Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 29 Sabato calendario

4 articoli - "AVVELENAVANO IL MARE CON I RIFIUTI" BUFERA SULLA TASK FORCE DELL´EMERGENZA - NAPOLI - Il mare di Napoli umiliato dalla crisi rifiuti

4 articoli - "AVVELENAVANO IL MARE CON I RIFIUTI" BUFERA SULLA TASK FORCE DELL´EMERGENZA - NAPOLI - Il mare di Napoli umiliato dalla crisi rifiuti. Non c´erano solo i sacchetti accumulati nelle strade, a ferire il territorio alle prese con un´emergenza infinita che proprio in queste ore si riaffaccia alle porte della città. Nelle acque del Tirreno i depuratori della regione hanno sversato, a partire dal 2006 e almeno fino al dicembre 2007, enormi quantità di percolato, il residuo liquido prodotto dalla spazzatura, a causa di quella che i magistrati definiscono come «una scelta obiettivamente scellerata», ritenuta in grado di determinare «un gravissimo e irreparabile disastro ambientale, incidente sugli equilibri biologici e marini e sulle stesse condizioni di vita umane e animali, con conseguente pericolo per la pubblica incolumità». Adesso la decisione di conferire il percolato negli impianti di depurazione della regione rappresenta il cuore dell´ultimo fronte giudiziario aperto dalla Procura di Napoli. Otto persone sono in carcere, fra questi il dirigente della Regione Generoso Schiavone, l´architetto Claudio De Biasio, il dirigente della società Hydrogest Gaetano De Bari. Sei hanno ottenuto gli arresti domiciliari e nell´elenco figurano il prefetto ed ex commissario straordinario per l´emergenza rifiuti Corrado Catenacci, che ieri si è dimesso dalla presidenza della nuova società provinciale di gestione dei rifiuti (Sapna), Marta Di Gennaro, vice commissario durante la prima gestione Bertolaso, il dirigente del ministero dell´Ambiente Gianfranco Mascazzini. Non è stato chiesto alcun provvedimento restrittivo, ma risultano indagati, l´ex governatore e commissario ai rifiuti e alle bonifiche Antonio Bassolino, al quale è stato notificato un avviso di garanzia, l´ex capo della sua segreteria Gianfranco Nappi, destinatario di una perquisizione, e l´ex assessore udeur all´Ambiente Luigi Nocera. Sono state disposte perquisizioni presso l´Hydrogest e la società Termomeccanica, documenti sono stati acquisiti in prefettura e presso Regione, Protezione civile, Ministero dell´Ambiente. L´inchiesta è coordinata dai pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo con il procuratore aggiunto Aldo De Chiara. Gli accertamenti sono stati eseguiti dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza e dai carabinieri del Noe, anche con l´ausilio della polizia provinciale. Secondo l´accusa il rifiuto liquido, per sua natura altamente inquinante, non poteva essere conferito nei depuratori ritenuti «già inadeguati ad assicurare la normale depurazione». Interrogato nel 2008, Catenacci aveva difeso questa soluzione affermando che una diversa forma di smaltimento avrebbe anche potuto aprire la porta ad affari illeciti. Ma si tratta di un´interpretazione categoricamente respinta dalla Procura e anche dai giudici, che però non ritengono sussistenti al momento gli indizi per l´ipotesi più grave di disastro ambientale. In una nota Bassolino ha espresso «fiducia verso la magistratura» e la certezza «che l´ulteriore sviluppo delle indagini dimostrerà la mia estraneità a ogni ipotesi di reato». Tutti gli indagati potranno replicare alle accuse nei successivi passaggi del procedimento. Gli interrogatori degli arrestati si svolgeranno davanti al gip in composizione collegiale (presidente Bruno D´Urso, a latere Francesco Chiaromonte e Luigi Giordano) che ha emesso l´ordinanza come previsto dalla normativa approvata per la fase di emergenza. Ma intanto Napoli è ancora impantanata nel Vietnam dei rifiuti: Accusa il procuratore Giandomenico Lepore: «È sempre emergenza da sedici anni perché manca la volontà delle forze politiche di risolvere il problema» (d. d. p.) , la Repubblica 29/1/2011; "SULLA SPIAGGIA C´ERANO I VERMI E CI DICEVANO CHE ERA UNA PSICOSI" - NAPOLI - Due anni fa lungo le coste del litorale domizio i bagnanti segnalarono la presenza di vermi sulla spiaggia: «Sulla pelle dei bambini comparivano macchie e irritazioni, gli occhi lacrimavano e le labbra si gonfiavano, ma le autorità competenti preferirono sedare gli animi. Ci dissero: è psicosi collettiva, nessun allarme», racconta Angelo Esposito, geometra, due figli. Oggi si scopre che erano solo alcuni degli effetti della bomba ecologica costruita attorno all´attività dei depuratori. Gli impianti finiti nell´inchiesta della Procura di Napoli sono sette: i depuratori di Cuma, di Acerra, della Foce del Sarno, di Napoli Nord (Orta di Atella), dell´area Nolana, di Marcianise, dei Regi Lagni. Smaltivano percolato in quantità tali da far parlare gli inquirenti di «colossale opera di inquinamento». Il percolato non sarebbe mai dovuto arrivare nei depuratori. Solo in qualche caso la legge consente che se ne sversino 70 metri cubi al giorno. Ma negli impianti in questione ne arrivavano più del doppio. Un percolato altamente inquinante, "arricchito", tra l´altro, da metalli pesanti, ad esempio lo zinco, in quantità superiori ai limiti di legge. Il percolato arrivava direttamente dai sette impianti di cdr della Campania (impianti per il combustibile da rifiuti, oggi diventati impianti di tritovagliatura) e dalle discariche di Parapoti, Giugliano-Settecainati, Villaricca, Basso dell´Olmo, Macchia Soprana e Ferrandelle. Così i veleni finivano a mare. Un disastro ambientale che interessa le acque e il territorio che vi si affaccia. Cinquecento chilometri di costa che diventano, di anno in anno, meno balneabili: l´estate scorsa la Campania era la regione italiana con la percentuale maggiore di mare vietato, circa il 20 per cento. E dal 2001 a oggi i tratti di costa pulita sono andati assottigliandosi: se ne sono persi 8 chilometri, secondo uno studio di Legambiente. Solo a Napoli e provincia in 9 anni più di 3 chilometri di costa hanno lasciato il passo all´inquinamento. «Il percolato sversato in mare rappresenta un danno enorme per l´ambiente e per la salute dei cittadini» spiega Pietro Carideo, anestesista dell´ospedale di Caserta, specialista in Farmacologia e componente dell´Associazione Isde medici per l´ambiente. «Il mare ha una grande capacità di "assorbire" l´urto, ma bisognerebbe fare dei test sul pescato per rilevare, in particolare, la presenza di metalli pesanti nei prodotti ittici». BIANCA DE FAZIO , la Repubblica 29/1/2011; "SCARICHIAMO TUTTO NEL TIRRENO MA QUALCUNO ALLA FINE SALTERÀ IN ARIA" - La conversazione ricorre più volte nelle pagine dell´inchiesta della Procura di Napoli che mette sotto accusa la scelta di conferire, almeno fino al dicembre 2007, il percolato proveniente dai rifiuti della Campania nei depuratori della regione. «La merda nel Tirreno» Con l´affidamento agli impianti di depurazione dello smaltimento del percolato, «da una parte si è consentito a società private di incrementare i propri profitti. Da un´altra è realizzato sperpero di denaro pubblico. Il tutto, "semplicemente", per scaricare nel Tirreno la "merda"», scrivono i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, riferendosi alla telefonata del 21 dicembre 2007 e ad altre conversazioni allegate agli atti dell´inchiesta condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Finanza e dai carabinieri del Noe. Schiavone aveva già rimarcato il concetto. Ad esempio il 13 dicembre 2007, quando conversando con un altro indagato, il funzionario del commissariato bonifiche Antonio Recano, dice: «La merda di Acerra va nei Regi Lagni». Oppure il 19 dicembre, quando con un altro interlocutore Schiavone fa anche riferimento alla stagione turistica: «Quest´anno non ci sono state lamentele degli stabilimenti balneari perché gli impianti hanno lavorato bene», commenta. Poi però, alzando la voce, aggiunge: «Fino a luglio Foce Regi Lagni ha buttato a mare tonnellate di merda al giorno», dice riferendosi all´impianto di depurazione della zona del Casertano. «Eppure, pur essendone al corrente, non ha mai posto in essere corrispondenti e doverosi interventi», chiosa la Procura. "Disprezzo per l´ambiente" Nella interpretazione dei pm del pool coordinato dal procuratore aggiunto Aldo De Chiara, la scelta di smaltire il percolato negli impianti di depurazione avrebbe rappresentato «una fase a dir poco strategica» nell´ambito di un´operazione più complessa: «La apparente risoluzione dell´emergenza rifiuti» concretizzata «mediante quella che, invece, era una colossale operazione di semplice, gravissima, pericolosissima, mera "rimozione" dei rifiuti dalle strade per riporli in altri luoghi, nel totale disprezzo e pregiudizio dell´ambiente, della salute, della legge». "Qualche settimana a Poggioreale" Nella conversazione del 19 dicembre 2007 invece Schiavone mostra di aver compreso i rischi giudiziari legati alla situazione in atto perché, si legge nel resoconto della conversazione, «afferma che il pm che la prenderà in mano farà del male a tutti». Quindi Schiavone preconizza: «Al massimo mi farò qualche settimana a Poggioreale, ma penso che qualcuno salta addirittura in aria». Nello stesso colloquio, Schiavone lamenta di aver «detto quello che doveva fare» al manager Hydrogest Gaetano De Bari (un altro degli indagati ora in carcere) «ma quello ha fatto esattamente tutto il contrario. Oggi mandava quella letterina, si organizzavano subito qualche sopralluogo, qualche intervento... invece si trovano "ca capa nella cascetta"», espressione dialettale per intendere di trovarsi «in difficoltà». "Fumo sul percolato" I magistrati sono dunque convinti che gli indagati fossero pienamente consapevoli della gravità della situazione e che proprio per questo avessero tentato di «nasconderla fin quando possibile». A questo proposito gli inquirenti citano una intercettazione dell´agosto 2007 nella quale Schiavone parla di «una relazione al prefetto per gettare fumo sul percolato». "È un poco di munnezza..." In una telefonata del 3 dicembre 2007, Schiavone telefona a Leonello Serva, un altro indagato ora in carcere, e gli propone un «baratto»: lo svuotamento della vasca dell´impianto di depurazione Napoli Est in cambio del semaforo verde al trattamento del percolato. Schiavone: «Senti, tu conosci l´economia... diciamo così... pre-medievale? Si basava sul baratto». Serva: «Sì». Schiavone: «Immaginiamo che noi adesso siamo in grado di barattare lo svuotamento della vasca di Napoli Est di mondezza, con un via libera per il trattamento percolato a Napoli Est. Che dici, la cosa ti alletta?». L´interlocutore però si mostra perplesso e obietta: Serva: «Senti, ma questi che vogliono? Mi ripeti la prima parte?» Schiavone: «La vasca dell´impianto di depurazione di Napoli Est è piena di munnezza e il commissariato si è impegnato da parecchio tempo a svuotarlo». Serva: «E dove c... la mettiamo». Schiavone: «È un poco di munnezza... saranno cinque o seimila metri cubi. Ti faccio vedere le fotografie». Serva: «Non c´ho posto per metterla». Schiavone: «Leoné, Leoné! Questa è una grande occasione... recuperiamo». DARIO DEL PORTO, la Repubblica 29/1/2011; DAI TRIONFI AI GUAI GIUDIZIARI LA PARABOLA DEI DUE SUPERFUNZIONARI NAPOLI - Maledetti rifiuti. Corrado Catenacci era un prefetto di ferro, figlio di un funzionario di Polizia. Dalla Prefetture di Caserta e Salerno, e poi da quella di Catanzaro, aveva sciolto numerosi Comuni per infiltrazioni malavitose. Carattere arcigno, poche parole, un sogno: fare il prefetto anche nella sua Napoli. Progetto forse schiantato nel ‘95, quando gli piovve addosso un avviso di garanzia per associazione mafiosa. Una accusa che gli arrivava da Catanzaro e che lì si spense su un binario morto. Dieci anni dopo va in pensione, e incontra i rifiuti. È il 2004, Bassolino si dimette da commissario straordinario e Berlusconi chiama Catenacci al suo posto. Nell´autunno 2006 Catenacci sbatte la porta: gli è appena arrivato un avviso di garanzia per la gestione in una discarica del beneventano. Si eviterà le crisi più violente. Ma un anno fa Bertolaso lascia e la Provincia di Napoli deve allestire una sua società per i rifiuti: la chiama Sapna e la affida all´arcigno Catenacci, uno che ormai di raccolta, smaltimento e consorzi ne sa un bel po´. Anche Marta Di Gennaro è un pregiato servitore dello Stato. Laureata in Medicina alla cattolica, figlia di un magistrato, si occupa di cooperazione sanitaria con i paesi in via di sviluppo, diventa direttore generale al Ministero della Salute, rappresenta l´Italia nell´Oms. Nel 2003 l´emergenza Sars la dirotta alla Pretezione civile. Si occuperà del terremoto in Iran, dello tsunami nel sud-est asiatico, dell´attentato alla scuola di Beslan. Ma anche dei rifiuti campani. Arriva a Napoli con Bertolaso nel 2006: neanche un anno di lavoro e viene arrestata, per un procedimento tuttora in corso. Riconquistata la libertà, è di nuovo al fianco di Bertolaso quando Berlusconi riconsegna i rifiuti alla protezione civile nel 2008. (roberto fuccillo), la Repubblica 29/1/2011;