scienziato nel suo modo di presentare la creazione di prodotti che diano allo stesso tempo conoscenza, bellezza e appagamento.