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 2011  gennaio 29 Sabato calendario

“Io, dai potenti a Sabrina: ecco perché la difendo” - Di lui si sa pochissimo, e anche Internet non aiuta, nonostante sia probabilmente il più importante avvocato penalista italiano

“Io, dai potenti a Sabrina: ecco perché la difendo” - Di lui si sa pochissimo, e anche Internet non aiuta, nonostante sia probabilmente il più importante avvocato penalista italiano. Franco Coppi, classe 1938, professore di diritto penale alla «Sapienza» di Roma, da cinquant’anni frequenta le aule di giustizia senza concessioni a mondanità e presenzialismo. Nato a Tripoli, dove il padre, dirigente Fiat, era stato destinato, arriva a Roma a quattro anni e oggi si definisce «più romanista che romano». Pochissime le sue apparizioni nei salotti buoni della tv, l’ultima a Matrix per spiegare le ragioni di Sabrina Misseri. Prima si era concesso, qualche anno fa, alle poltroncine di Bruno Vespa dopo la fine del processo Andreotti. Due mondi opposti, la ragazza di Avetrana, e il potere, difesi da Coppi con la stessa passione. E dire che non è stata certo il sacro fuoco a spingerlo a laurearsi in legge. «Volevo fare il pittore, ma il giorno della laurea mi sono fatto un esame di coscienza e ho pensato che l’arte era una cosa troppo seria per poterla tradire». Nello suo studio ai Parioli, circondato da boiserie e libri di diritto, Coppi, passa più tempo che a casa. «Sono stato fortunato nel matrimonio, con mia moglie Annamaria, perché non so se un’altra donna avrebbe accettato di starmi accanto. Perché professore ha accettato la difesa di Sabrina Misseri? «Ho obbedito ad un istinto. Quello di mettermi accanto a una persona che viene indicata come un mostro. Quando vedo una tale situazione allora mi dico “verifichiamo che sia così”. E poi dopo tanti casi di corruzione avevo bisogno di un caso che approfondisse il lato umano. Le cause di omicidio tirano fuori l’uomo con tutte le sue pulsioni, le sue contraddizioni, in gioco c’è la vita stessa, spesso l’ergastolo». Fa mai a se stesso, e la fa mai al suo cliente, la domanda “Innocente o colpevole?”? «No, né a lui, né a me. Certo leggendo gli atti del processo ci si può accorgere se la situazione è più o meno chiara, ma il compito di un difensore è la valorizzazione di tutti gli elementi a favore dell’imputato». Qual è la qualità che deve avere un grande avvocato? «La diligenza. E poi un venti per cento di cultura e un cinque per cento di genio. Ma se non conosci gli atti del processo dal primo all’ultimo il genio non serve a niente». Il processo Andreotti è stato “il processo” della sua carriera? «E’stato un processo impegnativo, molto coinvolgente anche sul piano umano, ma non certo il solo così complicato». E il suo rapporto con Andreotti? «Grande stima reciproca, un rapporto basato sulla lealtà». Ormai i grandi processi si celebrano prima in tv. Cosa ne pensa di questa folla di opinionisti? «L’informazione è assolutamente legittima, altra cosa è parlare continuamente di un caso con la partecipazione al dibattito di persone che conoscono poco e niente gli atti e sparano giudizi di colpevolezza quando le indagini sono ancora in corso e il quadro probatorio può cambiare. E’ questo a creare il mostro nell’opinione pubblica. Non mi sembra un grande esercizio di civiltà». Con Sabrina Misseri è successo questo? «Certamente sì». Che impressione le ha fatto? «Mi sembra ben lontana dalla persona che i giornali hanno tratteggiato. E’ smarrita, distrutta dal dolore, atterrita per quello che ha davanti». In molti si chiedono come può una ragazza di Avetrana, figlia di contadini, permettersi di essere difesa da lei. «Ho preso questo caso per le ragioni che le ho detto senza pormi il problema della parcella. Né tantomeno quello della pubblicità». Cosa ne pensa della sentenza Busco, condannato per il delitto di via Poma vent’anni dopo? «Dopo un certo numero di anni una sentenza non è più accettata dalla collettività perché diventa un meccanismo burocratico, non assolve più a nessuna funzione se non a quella della vendetta».