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 2011  gennaio 30 Domenica calendario

LA RIVOLTA EGIZIANA TRAVOLGE IL MEDIO ORIENTE


Quello che si temeva è arrivato: la rivolta partita dalla Tunisia travolge l’Egitto. Quando si parla di Egitto si parla non solo di ottanta milioni di abitanti ma anche del Paese-guida del mondo islamico sia dal punto di vista delle elaborazioni teologico-religiose, sia riguardo la nascita e il radicamento di nuovi movimenti politici. Qui sono nati i fratelli musulmani mentre, nelle università egiziane, è stato elaborata e diffusa verso tutti i Paesi arabi la dottrina sul nuovo ruolo dell’islamismo nella politica mondiale. E dall’Egitto sembrava anche partire la primavera dell’economia del Mediterraneo del sud, con una crescita finalmente intorno al cinque per cento all’anno. Una crescita che tuttavia si era fermata in una fascia estremamente ristretta della popolazione e che non poteva perciò fermare il malcontento dei milioni di giovani senza lavoro, senza speranza e senza voce. Ai quali si è aggiunta la protesta degli altri milioni di egiziani oppressi dall’aumento vertiginoso dei prezzi dei beni alimentari ed esasperati dalle speculazioni che intorno a questi aumenti si erano create. Nessuno di noi è in grado di prevedere con precisione che cosa avverrà nei prossimi giorni, se cioè l’esercito (fino ad ora il vero padrone del Paese) affronterà i dimostranti con ancora maggiore violenza o giocherà un ruolo di mediazione. Ancora oggi sembra più probabile la prima ipotesi, anche perché il presidente Mubarak ha mobilitato a questo scopo le quattro divisioni composte esclusivamente di militari di carriera, da sempre stanziate attorno al Cairo e ad Alessandria proprio per controllare manifestazioni simili a quelle che stanno avvenendo in questi giorni.
Un’ipotesi confermata dallo stesso messaggio televisivo di Mubarak, che ha chiuso ogni prospettiva di ritiro e si è solo impegnato ad un cambiamento del governo, di cui ai dimostranti non importa sostanzialmente nulla. Essi vogliono solo la caduta di Mubarak. È probabile quindi che lo scontro andrà fino in fondo ed è anche possibile che Mubarak debba lasciare improvvisamente il campo (la nomina del generale Omar Soleiman potrebbe preludere ad una dipartita del Rais) come è accaduto in Tunisia a Ben Ali e come spesso accade ai governanti autoritari che pensano che nessun evento li possa in alcun modo fare scendere dal trono.
Se anche Mubarak dovesse rimanere al potere, le conseguenze degli eventi in corso saranno di enorme portata in tutto il Medio Oriente perché, in ogni caso, l’Egitto non sarà più in grado di esercitare il ruolo di mediatore fra Israele e il mondo arabo e di mediatore all’interno del mondo arabo. Un ruolo che, anche se con decrescente successo, aveva sempre esercitato in passato. Comunque vadano le cose, Israele non potrà più contare su un Egitto destinatario dell’incondizionata fiducia americana proprio perché in grado di tenere sotto controllo gli arabi più muscolosi.