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 2011  febbraio 02 Mercoledì calendario

Art Google, con un clic 17 Musei in ogni casa - In principio era solo un «20% project». Ovvero una di quelle idee che nel fantastico mondo di Google nascono nella fetta di giornata lavorativa - il 20% per l’appunto - riservata all’immaginazione

Art Google, con un clic 17 Musei in ogni casa - In principio era solo un «20% project». Ovvero una di quelle idee che nel fantastico mondo di Google nascono nella fetta di giornata lavorativa - il 20% per l’appunto - riservata all’immaginazione. A Mountain View anche questo si chiama sgobbare. Non che rappresenti una novità assoluta: i romani - quelli antichi - lo chiamavano otium , attività dedicata alla speculazione intellettuale. Sia come sia, 18 mesi dopo la pensata originale, Art Project è in rete, 17 grandi musei del mondo hanno aperto sale e corridoi alle macchine fotografiche di Google e basta un click per ammirare oltre mille opere a una risoluzione mai vista prima: in alcuni casi si arriva a 14 miliardi di pixel. Meglio che a occhio nudo. «Grazie alla tecnica gigapixel - spiega Nelson Mattos, capo dell’area tecnica di Google Europa, tra le volte della Tate Britain di Londra dove ieri è stato lanciato il progetto - non si perde definizione quando si aziona lo zoom. È così possibile vedere dei dettagli (le crepe nel colore, i colpi del pennello) impossibili da percepire in condizioni naturali». Una qualità straordinaria, riservata ai 17 «campioni» - uno per ogni museo partner dell’iniziativa. Per gli Uffizi di Firenze c’è la «Nascita di Venere» di Sandro Botticelli, il Moma di New York ha scelto «Il Cielo Stellato» di van Gogh, la Tate «No Woman, No Cry» di Chris Ofili. Ragioni diverse - la Venere, spiega il Soprintendente al Polo museale di Firenze Cristina Acidini, «rappresenta il supremo ideale di cultura e di bellezza umana, simbolo della fioritura di Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico» - che hanno in comune lo stesso obbiettivo: permettere a chiunque di godere dei grandi capolavori del genio artistico umano. «Per i musei - ha detto il direttore della Tate Britain, Sir Nicholas Serota - questa è un’occasione irripetibile per raggiungere settori nuovi del pubblico. Internet ha già cambiato il nostro modo di parlare alle persone, ci ha permesso un dialogo diverso. Art Project invece consente ai più grandi musei del mondo di lavorare insieme. Ed è la prima volta». Tutto questo è gratis. Paga Google. Continua Mattos: «Perché lo facciamo? Punto primo: abbiamo la tecnologia, quindi perché no. Punto secondo: preservare e diffondere la conoscenza del patrimonio culturale del genere umano fa parte del nostro Dna. Io sono di origine brasiliana e i miei genitori non erano benestanti. La mia prima volta in un grande museo è dunque venuta quando studiavo all’estero grazie a una borsa di studio: ricordo ancora l’emozione di gironzolare per quelle sale». Art Project, insomma, nasce non solo per il divertimento dei Paesi ricchi ma anche per dare la possibilità «a chi non ce l’avrà mai per davvero» di visitare questi templi della bellezza. Il servizio infatti non solo permette di ammirare le opere d’arte - e comporre delle «collezioni» personali da condividere con gli amici via social network - ma di «passeggiare» negli spazi dei musei attraverso la tecnica giù sperimentata con Street View. L’esperienza è tanto realistica da far venire il dubbio che Google, più che salvaguardarli, voglia liquidare i grandi musei. Serota però scuote la testa: «La gente vuole vedere le opere dal vero. I servizi digitali semmai aumenteranno i numeri dei visitatori dei musei». Mario Resca, direttore generale per la valorizzazione del Patrimonio Culturale presso il ministero dei Beni Culturali, concorda: «Questa iniziativa rappresenta una grande opportunità per le scuole e gli studiosi. Così s’incentiva la conoscenza delle nostre opere d’arte e noi ci aspettiamo un aumento nell’indotto del turismo». Motivo non secondario per andare a passo di marcia. Entro fine anno altri nove musei italiani entreranno a far parte di Art Project - tra questi la pinacoteca di Brera, il museo Barberini, quello di Villa Borghese e il Capodimonte. L’avventura di Google nel campo dell’arte è comunque appena iniziata. Mancano all’appello alcuni mostri sacri del panorama museale internazionale come il Louvre e il Prado. Questione di tempi, a quanto pare.