Federico De Rosa, Corriere della Sera 30/01/2011, 30 gennaio 2011
LA PARTITA DELLE BANCHE, BOND PER 230 MILIARDI —
L’ammontare fa paura: si tratta di oltre 1.500 miliardi di euro. E’ il valore delle obbligazioni emesse dalle banche europee in scadenza tra quest’anno e il prossimo. Oltre la metà, precisamente 916 miliardi, fanno capo ai soli primi dieci istituti del Vecchio Continente, e tra questi quelli italiani rappresentano una bella fetta. Entro dicembre, infatti, le varie Unicredit, Intesa, Banco Popolare, Montepaschi, Bpm, dovranno trovare oltre 230 miliardi di euro da restituire a chi ha sottoscritto i loro bond. Una montagna di liquidità, che per fortuna sul mercato al momento non manca. Anche se la prospettiva di una ripresa dell’inflazione, su cui scommette oramai la gran parte degli analisti, e la selettività del mercato, rischiano di rendere più oneroso (e difficile) il rifinanziamento. Qualche prima avvisaglia si è già vista. Bpm stava preparando un bond a cedola variabile, che nel premarketing non ha raccolto grandi consensi, al punto che la banca di Piazza Meda ci ha ripensato. Anche Ubi ha incontrato qualche difficoltà con l’ultima emissione obbligazionaria, mentre per cercare di abbassare il costo del finanziamento due settimane fa il Banco Popolare ha emesso un bond di tipo «cover» , garantito anche da mutui, ma ha dovuto comunque pagare ai sottoscrittori 170 punti base in più del tasso swap. Il problema, segnalano nelle sale operative, è che si tratta di banche italiane. E dato che gli investitori da tempo hanno iniziato a valutare con grande attenzione il rischio-Paese, questo ha fatto lievitare il costo del finanziamento. Soprattutto per le «big» , come Intesa Sanpaolo e Unicredit che da qui a fine anno si troveranno a dover far fronte a scadenze per quasi 100 miliardi di euro. Di questi, 23 miliardi circa arrivano a maturazione nei prossimi due mesi. Intesa Sanpaolo è già tornata sul mercato, a gennaio, con un bond a cinque anni per il quale è stato offerto un rendimento di 175 punti base oltre il tasso swap. Si tratta di quasi tre volte quello che aveva pagato esattamente un anno prima con un’emissione analoga, che aveva un premio di soli 65 punti base. In un anno, insomma, il rendimento è passato dal 3,38%al 4,21%. E la dinamica «al rialzo» non dovrebbe modificarsi, tanto più se il mercato inizierà a scontare, come in parte sta già facendo, un aumento dell’inflazione e dunque una stretta sui tassi da parte della Banca Centrale Europea. Va detto, tuttavia, che in questo momento sul mercato del reddito fisso di liquidità ce n’è in abbondanza. Non si capisce bene, però, se è spontanea o indotta dalla banche centrali. Fatto sta che finora, al di là dei casi citati che pure danno il senso di come le cose siano cambiate rispetto anche solo a un anno fa, almeno per le banche italiane, nelle aste dei titoli pubblici non si è verificata tensione. Anzi. Il Tesoro continua a fare il tutto esaurito alle aste di Bot e Btp. Ma i rendimenti sono saliti. E dovrebbero salire ancora, a meno che il rischio Italia, che oggi da solo vale circa 160 punti base, non inizi a prendere un’altra direzione.
Federico De Rosa