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 2011  gennaio 30 Domenica calendario

NON SI CAPISCE MAZZINI FACENDOLO «A BRANDELLI»

Il giudizio su Mazzini è sempre stato controverso; e dubito trovi una soluzione quest’anno, nel quale, per i 150 anni dell’unità italiana, ne sentiremo di tutti i colori. Del resto, basta leggere il volume di Simon Levis Sullam dal titolo provocatorio, L’apostolo a brandelli (Laterza, pp. 156, € 18). L’idea ispiratrice poteva anche essere originale: cioè individuare «l’eredità di Mazzini tra Risorgimento e fascismo» , attraverso una documentazione che spazia dai contemporanei (seguaci o critici), tipo Alberto Mario o Crispi, e si prolunga ai primi del Novecento con Carducci e Oriani. Già qui, però, definire «fortemente pedagogico paternalistico» un testo-chiave come Dei doveri dell’uomo mi pare un giudizio limitativo, come insistere a chiamare riduttivamente «slogan, formule evocative, simboli» altri concetti del programma mazziniano. Segue un recupero di Mazzini da parte di Mussolini e altri esponenti del fascismo (da Dino Grandi a Italo Balbo), sulla base di ciò che Levis Sullam qualifica non solo come «componenti antidemocratiche» del suo progetto politico, ma come «elementi autoritari della religione della nazione mazziniana» , quasi senza indicare né i legami fra «le nazioni» (dunque, fuori da ogni ipoteca nazionalistica) né la prospettiva di una futura «Europa dei popoli» . Se resta innegabile la «difficile eredità mazziniana» (di cui parlava già Ernesto Rossi), le analisi di Rosselli, di Salvatorelli, di Galante Garrone, di Salvo Mastellone dovrebbero servire a una «rilettura» più equilibrata e corretta di questa, che Levi Sullam conclude insistendo sul fatto che «la religione della nazione mazziniana costituì una debole premessa rispetto allo sviluppo di una religione civile» . A confutare, pur indirettamente, l’impianto del testo precedente, ecco lo studio che Arianna Arisi Rota dedica a I piccoli cospiratori (Il Mulino, pp. 219, € 20), prendendo in esame gli aderenti alla Giovine Italia e illustrando proprio «la politicizzazione giovanile prequarantottesca» , quale avvenne attraverso la «militanza clandestina sovversiva» . Mazzini aveva sostenuto fin dal 1832: «Se v’è da trarre scintille, è dalle anime giovani» . Si comprende meglio, attraverso la ricca documentazione della Arisi Rota, questo insolito tipo di associazionismo («Nessuno dev’essere federato per forza: abbiamo bisogno di tutti» , chiariva Mazzini nel luglio del 1831) e quanto sia stata efficace una tale «densa palestra cospirativa» , che moltiplicava le adesioni, nonostante il rischio degli arresti e lo spettro di una vita sospesa «tra il palco e il birro» , cioè fra il boia e il poliziotto. Una mobilitazione così intensa, che coinvolgerà tanti «piccoli cospiratori» serve a dimostrare — e Arisi Rota ce ne offre molteplici esempi (dai fratelli Ruffini a Gabriele Rosa) — la forza di una personalità e di un messaggio, che rimane impossibile pretendere di ridurre «a brandelli» .
Arturo Colombo