Giovanni Audiffredi, Vanity Fair, 29 gennaio 2011
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Giovedì 27 maggio 2010: per Nicole Minetti sarà una data difficile da dimenticare. Se non fosse stata chiamata quella notte per andare in soccorso della minorenne marocchina Karima «Ruby» El Mahroug, la venticinquenne consigliera regionale della Lombardia, eletta nella lista del presidente Roberto Formigoni, forse non avrebbe attirato l’attenzione della Procura della Repubblica di Milano su di sé. E oggi forse non sarebbe indagata per induzione e sfruttamento della prostituzione nell’inchiesta che vede protagonista il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Inchiesta che forzatamente condiziona la completezza dell’intervista che state per leggere: essendo indagata, la Minetti misura bene le risposte, e davanti ad alcune domande si ritrae.
Partiamo da quella notte: chi l’ha chiamata?
«Ero al ristorante, verso le 22,30. Mi arriva una chiamata al cellulare da un numero che non ho in memoria. E non rispondo. Insistono. Allora sento chi è, e dall’altra parte una voce femminile dice di essere tale Michelle Oliveira, una persona che non conosco, mai vista. Spiega che si è fatta dare il mio numero da un’altra ragazza che mi conosce, dice di essere un’amica di Ruby, che Ruby è in Questura e che si trova nei guai».
E che cosa le ha chiesto?
«Se potevo andare lì».
Lei che cosa ha pensato?
«Ho avuto qualche dubbio. Mi spiaceva per Ruby, ma mi sembrava una faccenda poco chiara».
Michelle le ha detto che aveva già chiesto aiuto a Silvio Berlusconi, e che era stato il premier a indirizzarla a lei?
«Non fece il nome di Berlusconi».
Che cosa la convince ad alzarsi dal ristorante?
«La telefonata che, poco dopo, arriva dal presidente Berlusconi. Mi spiega che questa ragazza ha avuto un problema, e che non ha i documenti. Mi chiede di interessarmi della vicenda, di verificare che cosa sta succedendo. E io vado».
Ma lei Ruby la conosceva?
«Sì. Non era una mia amica, ma in qualche occasione l’avevo incrociata».
Dove?
«A casa di Silvio Berlusconi. Aveva detto di essere egiziana, aveva raccontato di una famiglia musulmana molto severa. Aveva mostrato una cicatrice: olio bollente, aveva spiegato, che il padre le aveva tirato addosso perché si voleva convertire al cristianesimo».
Lei conosceva l’età di Ruby?
«Aveva detto a tutti di avere 24 anni. In Questura viene fuori che è minorenne, e marocchina».
Ma qualcuno, quella notte, la fa passare per nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak. Lei aveva mai sentito una storia simile?
«Mai, neanche per scherzo. La ragazza aveva raccontato che sua madre era una famosa cantante. Un’altra bugia».
Che cosa ha pensato?
«Che era una furba. Ma si trovava in difficoltà: sarebbe stato assurdo non aiutare una ragazzina terrorizzata».
Lei richiama il premier per dirgli che, vista la minore età, la vicenda è molto più complicata del previsto?
«Certo. Mentre sono lì, lo chiamo per informarlo dell’evolversi della situazione».
Con tutte le persone influenti che Berlusconi conosce a Milano - il sindaco, i parlamentari, gli avvocati - perché ha chiamato lei?
«Sono una persona di fiducia. E forse, dato che io Ruby la conoscevo, e in più sono una donna giovane, avrà pensato che avrei più facilmente trovato il modo di rassicurare quella che credeva una mia coetanea. E poi, sa, non è che ti chiama il presidente, il leader del tuo partito, l’uomo più carismatico d’Italia, e ti metti a fare tante domande. Né a lui né a te stessa».
Sembra che lei, ai funzionari della Questura che le domandavano perché s’interessasse del caso, abbia risposto che si trattava di un’amica carissima.
«Falso. Sono stata molto chiara. Ho detto che ero disposta a garantire per lei, visto che Michelle Oliveira era straniera e non poteva fare molto, ma che tra noi c’era un semplice rapporto di conoscenza».
Prima del suo arrivo però il magistrato di turno, Annamaria Fiorillo, dà disposizioni perché la ragazza venga trattenuta fino all’indomani, in modo da stabilire se i genitori sono raggiungibili, ed eventualmente a quale comunità indirizzarla. Lei ne viene messa al corrente?
«I funzionari della Questura non fanno il loro lavoro davanti a tutti. Sapevo che parlavano con il magistrato, ma non sapevo chi fosse e non voglio entrare nel merito di una questione che non mi compete. So solo quello che mi hanno detto: che la ragazza poteva essere rilasciata se io ne prendevo l’affidamento temporaneo. E così è stato. Però ho precisato che non sarebbe stata a casa mia, ma dalla sua amica Michelle. Dovevo solo rimanere a disposizione telefonica».
Ruby esce alle due del mattino. E lei chiama il premier?
«Sì. E gliela passo».
E poi l’ha risentita?
«Un paio di volte, l’indomani. Telefonate di controllo».
Nel faldone delle indagini c’è scritto che la Questura la cercò il 5 giugno perché Ruby aveva litigato con Michelle. Ma che lei non rispose. Tanto che il magistrato la giudicò inidonea e consigliò di non affidarle più la ragazza.
«Ho ricevuto alcune telefonate da numero sconosciuto alle 8,30 di sabato 5 giugno. Dormivo, e quando mi sono svegliata e me ne sono accorta, non sapevo chi richiamare. Ho saputo del litigio solo quando mi ha chiamato Michelle per raccontarmelo. Io mi sono preoccupata e ho cercato Ruby, ma al suo numero non rispondeva più. Allora mi sono attivata come potevo, ho chiesto ad alcune ragazze che sapevo frequentare le stesse discoteche di avvertirmi se la incrociavano. Infatti, una di loro la incontra e mi fa chiamare. Ruby dice che va tutto bene».
Poi quando la risente?
«Mi telefona ad agosto, mi dice che è a Milano. Poi vengo a sapere che è scappata dall’ennesima comunità. Tutto qui».
Conosce Giuseppe Spinelli, il ragioniere del premier?
«Certo, l’ho conosciuto in ambienti politici del Pdl».
Dalle intercettazioni telefoniche appare chiaro che il vostro rapporto riguarda anche gli appartamenti di via Olgettina.
«Alle intercettazioni mancano riscontri oggettivi».
Spinelli non le ha mai detto di aver ricevuto diverse volte da Ruby, nei mesi successivi alla notte in Questura, richieste di denaro?
«No».
Come ha conosciuto Silvio Berlusconi?
«All’inizio del 2009, all’ospedale San Raffaele. Lui era in cura da un professore di dermatologia che era anche mio insegnante nel corso di laurea breve in igiene dentale che ho frequentato lì».
Come è avvenuto l’incontro?
«Tutta la mia famiglia vota per il presidente. Mi sono presentata, ho manifestato la mia ammirazione».
Gli ha detto che era stata ballerina a Colorado Café?
«Non la prima volta che l’ho incontrato. In seguito sì, certo».
E poi?
«Gli ho detto che mi sarebbe piaciuto, dopo la laurea, partecipare alla vita politica attiva del Pdl. E lui mi ha parlato del ricambio generazionale nella rappresentanza, del fatto che c’è sempre bisogno di giovani che vogliano impegnarsi. Ho lasciato il mio numero di telefono al suo entourage, mi hanno dato il numero della sua segreteria, e io mi sono fatta sentire. Così ho cominciato a partecipare a colazioni di lavoro, incontri con parlamentari, dibattiti».
Quanto è durato questo suo stage prima della candidatura in Regione?
«Circa un anno. Intanto mi ero laureata a pieni voti».
Però era stata bocciata alla maturità.
«Sì, al liceo classico. E dire che non avevo mai perso un anno. Prima di questa vicenda, è stato lo shock più forte della mia vita».
La sua candidatura è stata avversata anche da esponenti di spicco del partito: Aldo Brandirali, Viviana Beccalossi, Ombretta Colli, Stefania Craxi.
«Non si può piacere a tutti, e le critiche per il fatto di essere stata una showgirl me le aspettavo».
Il Partito Radicale ha contestato la regolarità delle firme presentate per la sua candidatura.
«Non so come sono state raccolte le firme. È una competenza del partito. E io ho fiducia nel Pdl».
Però un gruppo di giovani del Pdl ha promosso una raccolta di firme per chiedere le sue dimissioni.
«E poi dicono che siamo un partito senza dibattito interno. Ovviamente mi dispiace, ma ognuno è libero di fare quello che ritiene opportuno».
Ha intenzione di dimettersi?
«Non ci penso neanche. E nemmeno mi sospenderò. Continuerò ad andare in Regione a testa alta, a fare il mio lavoro».
Quanto guadagna?
«Circa 9 mila euro. E non ho nessuna “auto blu”, a differenza di quanto è stato scritto».
La sua esperienza di ballerina a Colorado Café insieme a Marysthell Polanco e Raffaella Fico, entrambe finite nel fascicolo delle intercettazioni, come la ricorda?
«Ne sono orgogliosa. L’ho fatta mentre studiavo al San Raffaele, dopo un anno di Biologia a Bologna. Mia madre ha una scuola di danza a Rimini, l’ho frequentata per dieci anni».
Ma in Tv come c’è arrivata?
«I produttori mi hanno avvicinata in un bar vicino a casa dove facevo colazione. Ho fatto un provino e ho iniziato con Scorie di Nicola Savino. Anche a Colorado sono stata presa dopo un casting».
L’hostess per Publitalia quando l’ha fatta?
«Avevo fatto esperienza alla fiera di Rimini: bella presenza, praticamente bilingue per via di mia madre inglese, non era difficile. Per Publitalia ho lavorato a Milano alla sezione sportiva: ero rimasta in contatto con loro dopo il MotoGp di Misano».
In quel periodo conosce quasi tutte le ragazze coinvolte in questa inchiesta. Che rapporti ha con loro?
«Marysthell Polanco e Barbara Faggioli sono tra le mie più care amiche. Alcune delle altre le ho incrociate a qualche provino, o in un locale, o a cena da amici».
A Villa San Martino ad Arcore, a Villa Campari a Lesa e nelle altre residenze di Berlusconi quante volte è stata?
«Diverse. Il numero preciso fra l’altro non lo ricordo».
A giudicare dalle sue parole nelle intercettazioni, si direbbe che si sia fermata anche a dormire.
«Mi scusi ma non rispondo, questa è una faccenda privata».
Nelle carte dell’inchiesta ci sono le intercettazioni di una ragazza, la famosa «Testimone A», sua ex compagna di liceo, che racconta di essere stata invitata da lei a una cena ad Arcore. E di essere tornata a casa turbata da quanto aveva visto.
«Siamo amiche di vecchia data: al liceo eravamo compagne di banco, poi ciascuna ha fatto la sua strada ma, per esempio, era alla mia laurea. Sono quelle persone che non senti tutti i giorni, con cui il rapporto però non si perde mai. Ci siamo riavvicinate questa estate: lei studia a Milano, ci siamo anche ospitate a vicenda qualche volta. L’ho invitata alla cena con Berlusconi perché per lei era l’occasione di conoscere un uomo che stimava. Lei era felice dell’invito, non l’ho certo dovuta convincere».
Alla cena che cosa succede?
«Nulla di particolare. È una cena molto classica».
Ci sono anche altre ragazze?
«Sì. Ci sono diverse persone. Il presidente scherza, c’è musica, un incontro conviviale, insomma».
Le ragazze sono vestite in modo provocante?
«Non direi. Non sono certo mal messe ma neanche in abito di gala, di certo non sono discinte o volgari. È una cena a casa del premier, le persone educate si vestono bene, ma senza strafare».
Glielo chiedo perché la sua amica racconta che nel dopocena invece, nei locali discoteca, molte ragazze si cambiano e, per dar vita a uno spettacolino sexy, usano costumi di scena. Lei c’era?
«Sì. E questa cosa non la ricordo affatto. Quando verrò ascoltata dai magistrati entrerò nei particolari: non mi sembra questa la sede corretta».
Lei ha mai fatto danze ammiccanti per o su invito del premier, magari rispolverando il repertorio degli stacchetti di Colorado Café?
«Guardi, non scherziamo neanche. Questa cosa mi offende».
Capisco. Ma perché l’ex questore Carlo Ferrigno, riferendo racconti di quelle serate, parla nelle intercettazioni di decine di ragazze- tra cui lei - che ballano in topless e baciano Berlusconi?
«Non so perché dica una cosa del genere».
Tornando alla sua amica: come la prepara alla cena?
«Le consiglio di parlare dei suoi studi, di mettere in evidenza le sue capacità per un futuro sbocco professionale. Le spiego che il clima sarà piacevole, scanzonato, che non si aspetti una cena ingessata solo perché Berlusconi è il capo del governo. Magari lui si alza e canta, ha il gusto dello showman, e se non l’hai mai visto in quelle circostanze ti può spiazzare. Le dico che non è detto che tutti gli invitati abbiano la sua stessa formazione culturale: nel mondo dello spettacolo a volte prevalgono i criteri estetici».
Scusi, ma lei nelle intercettazioni usa parole decisamente più forti per spiegare alla sua amica chi deve aspettarsi di incontrare: «C’è la zoccola, c’è la sudamericana che non parla italiano...».
«Le conversazioni telefoniche vanno interpretate. E comunque, come le ho già detto, al momento giusto fornirò le mie spiegazioni ai magistrati».
Alla fine della serata Berlusconi avrebbe regalato due cd di Apicella e una busta contenente duemila euro alla sua amica, che si sarebbe sentita in imbarazzo. Le risulta?
«Sì. Non mi sembra di essere stata presente alla consegna del regalo, ma una volta in auto lei me l’ha mostrato. E io le ho detto che doveva considerarlo un gesto di generosità da parte di un uomo che ha un’importante disponibilità economica, e che ama aiutare le persone. Come una piccola borsa di studio: non capisco che cosa ci sia di deplorevole».
Eppure la sua amica era imbarazzata. Non tanto per il regalo, ha spiegato ai magistrati, quanto per il timore che ci potesse essere un fraintendimento. Che quei soldi potessero avere un significato ambiguo. Ne parlò anche con lei?
«Sì, ma ciascuno è libero di dare l’interpretazione che crede ai gesti degli altri, e io non voglio giudicare la sua reazione. Di sicuro è stato frainteso l’intento del mio invito. Non avevo certo un tornaconto personale. Lei è una ragazza bella, brava, colta, che ha girato il mondo. Io credevo solo che le avrebbe fatto piacere conoscere un uomo come Berlusconi. E pensavo che anche lui avrebbe apprezzato una commensale intelligente. Comunque, siamo solo di visioni diverse. Non ci fu uno screzio tra me e lei, infatti ci siamo riviste più volte e i rapporti non sono mutati».
In quella o in altre serate, ha mai visto le ragazze fare avance sessuali a Berlusconi?
«No. E comunque questo è gossip. Ciascuno a casa propria deve poter fare ciò che crede. Nel rispetto della legalità, ma senza essere spiato dai suoi ospiti o da altri».
A proposito di legalità, l’ipotesi dei magistrati è che ci sia stata prostituzione. Lei sa se altre ragazze, comprese le sue amiche, hanno ricevuto denaro da Berlusconi?
«No. Io sono una persona discreta, non faccio certe domande».
Lei ha mai preso denaro da Berlusconi?
«No».
Ha vissuto in via Olgettina, nello stabile dove abitano alcune delle ragazze coinvolte nell’inchiesta?
«Sì. Studiavo poco lontano da lì, al San Raffaele, e ho preso una casa in affitto. L’ho trovata leggendo un cartello».
Ora chi vive nel suo ex appartamento? Sempre una delle ragazze?
«Sì. Ma non dico chi: questione di privacy».
Diceva prima che è ancora intestataria di tre contratti di affitto in quello stabile.
«Sì, perché alcune di queste ragazze, non avendo un contratto di lavoro, non riescono a fornire adeguate garanzie all’immobiliare proprietaria della casa. Credo che in tante si siano trovate agli inizi della carriera, e non solo nel mondo dello spettacolo, con problemi di questo tipo. Per me le garanzie le diede mio padre, ma non tutte hanno la stessa fortuna. Non esiste nessuna “compagnia” di via Olgettina. Mi accusano di avere un ruolo illecito, invece io ho solo cercato di aiutare ragazze meno fortunate di me, e in cambio non ho mai chiesto nulla, ma ho avuto tanta gratitudine: spero che dalle intercettazioni questo venga fuori. Se una mia amica è in difficoltà, io mi muovo. Se il suo problema lo posso risolvere dando il mio nome perché lei abbia una casa, io lo faccio, perché si tratta di una persona che conosco. Per tre appartamenti ho fornito io la garanzia. Ma non subaffitto: effettuo i pagamenti e poi ricevo il rimborso».
Chi la rimborsa? Le ragazze? Berlusconi?
«Preferisco non entrare in questi dettagli. Anche, ribadisco, per rispetto della privacy».
Si è parlato di documenti bancari trovati durante le perquisizioni negli appartamenti delle ragazze, e anche a casa sua. Non teme che venga fuori qualcosa di compromettente?
«No. Ma comunque non sta a me giudicare se c’è qualcosa di strano in quei documenti».
Stando alle intercettazioni, tra le ragazze ci sono gelosie, ripicche, litigi: per accaparrarsi le attenzioni di Berlusconi, o per avere una casa più grande. A volte è proprio lei a fare da paciera.
«Credo che la trascrizione delle telefonate enfatizzi un clima che non c’è. Ci possono essere piccoli bisticci, ma non mi sembra giusto che vengano usati per etichettare queste ragazze come poco di buono. Io ho un ruolo istituzionale, per me è diverso, ma a loro, la dignità, chi gliela restituirà alla fine dell’inchiesta?».
Lei stessa è indagata per reati gravi: induzione e sfruttamento della prostituzione. Come si sente?
«Male, perché la mia privacy è stata violata. Vorrei che la presunzione d’innocenza mi venisse garantita. Invece, con la grave violazione della pubblicazione delle intercettazioni, che sono finite integralmente in mano a giornalisti, difendere la propria dignità è difficile. Nelle 389 pagine degli atti dell’indagine ci sono i cellulari delle persone coinvolte, il loro domicilio, dati sensibili che andrebbero tutelati. Ho ricevuto minacce e telefonate infamanti».
Che cosa prova. Rabbia? Vergogna?
«Nessuna delle due. La rabbia è per chi non ragiona, a me piace usare la testa. E non è nella mia natura vergognarmi. Tutto quello che ho fatto, ho scelto di farlo».