Marco Esposito, Il Mattino 30/1/2011, 30 gennaio 2011
PIZZETTI: «TROPPE INTERCETTAZIONI CREANO ALLARME SOCIALE»
«I dati sulle intercettazioni forniti dalle Corti d’Appello sono interessanti ma sarebbe meglio se fossero omogenei». Nella giornata d’inaugurazione dell’anno giudiziario arriva una stoccata da parte del Garante della Privacy, Francesco Pizzetti. Presidente, il tema intercettazioni è stato toccato un po’ in tutte le relazioni. Sono segnalati cali a Milano e aumenti altrove. Lei come vede il fenomeno? «Quando si indaga e si raccolgono prove la violazione della privacy è nelle cose. Pensiamo alle perquisizioni, alle ispezioni corporali, alle perizie psichiatriche... Sono moltissimi i casi in cui l’autorità giudiziaria entra nella vita del cittadino». Però in molte conversazioni telefoniche una delle due persone non è indagata. «Anche in una perquisizione domiciliare si possono coinvolgere persone estranee ai fatti. L’invasione della privacy fa parte delle attività d’indagine. Certo, proprio per questo, uno strumento delicato come le intercettazioni va utilizzato nel rispetto della legge e solo nei casi previsti». La legge non è troppo permissiva? «Questa è una valutazione che spetta all’opinione pubblica e al legislatore. La legge si può cambiare. Di certo il solo soggetto che può affermare se c’è stato o meno un abuso è il giudice». Tante intercettazioni hanno permesso di incastrare pericolosi criminali, tuttavia sempre più spesso si considerano le intercettazioni una tipologia di gossip. «Le intercettazioni telefoniche e ambientali colpiscono l’immaginario, è evidente. Perciò nelle relazioni annuali, che sono il modo per i magistrati di parlare ai cittadini, ci si sofferma molto su questo fenomeno. In passato per esempio si è sottolineato l’uso del carcere duro, del 41 bis». È la legge dell’attualità? «Diciamo così. Quest’anno per ovvi motivi la magistratura si è soffermata su questo tema e credo che sia apprezzabile». Come commenta i dati? «Il Procuratore della Cassazione ha espresso una valutazione generale ribadendo che il ricorso alle intercettazioni è necessario sia per gli inquirenti sia per i magistrati giudicanti». Ma questo nessuno lo nega, soprattutto in un territorio dov’è forte la criminalità organizzata come il nostro. Il punto è se viviamo in un paese dall’intercettazione facile. «L’ordine giudiziario, ripeto, ha capito che questo è un tema delicato perché i magistrati hanno nelle mani uno strumento invasivo e devono utilizzarlo con accortezza, per evitare che si alimenti un allarme sociale generalizzato. Per questo in tante Corti d’Appello sono stati forniti i dati». E se ne deduce un uso congruo o eccessivo? «Mi colpisce il fatto che i dati non siano comparabili. Chi cita i costi, chi i decreti, chi i procedimenti, chi il numero di intercettazioni. Per esempio a Milano le intercettazioni riguardano soltanto 477 procedimenti con 4.934 decreti autorizzativi, senza dire però quante utenze. A Palermo ci sono costi più alti che a Milano ma ciò può essere indicativo di un diverso modello organizzativo. Insomma: come Garante mi sentirei di fare un appello». Del tipo: siate più chiari. «Auspico che l’anno prossimo ci sia uno sforzo per fornire dati omogenei, magari su criteri indicati dal Csm».