Alessandra Corica, Libero 30/1/2011, 30 gennaio 2011
PER 63 EURO DI DEBITI GLI PIGNORANO CASA
Duecentomila euro per riavere la casa. A fronte di un debito di 63 euro. Tanto ha dovuto sborsare un anziano genovese per ricomprare la sua abitazione, pignorata e messa all’asta per il mancato pagamento di una multa a dir poco irrisoria. La vicenda risale al 2005, ma solo nei giorni scorsi il pm Francesco Pinto ha chiesto il rinvio a giudizio di Piergiorgio Iodice, direttore ligure di Equitalia, e di tre funzionari della società, Silvia Angeli, Roberto Maestroni e Pierpaolo Trecci. Abuso di atti d’ufficio e falso, le accuse. Per la magistratura, il pignoramento sarebbe avvenuto con infrazioni alla procedura grazie a una “talpa” interna alla struttura che doveva occuparsi del sequestro e la messa all’asta non sarebbe stata pubblicizzata. Impedendo così al proprietario di parteciparvi e ricomprare la casa a un prezzo ribassato. In una nota, l’azienda ha precisato che «il Gruppo Equitalia non era ancora stato costituito e le persone coinvolte nella vicenda erano ancora dipendenti del precedente concessionario della riscossione», e si è dichiarata «a totale disposizione della magistratura al fine di fornire la massima collaborazione sulla vicenda».
Succede a Nervi, quartiere di Genova con più di undicimila abitanti. Una zona di livello medio-alto: protagonista della storia è un anziano, benestante e
malato di Alzheimer, morto nel 2008. Nel 2005 la casa, un appartamento in piazza Duca degli Abruzzi, viene pignorata: il proprietario non avrebbe pagato una cartella esattoriale da 63 euro. Una dimenticanza, dicono gli eredi, dovuta alla patologia di cui soffriva. La riscossione dei tributi all’epoca era in appalto alla società partenopea Gest Line, poi diventata Equitalia. La procedura prevedeva che un immobile potesse essere “aggredito” a fronte di un debito di 1.500 euro (soglia poi alzata a ottomila). Cifra ben al di sopra dei 63 euro contestati all’anziano. Nonostante questo, però, la procedura si innesca: la casa è pignorata e messa all’asta. Secondo il pm, le violazioni sarebbero iniziate a questo punto: prima di sequestrare la casa, la società avrebbe dovuto concedere al debitore un’ipoteca di sei mesi per pagare quanto dovuto. Cosa che non sarebbe avvenuta. Stando ai magistrati, anche la messa sul mercato sarebbe stata poco chiara: la casa viene offerta all’asta una prima volta, ma la vendita è annullata per la mancanza della pubblicità obbligatoria. Rimesso all’incanto, la vendita dell’immobile va a buon fine. Ma anche in questo caso, per il pm, ci sarebbero state irregolarità: la seconda asta sarebbe stata fatta “di nascosto”, per impedire al vecchio proprietario di riottenere la casa. A cui era molto legato. Tanto che l’anziano, pur di riaverla, l’ha comunque riacquistata. Al prezzo di 200mila euro.