Pietrangelo Buttafuoco, Panorama 3/2/2011, 3 febbraio 2011
L’ITALIA HA UNA SOLO PASSIONE. PAROLA DI BANFI
Le infermiere e le poliziotte. «Siamo sicuri» si chiede Lino Banfi «che s’indignino gli italiani?». Infermiere e poliziotte, dunque, «tutte» sorride Banfi «per il signorino tanto citato, senza fare nomi, e cioè Silvio». Siringhe quindi, contravvenzioni, stetoscopi e manette. «E poi le dottoresse del distretto militare» aggiunge «il commissario Zagaria che ama la mamma e la polizia». Giusto per rimembrare l’elenco delle figurine di quei film «socioculturali». Erano quelli dove giganteggiavano Edwige Fenech e Nadia Cassini. Adesso che ambulatori e divise, sotto specie di giochetto, sono alla ribalta con il bunga bunga di Silvio Berlusconi, adesso che i sindacati di polizia e degli infermieri si sono fatti sentire con vibranti proteste, fa d’uopo chiedere un’opinione a Banfi.
«Siete sicuri di questa indignazione?».
Così domanda Banfi, la cui conoscenza della materia, sebbene per obblighi di finzione, è indiscussa.
«Sarei del mestiere» dice «perciò parliamoci chiaro: gli italiani non hanno che una passione. Ricordo che quando si operò mia madre il primario che aveva fatto l’intervento – uno proprio come ce lo immaginiamo: altero, saggio, accompagnato nei corridoi da un codazzo di medici – mi fa accomodare nel suo studio, chiude la porta a chiave e s’inginocchia. Giuro, s’inginocchia; mi prende la mano e dice: “Mi permetta di baciare la mano che ha toccato il lato B di Nadia Cassini”.
«Certo, lui non disse proprio lato B, ma mi baciò la mano, restò in estasi; io lo guardai impietrito e mi dissi: “Dio mio, ho messo mia madre nelle mani di un pazzo!”. Ecco, l’Italia è questa e lo so bene io che li ho fatti tutti quei film, diciamo così, didattici e ho cognizione del gusto nazionale. E sempre a proposito di lato B, ricordo quello della Cassini. La produzione glielo assicurò per 1 miliardo e mezzo. Lei si aggirava sempre con una siringa e io, in scena, invocando la Madonna dell’Incoronata, la supplicavo: e fattela fare almeno una volta, tu, la puntura».
Ed Edwige Fenech, poliziotta?
«Io la ricordo, piuttosto, giornalista. In un film lei mi tallonava pensando che io fossi un pericoloso criminale, da cui poter ricavare uno scoop, e io le raccontavo qualsiasi cosa pur di starle vicino. Ho ammazzato questo e quello. E urlavo: come sono “arrapeto”! Ho fatto una strage. E strillavo: come sono “arrapeto”! Insomma, tentavo di saltarle addosso (sempre nella finzione). Lei mi diceva: “Calmo, fa’ con calma”. Io toccavo quel bellissimo seno, però con un gesto meccanico e agitato, tanto che un tecnico, spazientito, mi urlò: “Ahò, pare che stai a svita’ la lampadina”. E anche allora, tutti a ripetermi: “Nun te la lava’, la mano”. È così: avevo le mani sante, ma era solo finzione».
E il bunga bunga è verità?
«Un fatto distorto da una campagna di diffamazione, ecco. Non mi sembra possibile tutto questo sfoggio di costumi e vestitini nel giro di una serata. Non ne avrebbero il tempo. E poi, saranno giochi, stupidate per stare insieme. Conosco bene Berlusconi, il cui altruismo e la cui bontà non hanno fine. E conosco casa sua. Un garbo e un’ospitalità degna di una famiglia perbene. L’unica cosa che non apprezzavo a casa sua era il risotto. E con le donne, poi, che devo dire? Se non succedevano quando eravamo giovani, i festini, e io ho partecipato a tante feste ad Arcore, dovrebbero accadere ora che siamo in età? Io e Silvio siamo coetanei, io sono più anziano di 2 mesi. A ogni festa ci chiamiamo e mi dice: “Ciao, vecchio”. Ci si conosce dal 1977, ai tempi di Risatissima, quando lo sfottevo dicendo: è più piccolo di me e ha le orecchie come quelle di un elefante».
Mai una proposta indecente?
«L’unica nella vita l’ho fatta a Concita De Gregorio, direttore dell’Unità, una signora simpatica e gradevole. Mi sono proposto come collaboratore, anche perché, come Nonno Libero, sono un lettore del suo giornale. Concordammo il pezzo. Su Berlusconi, ovviamente; a favore, naturalmente. “Accetto la sfida” disse, e io scrissi: “Coraggio, Silvio, non resterai attaccato alla canna del gasdotto russo”. Mi firmai: “tuo Kremlino Banfi”. Ebbene, De Gregorio mi chiamò, mi fece i complimenti: “La prendo!” mi disse, però non ha mai fatto uscire il pezzo. «La verità è che io non sono un attore da festival. E questo è il problema. Un comico, si sa, non può baciare, non può morire, non può far l’amore. La comicità ha crude regole. E io, da comico, ho questa aggravante: non conosco nessun intellettuale di sinistra. E non posso andare ai festival. Né poter vedere andare a buon fine le mie proposte indecenti».