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 2011  gennaio 29 Sabato calendario

La Spagna va in pensione a 67 anni - Ieri in Spagna non si parlava che del 20%. Una percentuale che si riferisce al tasso di disoccupazione raggiunto nel 2010 (esattamente il 20,33%, la bellezza di 4

La Spagna va in pensione a 67 anni - Ieri in Spagna non si parlava che del 20%. Una percentuale che si riferisce al tasso di disoccupazione raggiunto nel 2010 (esattamente il 20,33%, la bellezza di 4.690.600 persone senza lavoro) e al costo medio della riforma delle pensioni, frutto di un accordo tra il premier socialista Zapatero e le maggiori centrali sindacali, il filo-socialista Ugt ed il filocomunista Comisiones Obreras, che si abbatte sul futuro dei lavoratori attivi, 17,4 milioni. Che vedono innalzare l’età pensionabile dai 65 anni attuali ai 67 a partire dal 2013. Il dato dei parados , dei disoccupati, ha rovinato la festa a Zapatero, che grazie la suo intervento personale in una cena con i leader sindacali è riuscito a spuntare un accordo che perseguiva inutilmente da 3 mesi. Un risultato solo d’immagine, però, poiché il premier aveva già deciso di aumentare di 2 anni l’età pensionabile con un decreto-legge il cui dead-line era proprio ieri. La riforma è stata valutata positivamente dalla Ceoe, la Confindustria spagnola, e da tutti i partiti meno quelli a sinistra dei socialisti (comunisti di Iu, catalani di Sinistra Repúblicana, Bloco Nacionalista Galiziano) ed il centro-destra popolare di Rajoy, la principale forza d’opposizione, che la vuol discutere alle Cortes. La riforma delle pensioni, che segue il congelamento delle stesse decise dall’Esecutivo l’anno scorso per calmare i mercati allarmati dal deficit pubblico, si impernia su 3 punti principali. Per incassare la pensione completa, ogni lavoratore dovrà versare i contributi come minimo 37 anni per ritirarsi a 67 anni (o 38,5 anni per andarsene a 65). La riforma diventa operativa nel 2013 e finisce nel 2027, periodo nel quale la vita lavorativa aumenta 45 giorni ogni anno. Per calcolare la pensión , oggi goduta da 5,1 milioni di persone, si conteggeranno gli ultimi 25 anni e non gli ultimi 15 come finora (misura effettiva dal 2022). «La riforma non ha come obbiettivo ridurre le pensioni future, bensì che le persone lavorino di più e versino più contributi», ha detto fuori dai denti il ministro del Lavoro, Gómez. Il giornale economico Expansión ha fatto i conti calcolando che il governo risparmierà 40 miliardi di euro, 4 punti del Pil. «Una pensione media di 887 euro perderà 94,9 euro mensili, sui 1.100 euro annuali. E portare la pensione a 67 anni comporterà per lo Stato un risparmio di 2 punti del Pil, ma al lavoratore un salasso tra il 12 ed il 15%», sentenzia certosino il giornale. Le pensioni attuali comportano una spesa del 9% del Pil. Con la riforma, nel 2030 e anche conteggiando l’invecchiamento delle popolazione, le pensioni si stabilizzeranno sul 13% del Pil. Resta però un fatto curioso: la Previdenza Sociale spagnola è in attivo di 62,6 miliardi, il cui 88%, segnala Abc, è investito in bond sovrani. Un salvadanaio che, grazie alla speculazione contro il debito spagnolo, fa lievitare i suoi rendimenti (2,6 miliardi di euro nel 2010). Tutto quadra solo se, come sostiene Rajoy, «si crea occupazione, perché sono i lavoratori che pagano i contributi». E per sfornare nuovo lavoro, il Pil deve crescere almeno del 2%. Ma le previsioni Fmi indicano invece che la Spagna crescerà dello 0,6% nel 2011 e del 1,5% nel 2012. Il record del tasso di disoccupazione del 20,3% di ieri ratifica il trend negativo. Non solo: i senza lavoro da più di un anno sono 2,15 milioni, la disoccupazione giovanile under 25 è del 42%, mentre 1,3 milioni di famiglie non trovano lavoro. Nessuno lo dice, ma la riforma serve perché nel futuro aumenteranno sempre più i parados .